Intervista a Mario Petillo autore di “James Hook Il Pirata che navigò in cielo”
James è uno di noi. James siamo noi.
“James Hook Il Pirata che navigò in cielo” è il romanzo d’esordio del giornalista Mario Petillo pubblicato dalla casa editrice Scatole Parlanti. Un libro che parla del personaggio antagonista della nota storia di Peter Pan, ma da una prospettiva diversa e ampliando la visione del capitano della Jolly Roger. Il romanzo unisce elementi storici a quelli fantastici, ma per saperne di più, abbiamo rivolto alcune domande al’autore del libro, Mario Petillo.
Quando ha sentito la voglia di dedicare un libro al “feroce pirata” che temeva il coccodrillo?
Mi trovavo a Tokyo e in un fine settimana di libertà avevo deciso di recarmi a Disneyland: mi si parò innanzi Capitan Uncino, una di quelle maschere perennemente sorridenti e costrette a vivere facendo foto con i visitatori. Nel farci una foto insieme, nel suo sfoggiare l’uncino quasi con soddisfazione, mi venne spontaneo chiedergli cosa avesse da sorridere e come fosse possibile che un uomo di età sicuramente avanzata si fosse trovato, tra l’altro con una ciurma di pirati, in un’isola in cielo. Un’isola alla quale si può arrivare solo volando. Sono sempre stato attirato dalla figura dell’antagonista, sia a livello culturale ma ancor di più verso quelli di matrice Disney, che è una materia che fa parte del mio percorso di studi e di grande interesse culturale: Uncino non era tra i miei preferiti, avendo sempre avuto una predilezione per Jafar e Claude Frollo, ma il suo non avere una storia pregressa, il suo essere un “buco narrativo” nella storia di Peter Pan mi ha fatto un obbligo morale di intervenire. Non è stato facile superare lo scoglio di come James potesse arrivare a Neverland, ma una volta avuta l’intuizione ho potuto costruire tutto il resto, con tanta documentazione storica e con tanti intrecci che l’opera originale di James Barrie ha ritenuto necessari.
Ma chi è l’uomo che sta dietro al pirata?
James è uno di noi. James siamo noi. Nel romanzo, in un breve passaggio, mi sono concesso di rivolgermi direttamente al lettore, come se fossimo a teatro: in queste poche righe ho voluto costruire un appello per meglio immedesimarsi in James, pensare a quando nella nostra gioventù ci è stato strappato qualcosa di importante che ci ha costretto a cambiare drasticamente vita. Il romanzo racconta proprio questo: mi piace pensare che sia un romanzo storico naturalista, sulla scia dei miei romanzieri preferiti – Gustave Flaubert ed Emile Zola – ma che sia anche fortemente simbolista. Pensiamo al “Verso Damasco” di August Strindberg: un percorso verso una realizzazione morale con protagonista “Lo Sconosciuto”, perché chiunque potesse identificarsi in lui. James è così: è un personaggio nel quale tutti possiamo ritrovarci. Io ho solo dato degli elementi storici sui quali basarsi, mi sono preso la briga di andare a Crowthorne, la città nella quale ho deciso di far nascere James, e misurare i passi, a replicarne la quotidianità, a capirne la storia, quello che era il Settecento nel Berkshire, tutto ciò che serviva per rendere quanto più vera questa vicenda. La storia di James è raccontata senza lasciare nulla all’immaginazione: dalla nascita fino a come lo conosciamo noi, l’evoluzione del personaggio è tutta in quelle 200 pagine, dal ragazzino al mostro che diventò.
Il personaggio di Capitano Uncino ha un lato anche comico e fa tanta tenerezza….
È inevitabile che faccia tenerezza, ma quella un po’ più triste, malinconica. È un uomo che è stato costretto a inseguire per il resto della sua vita un folletto che non poteva essere oggettivamente sconfitto. C’è una vena di tristezza che accompagna tutta la vicenda di James nel romanzo, acuita soprattutto da quando, all’ennesima domanda su “chi o cosa fosse Peter Pan”, riceve la risposta proprio dal folletto. Sul comico in realtà smentisco, almeno per quanto riguarda il mio James Hook: nell’immaginario Disney chiaramente doveva esserci una linea buffa, che si appoggia molto sul personaggio di Spugna, per edulcorare la figura dell’antagonista. Nel mio romanzo Spugna ha un valore quasi diametralmente opposto a quello che ci ha trasmesso la tradizione animata. La linea comica, se vogliamo necessariamente ritrovarla, è affidata ai bambini sperduti, ma solo perché sono dei personaggi naif, genuini, buffi e drammaticamente sciocchi.
Dopo questo libro, ha in mente di svelarci la “vita segreta” di altri personaggi della nostra fantasia?
È una domanda che mi è stata già posta anche da alcuni lettori, con più di una persona che ha chiesto un “prologo” su Jafar: è un terreno impervio, però, perché Jaʿfar ibn Yaḥya al-Barmaki è realmente esistito e la sua storia non sarebbe facile da ricollegare a quella che conosciamo già, di Aladdin. Far intrecciare le vicende sarebbe improponibile, anche se l’idea di gettarmi a capofitto nella storia e nella cultura persiana, tra califfati e sultanati, mi stuzzica molto. Però non vorrei che la mia eventuale successiva produzione si limitasse a una banale rievocazione della storia di personaggi che appartengono all’invenzione di qualcun altro. Ma in ogni caso sono solo parole al vento: direi che prima bisogna convincere la critica e il pubblico con James Hook, raggiungere un buon risultato con le recensioni e con le vendite. Poi si vedrà cosa accadrà.
Gli articoli pubblicati sul Blog sono scritti dai Soci dell’Associazione in maniera volontaria e non retribuita. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright CulturSocialArt