Alberto Giacometti: scultura ed esistenza
Lo scultore dalle rigide figure frontali e con una silhouette allungata
Ieri 11 Gennaio é stato l’anniversario della morte di Alberto Giacometti, scultore svizzero nato nel 1901 e scomparso nel 1966.
Nelle sue opere troviamo una manualità non comune agli artisti a lui contemporanei: arrivato a Parigi dal Canton Grigioni fu a bottega da un allievo di Rodin, da qui la manualità classica da scultore, le fusioni in bronzo, lontane dalla generale idea di scultura dei surrealisti, tanto che lo stesso Dalì, avvezzo a creare sculture composte di oggetti comuni e spesso deperibili, non lo considerava appieno un surrealista.
Ma le opere di Giacometti che prendevano corpo nella sua mente, pezzo per pezzo, per poi essere plasmate nel reale, lo sono a pieno titolo, cariche dell’influenza dell’arte oceanica e delle tematiche inconsce care al movimento di Breton.
Abbandonato il surrealismo e finita la guerra, da Ginevra torna a Parigi nel 1946, con delle piccole sculture raffiguranti persone, una ricerca che nel corso degli anni si svilupperà in altro modo: rigidamente frontali e con una silhouette allungata, la figura umana resterà una costante nell’arte di Giacometti, lontana ormai dalle visioni oniriche ed improntata alla realtà, creando una dimensione spaziale in cui la distanza e il vuoto che circondano l’umano si legano ad una visione esistenzialistica riconosciuta dallo stesso Sartre.
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