Anna Silvia Angelini: La violenza declinata
Angelini è presidente di “Uscita di sicurezza”
“La violenza declinata” di Anna Silvia Angelini, presentato giovedì 13 al Teatro Caesar di San Vito Romano, è un libro che più che parlarci della violenza contro le donne, è una specie di manuale di prevenzione prima e di aiuto poi per tutte quelle donne che della violenza maschile sono vittime. Non potrebbe essere diversamente in quanto Angelini è presidente del Centro di ascolto antiviolenza “Uscita di sicurezza”.
Tra poche settimane, come ogni anno, l’8 marzo vedremo paginate e paginate di articoli sulle donne, le violenze che subiscono e, insieme alle parole, tante manifestazioni che finiscono per assumere un che di rituale, quando non sono pura manifestazione consumistica. Già il fatto di chiamarla “festa della donna” assume un che di macabro viste le tante violenze, quando non vere e proprie mattanze, di cui sono vittime le donne “a cui si fa la festa”.
Quest’anno poi l’8 marzo è stato preceduto da quello che definirei “una mattanza” delle donne, che al momento in cui scrivo queste note, risultano 12 cadaveri, di cui solo sei in una stessa settimana.
Alle donne uccise poi vanno aggiunte le violenze denunciate e non, che i dati Istat ci dicono in aumento.
Molto è stato fatto da quei lontani anni settanta quando sulla spinta dei movimenti delle donne, e l’emergere di una soggettività femminile, videro la luce importanti leggi (aborto, divorzio, nuovo diritto di famiglia), seguito poi nel 1981 dall’abolizione dal codice penale del “delitto d’onore”, per arrivare al 1996 quando fu stabilito il principio che la violenza sessuale era contro la persona e non contro la morale, per arrivare a questo secolo quando nel 2009 vengono introdotte norma antistalking, e nel 2013 il decreto sul femminicidio, la ratifica della Convenzione di Istanbul e la legge sugli orfani di femminicidio.
Ma nonostante questo corpo di leggi i femminicidi si sono mantenuti costanti, mentre si è avuto un calo degli omicidi.
Possiamo quindi dire che non è stato fatto abbastanza o che il sistema funziona male. Ed è su questo “malfunzionamento” del sistema che si accentra l’analisi del libro di Anna Silvia Angelini, sottolineando il grande divario tra le affermazioni, e l’8 marzo ne sentiremo tante, sulla lotta alla violenza alle donne, e quello che invece ci restituisce una drammatica realtà. E’ di questi giorni il caso della Casa delle donne di Roma sotto sfratto o alla carenza sul territorio dei centri antiviolenza unico presidio a cui le donne possono rivolgersi.
Il libro vuole essere una profonda riflessione sulle strategie e sulle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza maschile proprio partendo dal ruolo fondamentale che i centri antiviolenza svolgono sul territorio. Gli slogan restano tali se non si agisce in maniera incisiva e coordinata fra tutti gli attori che hanno titolo per intervenire: Regione, Comune, Asl, forze dell’ordine, tribunali, consultori, centri antiviolenza, ecc..
Quello che emerge dal libro di Angelini e che dalle parole (tante) occorre passare all’azione, come la stessa autrice fa come responsabile del Centro di Ascolto antiviolenza “Uscita di Sicurezza” di cui si occupa insieme ad un consolidato staff di professionisti, operante sul territorio di Anzio e Nettuno.
Perché il titolo “violenza declinata”? Perché la violenza può avere varie facce: il fine comune di tutte le violenze è che il più forte esercita un sopruso sul più debole, ma soprattutto che non c’è una sola violenza, quella fisica, ma può essere anche psicologica e verbale. Qualunque tipo di violenza sulle donne poi è una violenza strutturale perché basata sul genere. Ecco perché all’omicidio di donne è stato attribuito il nome di femminicidio, proprio per sottolineare che è il genere alla base della violenza. Anche qui come per i migranti si evidenzia una sostanziale differenza fra il percepito e la realtà. Infatti mentre il numero delle donne uccise si mantiene stabile, intorno alle 130 per anno, la percezione comune è che questi reati siano aumentati. Al contrario gli omicidi di uomini compiuti soprattutto dalla criminalità organizzata sono notevolmente diminuiti. Quello sul quale non si riflette abbastanza è l’uso del corpo femminile, ovvero la donna resa oggetto, merce, un corpo che viene usato nelle immagini (pensiamo a quelle della pubblicità) ma anche un corpo che viene sessualizzato nello stesso linguaggio che usiamo quotidianamente.
E allora che fare? Angelini vede nell’educazione, a partire fin da piccoli, l’unico argine ad una violenza che abita nel fondo di ciascuno di noi. Occorre che fin da piccoli ci si abitui ad accettare un no, un rifiuto, in sostanza “un limite” che poi crescendo assume l’atteggiamento del rispetto. Un limite che deve trovare spazio anche nelle relazioni d’amore: non dobbiamo ciò crescere con l’idea della dipendenza da un solo amore, fosse anche il più grande. Quante volte sentiamo frasi “per sempre”, “tu sei tutta la mia vita”e poi quando quell’amore “totalizzante” viene meno, soprattutto l’uomo crolla come un castello di carte e il mostro che è in lui prende il sopravvento: ed è violenza.
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