Intervista alle autrici di “Un viaggio chiamato Psicoterapia”

La psicoanalisi nel libro “Un viaggio chiamato Psicoterapia” scritto a quattro mani da Alessandra Parentela e Michela Longo

Due donne, Alessandra Parentela una psicoterapeuta “illuminante e quasi geniale” secondo la paziente Michela Longo che è “tra le più difficili che abbia mai avuto” a detta della terapeuta, si incontrano, si ascoltano, si ritrovano e decidono di elaborare, insieme, la stesura di un libro per spiegare, in modo differente cos’è oggi la psicoterapie e perché si può andare in psicoanalisi senza avere timori, paure e quegli stereotipi che frenano molti nell’affidarsi a un percorso simile.

Nasce così “Un viaggio chiamato psicoterapia” scritto a quattro mani da Alessandra Parentela e Michela Longo, edito da CTL Editore Livorno, disponibile in libreria e negli store digitali e vincitore del premio “Miglior opera prima” al Festival della Cultura di Catania Etnabook 2020.

Benvenute! Passiamo subito alla prima domanda. Quando si incontra un professionista della psicoterapia o “ci si mette sull’attenti” per paura di scoprirsi troppo, oppure ci si rilassa “alla ricerca di una seduta”. Come vive lei la sua funzione di medico?

Grazie CulturSocialArt. Direi che lo psicoterapeuta deve costruire per ogni paziente un abito su misura, quindi la terapia giusta per quel paziente, che è unico. Lo psicoterapeuta, avendo anch’esso una mente, un passato, una storia e delle dinamiche relazionali deve avere innanzitutto delle competenze emozionali per meglio potersi adattare alle esigenze di ogni paziente. La mia funzione di psicoterapeuta la vivo con un gran senso di responsabilità e di adattamento per riuscire ogni volta a trovare la via regia per entrare nell’animo di chi mi siede di fronte e per mettergli a disposizione tutti gli strumenti in mio possesso al fine di raggiungere quel benessere personale di cui ha bisogno.

Al contrario, com’è nata in Michela Longo la necessità di recarsi da uno specialista e come l’ha scelta?

L’esigenza di rivolgermi ad uno psicoterapeuta mi è nata in seguito ad una perdita molto sofferta. Come scrivo anche nel libro, mia nonna rappresentava per me un punto di riferimento molto importante e dopo la sua morte, il dolore mi ha fatto perdere la bussola. Mi sono persa e non riuscivo più ad essere la Miki di prima. Ho tenuto nel portafoglio il numero di Alessandra per più di un anno, poi alla fine mi sono decisa, quando sentivo che il mio malessere stava diventando insostenibile. La scelta non è stata mia, in verità. Non conoscendo nessuno nell’ambito della psicoterapia mi sono rivolta al mio medico di base che mi diede questo famigerato numero di telefono. Devo dire che conoscere Alessandra è stato uno degli eventi più fortunati della mia vita.

Per chi e perché è importante recarsi da uno psicoterapeuta?

Rivolgersi ad uno psicoterapeuta è importante per chi soffre di disturbi psichici, ovvero condizioni che creano forte disagio e sofferenza nella sfera emotiva, affettiva, comportamentale, cognitiva, relazionale. È importante recarsi da uno psicoterapeuta perché la psicoterapia è un trattamento sanitario non farmacologico attraverso il quale lo psicoterapeuta cura i disturbi psichici.

Com’è raccontare agli altri il percorso fatto dalla psicoterapeuta e al tempo stesso raccontare dei modi o metodi del proprio lavoro?

Raccontare agli altri il percorso intrapreso da Miki in psicoterapia e al tempo stesso parlare di modi e metodi di lavoro è stato entusiasmante e al tempo stesso emozionante.

Far uscire allo scoperto ciò che avviene nello studio di psicoterapia mi ha permesso di capire meglio come dopo trent’anni di lavoro sia riuscita a creare un mio metodo che ha attinto a diverse scuole di pensiero, personalizzandole ed adattandole ad ogni singolo paziente.

Dopo tutte le sedute che avete fatto, quali sono stati i criteri utilizzati per la scelta di argomenti e racconti che potessero spiegare al meglio la psicoterapia?

Abbiamo scelto gli episodi più salienti del percorso di Miki, quelli che raccontano meglio i passaggi e le evoluzioni della sua terapia, con particolare attenzione per i punti di svolta e quelli di stallo.

Il criterio che abbiamo adottato, e che non abbiamo mai perso di vista nella scelta, è stato quello di fare in modo che gli episodi raccontassero l’evoluzione del pensiero di Miki e che fossero degli spunti di riflessione per il lettore, più che una vera e propria cronaca della sua vita. Questo per mantenere un buon livello di riservatezza anche nei confronti di tutte le persone coinvolte nella narrazione.

Cosa ha attratto l’una dell’altra e viceversa?

Alessandra: di Miki sono stata attratta dalla grande intelligenza e curiosità che le ha permesso di elaborare dopo ogni seduta quello che era accaduto, riuscendo sempre ad approfondire ogni tematica toccata durante il setting terapeutico.

Michela: devo ammettere che non subito sono riuscita a fidarmi di Doc. E’ stata per me un’acquisizione lenta. Nel momento in cui mi sono fidata di lei, mi sono fatta conquistare totalmente dalla sua acutezza e bravura. Con il tempo abbiamo scoperto di essere più simili di quanto pensavamo. Di sicuro l’aspetto che più adoro di lei è la sua ironia.

Qual è il messaggio che volete inviare attraverso il vostro libro?

Il nostro obiettivo è di voler accostare le persone alla psicoterapia, addentrandole in un vero percorso in cui potersi immedesimare, sminuendo quell’alone di vergogna e mistero che ancora c’è dietro al bisogno di rivolgersi allo psicoterapeuta. Chi va dallo psicoterapeuta ha problemi come li hanno tutti. La differenza con chi non ci va è che chi inizia un percorso terapeutico si mette realmente in gioco e vuole iniziare a risolverli. 

È un libro che parla di esistenza e si interroga sul senso della vita. Il messaggio più forte che vuole dare è come sia nelle relazioni umane che si trova la risoluzione di qualsiasi conflitto, perché è nella condivisione che si trova la felicità.

Avete già notato dei cambiamenti o è ancora presto?

I cambiamenti sono relativi alla relazione che da psicoterapeuta-paziente si è trasformata in una relazione amicale poiché abbiamo condiviso dalla stesura del libro alle varie presentazioni per la sua promozioni ed oggi continuiamo a condividere le semplici gioie della vita.

Ma la terapia continua ancora? E se si come?

La terapia ovviamente si è interrotta, o meglio si è conclusa quando abbiamo deciso di iniziare a scrivere insieme il libro. La conclusione della terapia si evince dalla lettura del libro perché l’ultima seduta è avvenuta fuori dallo studio ma qui non vorrei anticipare troppo e direi che per saperlo dovreste leggere il libro, altrimenti vi anticiperei un bel finale…

Grazie per essere state con noi e ….Buon Viaggio!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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