Stefano Maria Palmitessa racconta la sua Turandot

Dal lontano oriente la storia della principessa Turandot

E’ andato in scena al Teatro Le Salette di Roma dal 28 febbraio al 5 marzo, lo spettacolo Turandot, di Carlo Gozzi, regia di Stefano Maria Palmitessa e in scena Arina Sazontova, Giovanna Castorina, Alessandro Laureti, Mary Fotia, Marco Laudani, Carmen Pompei, Simone Proietti, Giovanni Prattichizzo. La storia della triste principessa Turandot arriva dal lontano oriente, ma si confronta con la società ieri come oggi. Ne abbiamo parlato insieme al regista della pièce.

Benvenuto. Lei ha dichiarato che il copione “Turandot” è stato affrontato tenendo presente la sua “storia” personale del percorso artistico. In cosa consiste questa unione?

Il copione Turandot di Carlo Gozzi, riadattato da Francesca e Natale Barreca, oscillando su diversi piani di lettura a volte più immediata e a volte più intrigata, mi ha consentito di mettere insieme tutti i linguaggi scenici da me affrontati nel mio percorso tra armonia e contrasto, tra recitazione e gesti, tra espressione e sentimenti.

Il suo percorso artistico quanto, invece, ha influenzato la sua vita personale?

Ha affinato la capacita di vedere le sfumature e le particolarità della vita.

Lei è considerato un regista che dà molta importanza all’estetica visuale, in che modo gestisce questa modalità?  

Sì è molto importante, cerco di valorizzare i cromatismi, nei trucchi, nelle scene, nei costumi.

Questo come l’ha avvicinata alla rappresentazione della Turandot?

In questo spettacolo le scene nere e costumi bianchi, che in scena verranno illuminati e colorati, sono un rimando della tipica estetica cinese piena di colori con il rosso che prevale.

Quali sono i particolari accorgimenti scenici che inserito all’interno dello spettacolo?

Un boccascena ridotto, un richiamo al Teatro dei Burattini con la possibilità di fare ricorso a interventi a sorpresa.

In quest’ottica, com’è avvenuta la scelta degli attori e in particolare di chi interpreta Turandot?

Alcuni hanno già recitato in altri spettacoli da me diretti, Alessandro Laureti, Mary Fotia che ha curato i costumi, Arina Sazontova, Giovanna Castorina che ha composto le musiche, e altri nuovi Carmen Pompei, Simone Proietti, Giovanni Prattichizzo, Marco Laudani. Il personaggio di Turandot si doveva contrastare e completare nella crudeltà, nella durezza e nella regalità con quello di Calaf.

Cosa ha voluto evidenziare in questa visione della triste principessa e dei suoi personaggi?

La fragilità celata da crudeltà, l’affetto in contrasto il potere, l’amore che porta agli eccessi, l’ironia che coinvolge con semplicità.

Un attore mette sempre un po’ di sé all’interno del personaggio che interpreta o prende qualcosa dal personaggio stesso, e un regista?

Un regista crea un insieme che si somma nell’intera messinscena in cui sono presenti caratteristiche e timbri della propria personale lettura.  

Da regista, invece, come ha gestito lo spazio scenico del teatro? Che differenze ci sono tra uno spazio scenico grande e uno, invece, più piccolo?

Lo spazio scenico deve essere un nascondere per rivelare, un frammentare che non porta mai alla completa visione, ma alle parzialità di un segmento corporeo, di un particolare su cui focalizzare ed attrarre gli spettatori, in uno spazio scenico grande essendo più spazioso, invece si tende ad una visuale più ampia e globale.

Quale messaggio vorrebbe arrivasse al pubblico da questo spettacolo?

Turandot è una fiaba con tutte le crudeltà tipiche del genere, auspico che lo spettatore si emozioni proiettandosi in un mondo di sogno e fantasia.

Grazie per essere stato con noi e in bocca al lupo!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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