Pietro Dattola racconta Inventaria
Inventaria la festa del teatro off, torna protagonista a Roma
Inventaria è il festival organizzato dalla compagnia DoveComeQuando, con la direzione artistica di Pietro Dattola e, per le Demo, Flavia Germana de Lispis. Il festival è iniziato il 10 maggio e proseguirà fino al 13 giugno, copre quattro quartieri di Roma in altrettanti teatri off della capitale: Carrozzerie n.o.t., Teatro Trastevere, Teatrosophia, Teatro Basilica, ed offre un ventaglio di forme e linguaggi diversi, proposti agli spettatori che parteciperanno alle serate. Pietro Dattola ci racconta di Inventaria e degli anni che lo hanno visto crescere e diventare via via sempre più grande.
Torna quest’anno Inventaria, una rassegna del Teatro Off. Da direttore artistico, come si sente?
C’è senza dubbio la soddisfazione – che a tratti tende alla felicità – di riproporre ogni anno questa creatura viva, in qualche modo sempre cangiante ma comunque presente senza pause sin dal suo concepimento. Poi, potrà forse sembrare strano o esagerato, c’è anche un senso di responsabilità con cui mi trovo a fare i conti, sia nei confronti del pubblico (quanto assecondarlo? quanto offrirgli, forse, qualcosa di nuovo?), sia nei confronti delle compagnie che hanno inviato una proposta.
14 anni di Inventaria, un numero considerevole di edizioni. Cosa ci dobbiamo aspettare quest’anno?
Quest’anno offriamo una poderosa selezione di spettacoli (il doppio rispetto agli anni scorsi), frutto della sensazione, avuta nelle precedenti edizioni, di aver dovuto sacrificare diversi progetti più che interessanti. Potendolo fare, abbiamo perciò deciso di ampliare il ventaglio delle proposte, nel rispetto del nostro principio cardine: la varietà di linguaggi, temi, generi, atmosfere.
Quali sono stati i passaggi più duri in questi anni?
Personalmente, ricordo la scelta di rimandare (con tutte le incertezze del caso) l’edizione 2021 all’autunno non tanto perché a maggio non ci fossero le condizioni di andare in scena (nessun lockdown), quanto perché una parte del pubblico sarebbe rimasta estromessa.
E quelli che le hanno regalato più soddisfazioni?
Lo stesso di cui sopra, vuoi perché fu mantenuto saldo un principio, vuoi perché alla fine la scommessa pagò: a settembre ogni limitazione all’ingresso era stata rimossa.
Quest’anno ci saranno ben 13 serate, divise in quattro quartieri romani: Carrozzerie n.o.t (Ostiense), Teatro Trastevere (Trastevere), Teatrosophia (Piazza Navona) e Teatro Basilica (San Giovanni). Cosa accomuna questi teatri e cosa li rende unici?
I quattro teatri di quest’anno, come anche tutti gli altri che abbiamo frequentato negli anni passati, sono accomunati dalla loro natura di teatro off: dagli spazi e dalle platee ridotte, dalla vicinanza fisica, che poi si fa emotiva, tra attori e pubblico. Per il resto, non potrebbero essere più diversi, dall’aspetto dei luoghi alle rispettive direzioni artistiche. Questo per me è un plus: come per la selezione degli spettacoli, anche in quella degli spazi desideriamo offrire un’esperienza più variegata possibile. L’apertura al diverso arricchisce sempre.
Tanti spettacoli, tanti temi diversi e differenti modi di portare il teatro in scena. Che cosa ha prediletto per questa edizione? Cosa ha scelto per il pubblico che vi segue costantemente?
Il nostro faro è la pluralità dell’offerta e in tal senso “predilezione” è un concetto che trova poco spazio in Inventaria. Però è capitato, senza volerlo, che diversi testi finalisti o vincitori dell’innovativo premio di drammaturgia che organizziamo, Drammi di Forza Maggiore, siano presenti come spettacoli in concorso questa edizione. Anche loro, ovviamente, offrono delle esperienze molto diverse allo spettatore.
In scena anche 14 prime nazionali e romane. Che cosa comporta inserire nel cartellone della manifestazione spettacoli che non sono ancora stati testati con il pubblico?
Uno dei compiti di un festival come il nostro, nel contesto specifico del teatro off, cioè del teatro indipendente, dalle economie notoriamente ridotte, è – qualora s’intraveda la possibilità di onorare la responsabilità che si ha anche nei confronti del pubblico – dare modo a un progetto meritevole di debuttare all’interno di una vetrina più grande dell’evento singolo. Il Festival offre poi a molte compagnie lo stimolo per lasciare il proprio territorio di riferimento e confrontarsi, nel bene e nel male, con la piazza di Roma, che non è semplice, magari per la prima volta.
Com’è il pubblico romano? Cosa predilige e cosa proprio non gli va giù?
Da una parte la platea di riferimento è certamente più vasta rispetto a città più piccole; dall’altra l’offerta teatrale romana è strabordante. Raggiungere efficacemente tutti i potenziali interessati è complesso. Esistono sicuramente più sottogruppi di spettatori. Il nostro tentativo è quello di intercettarne diversi, eccezion fatta per chi nel teatro ricerca il puro intrattenimento. Se potessi scegliere un’emozione da offrire ogni sera sarebbe, piuttosto, la meraviglia per qualcosa di nuovo o inaspettato.
Credo che uno dei risultati maggiori sia la collaborazione con 40 partner in 15 regioni. Manca poco a coprirle tutte. Com’è sentirsi parte dell’Italia intera?
È molto stimolante vedere quanta voglia ci sia di far parte di una piccola comunità. Percepisco una grande voglia nell’entrare in contatto con realtà simili, vuoi gli altri partner, vuoi le compagnie, anche solo per non sentirsi soli in quella che, a volte, appare come un’impresa tutta in salita (e non solo per le realtà indipendenti).
Qual è la forza di Inventaria? Cosa è migliorato nel tempo?
Ritengo l’agilità. Siamo pochi, abbiamo obiettivi comuni, siamo rodati. Ogni anno cerchiamo di implementare qualcosina di nuovo a livello organizzativo. Questo nel tempo si è riflesso nella qualità dell’offerta al pubblico, ai partner e alle compagnie e, quindi, del festival. Un’altra sua grande forza è il non dipendere da fondi pubblici: siamo padroni del nostro destino.
E invece la sfida più grande legata ad essa?
Esattamente i suoi punti di forza: l’essere in pochi e il dover contare solo sulle nostre forze. La soddisfazione c’è, ma in mezzo ci sono anche stress, apprensione e molte ore di sonno in meno.
C’è qualcosa che ama in particolare di Inventaria e perché?
L’idea che possa emergere come uno dei punti d’aggregazione e valorizzazione della comunità teatrale indipendente. A questo è finalizzata, a livello ideale, la rete di partner, e in tal senso saranno rivolti i nostri sforzi in futuro.
Grazie e in bocca al lupo!
Grazie, crepi!
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