La vita vera al Teatro de’ Servi
È in scena, al Teatro de’ Servi di Roma, dal 24 settembre all’11 ottobre, lo spettacolo Cose popolari. Dal titolo parlante, l’opera mette in scena situazioni popolari, appunto. Laddove, se le cose sono popolari – parrebbero suggerire gli autori – sono storie di tutti i giorni, di persone “normali” che affrontano i problemi della quotidianità. Sono storie vere.
Nicola Pistoia, Ariele Vincenti e Francesco Stella sono gli autori nonché gli attori dello spettacolo, affiancati da Giordana Morandini.
Fabio, all’insaputa della compagna Patrizia, trascina lei e suo cognato Stefano nell’avventura tragicomica, ma mai troppo inverosimile, di occupare abusivamente una casa a Roma. Tutto così diventa relativo: il sogno (popolare? Ma chi è quello sciocco che ha detto che i sogni popolari sono meno degni?) di Fabio è starsene tranquillo in una casa occupata. In tale modo, questa semplice storia diventa un vetrino istologico: con la lente del microscopio forse si può intravvedere il tessuto sociale.
La popolarità della situazione è accentuata dalla nota linguistica: un romanesco comprensibile anche dai non romani, ma che ha una forte impronta capitolina. Una menzione di merito va certamente a tutti gli attori per avere reso il dato semi-dialettale con una naturalezza per nulla retorica.
A questi tre personaggi (i due compagni che occupano la casa e il fratello/cognato,), se ne aggiunge un altro: un bizzarro vicino di casa. Bizzarro? È un eufemismo: si tratta di un uomo vecchio che è stato in manicomio, è strano, si scoprirà un segreto che porta dentro, parla continuamente, ha una passione per Mina, non possiede un telefono cellulare. E allora? Qual è il suo ruolo? Si potrebbe rispondere che, esteticamente, è una sorta di deus ex machina: la trama non funzionerebbe senza di lui, senza i dialoghi con lui si incepperebbe la finzione drammaturgica. Ma c’è di più: il personaggio, interpretato da Nicola Pistoia, è un personaggio popolare, e non per questo meno degno. Quanti ce ne sono a Roma, in Italia, nel mondo?
La scenografia è povera, coerentemente con l’idea dell’opera, e non cambia mai.
Le scelte puramente estetiche dello spettacolo (quelle di un realismo estremo condito dal grottesco del personaggio fuori dalle righe di Nicola Pistoia) possono indubbiamente non essere gradite a tutti i palati. Eppure, non si può negare a Cose popolari una coerenza rappresentativa e linguistica e una trasposizione attoriale coraggiosamente popolare, appunto.
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