A Trani la mostra Collateral Identity sull’identità

Collateral Identity

mettere ordine nel caos dell’identità

Sabato 24 agosto sarà inaugurata a Trani, presso la saletta delle esposizioni di Palazzo Palmieri, la mostra “Collateral Identity” a cura di Davide Uria. La mostra proseguirà fino al 31 agosto e sarà aperta al pubblico dalle 18.30 alle 21.00.

Il tema centrale della mostra è quello dell’identità, molto discusso in questo periodo, e verrà affrontato attraverso le opere di Francesco Cosola, Veronica Liuzzi e Teresa Romano, che lo racconteranno attraverso le loro opere, diverse per scelte stilistiche, per materiali, per ricerca artistica.

Abbiamo rivolto alcune domande al curatore della mostra, Davide Uria, perché ci racconti di più sulla mostra.

La mostra parla di identità e, come detto prima, è un argomento attualissimo, cosa pensa lei personalmente dell’identità?

L’identità è un tema affascinante, trattato da molti artisti e scrittori nel corso della storia. Oggi, più che in altri periodi storici, l’identità di ognuno di noi è il più delle volte edulcorata, decisamente distorta dagli idiomi e dalle regole sociali. Siamo tutti un po’ condizionati e portati a mentire, specialmente nei social network, dove si entra tramite l’immagine. Le nostre identità sono quindi delle identità collaterali, effetti collaterali, strade parallele alla realtà.

Quanto è importante l’arte per descrivere argomenti di natura sociale?

Un bravo artista parla sempre della contemporaneità, del mondo che lo circonda. E’ inevitabile, secondo me, non farsi influenzare da ciò che accade, descrivere le problematiche sociali e politiche, ad esempio, di un determinato momento storico. Ogni artista che partendo da una propria visione intima e personale, arriva a parlare di argomenti universali, che riguardano tutti, è un artista che non lavora solo per se stesso, ma per trasmettere la propria poetica e visione agli altri. L’arte contemporanea è il prodotto di una modernità che si è spinta sicuramente oltre, di una società isterica e confusa. L’incertezza in cui viviamo porta gli artisti a produrre opere apparentemente banali, specchio di questa società vacua.

Tre artisti diversi, ma che racconteranno uno stesso tema, cosa l’ha spinta a scegliere proprio loro tre?

Il tema è lo stesso, o meglio, è il fil rouge ad essere simile, cambia l’approccio, cambiano i supporti e i mezzi espressivi. Tre è il numero perfetto, e mi è sembrato adatto per mettere ordine nel caos di un tema, quello dell’identità, che si scontra con le difficoltà del mondo moderno.

I tre artisti, seppur giovani ed emergenti, hanno un curriculum artistico di tutto rispetto, con esposizioni all’estero, residenze artistiche etc… Da tempo ero interessato alla loro ricerca e dopo aver scritto qualcosa sui loro lavori lo scorso anno è arrivata questa mostra, è proprio vero che la vita è un cerchio che si chiude, le cose non arrivano per caso.

Francesco Cosola è un artista che si serve dell’iconografia sacra. La religione, soprattutto al sud, è una presenza costante nella vita e nel pensiero di ogni singolo abitante, come vede le sue opere all’interno della mostra?

La poetica di Francesco Cosola è una poetica molto delicata. La sua è una ricerca incentrata sul lato spirituale dell’uomo, attraverso l’utilizzo di un linguaggio “religioso”. Una scelta che deriva dal fatto che la religione nel meridione è sinonimo di folklore e cultura. Soprattutto nel periodo estivo, nel quale si concentrano le feste patronali, è molto facile imbattersi in cerimonie e processioni. La particolarità dei lavori di Cosola è che utilizza l’iconografia sacra, non tanto per trasmettere messaggi religiosi, ma per esprimere un’identità territoriale, un senso di appartenenza e di sicuro per esprimere concetti profondi sull’animo umano, su quei sentimenti buoni dell’uomo che vanno ricercati e portati a galla, insistendo sul significato della parola “religione” che deriva dal latino “religo”, cioè mettere vicine le cose lontane, l’ineffabile con le cose concrete.

Francesco Cosola
Francesco Cosola “HOME”

Veronica Liuzzi si occupa di fotografia, come vede la sua unione fra identità e fotografia?

Veronica Liuzzi realizza degli autoritratti fotografici che sviluppano il tema della relazione dell’uomo con la tecnologia, con la natura, con il mondo che lo circonda. In realtà lavora anche con il video mapping e con il video, ma al centro della sua poetica vi è sempre l’uomo e l’interazione con tutto ciò con cui entra a contatto. Nei lavori selezionati per la mostra, ci sono autoritratti facenti parte di vari progetti: in quelli della serie “Anti-Ritratti” la Liuzzi compie una riflessione sull’ossessione dei selfie, ritraendosi col volto coperto. L’identità nei suoi lavori è espressa anche attraverso l’indagine di quei luoghi abbandonati del suo territorio, lei è originaria della provincia di Taranto, quei luoghi-non-luoghi, che purtroppo, come spesso capita in tutta Italia, o non sono mai stati portati a termine, oppure anche se terminati restano inutilizzati.

Veronica Liuzzi
Veronica Liuzzi “Anti-Ritratti (Anti-Selfie)”

Teresa Romano, artista visiva, come affronta la visione delle identità?

Teresa Romano è anche lei una fotografa. I suoi autoritratti sono lavori sull’affermazione dell’identità, sul concetto che ogni essere umano è un universo a sé stante, unico e prezioso. Mi piace pensare all’idea che per  conoscere l’altro dobbiamo prima di tutto conoscere noi stessi. Ognuno di noi è un piccolo pianeta da esplorare, da sondare, ogni parte del nostro corpo è un mezzo per poter affrontare e conoscere il mondo. La ricerca di un’identità genuina e non artefatta è il leitmotiv del suo percorso artistico, il filo conduttore che l’ha condotta a una concezione ancestrale e primitiva dell’interiorità, in uno degli scatti, ad esempio, si ritrae con lo scheletro di uno Pterosauro-giocattolo sulla testa: essere se stessi è tornare alle origini, ma non sempre essere se stessi, significa essere accettati, e spesso preferiamo indossare altre vesti, sostare in zone di comfort, che non corrispondono al reale.

 Teresa Romano
Teresa Romano “3D”

Cosa l’ha colpita dell’approccio dei tre artisti?

Un linguaggio originale e ricercato è un fattore importante nelle arti, sono delle  caratteristiche che dovrebbero avere un po’ tutti gli artisti. Non sono sicuramente interessato al “già visto” a ciò che non stimola un pensiero e una riflessione. Ciò che mi interessa è un linguaggio inedito che si pone delle domande, più che dare risposte certe, l’arte dovrebbe interrogarsi continuamente sulla contemporaneità, e questi tre artisti, hanno secondo me, tutti questi requisiti. Non è il tema trattato ad essere innovativo, ma l’approccio, la visione, il desiderio di voler spalancare panorami nuovi e letture inconsuete sull’argomento.

Grazie per aver risposto alle nostre domande.

Grazie a te e a tutta la redazione!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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