Corfù, tra il look dei turisti e quello isolano
Scrivo questo articolo dalla meravigliosa Corfù, Kerkira, isola dalla sagoma strana, (sembra la zampa di un cavallo in corsa, assomiglia allo stivale italiano disegnato da un bambino) dove sto trascorrendo la mia vacanza estiva.
Isola bizzarra, caotica, dove la natura sembra dire ‘adattatevi come potete’, tra spiagge di sabbia che all’improvviso diventano di sassi, tra campi di viti che si alternano a piante di olive, senza un ordine, organizzazione, logistica.
Tutto senza regole, qualche cartello stradale sporadico che ti indica la direzione, semafori lampeggianti quasi a voler illuminare le strade di notte, strette curve che si srotolano tra questa natura selvaggia senza cambiarne la struttura. Non vigili, ne forze dell’ordine, ne divieti di sosta, o per lo meno ci stanno quest’ultimi, ma non essendoci i vigili a chi importa di rispettarli.
Vi assicuro che la sensazione che si prova è quella che non ti da fastidio nulla di tutto questo, sei in vacanza “a che servono le regole?!“
E se il mio sguardo è rapito da paesaggi meravigliosi, altrettanto è spesso disturbato da un altro tipo di caos: è questo mi da proprio fastidio. La mancanza di armonia nell’abbigliamento, la ‘cacofonia’ visiva dei colori, l’assenza di proporzioni, ecco ha macchiato la mia vacanza.
Certo, direte, siamo al mare, costumi, copricostumi, qualche abitino per le cene da consumare in pittoreschi locali greci vista mare. Ma vi assicuro che ho visto delle immagini di look da rabbrividire. I turisti provengono un po’ da ogni dove: tedeschi, polacchi, russi, americani e italiani. Quest’ultimi li riconosci da lontano: intanto perché noi italiani non parliamo, strilliamo… siamo molto tatuati, abbiamo occhiali da sole all’ultima moda, e i costumini sono a tratti invisibili. La sera per i locali ci vestiamo con t-shirt con scritte che sembrano sponsorizzare le case di moda e senza alcuna armonia le abbiniamo a gonne di tulle trasparente ma che sono costare 200 euro in saldo.
Di contro c’è il turista disinteressato all’ etichetta, ha costumi e t-shirt con scritte che gli ricordano vecchie vacanze ‘i love Croazia‘, ‘Venice is beautiful‘ e la loro passione per il calcio “Ronaldo“, “Messi“.
Gonne fiorate di tessuti improbabili abbinate a canotte a righe. Bermuda lunghi al polpaccio e sandali francescani con calzino bianco. Sciattezza che paradossalmente disturba il caos naturale corfuniano.
Ma la musica cambia se ti addentri in borghi invisibili dalla strada. In mezzo alle colline se scorgi un campanile, usalo come faro, alla ricerca di case basse con finestre piccole che sembrano disabitate. Tutto è minuziosamente al suo posto. La chiesetta ortodossa, la piazzetta con fontanella, la gradinata piena di gattini, il pollaio accanto ad un’abitazione. I fili con la biancheria ad asciugare. E lì non devi fare rumori, ne parlare a voce alta o tenere il motore dell’auto acceso. Devi rispettare i loro tempi, le loro abitudini lente e gustarti come uno spettacolo meraviglioso la loro armonia che sfoggiano con il loro vestiario.
Gonne larghe e lunghe alla caviglia a fiori piccoli colorati, abbinati a camicette a loro volta fiorate, ma senza creare scompensi visivi, il grembiule di cotone bianco e il fazzoletto in testa a proteggere i capelli dal sole. Ecco lì i miei occhi riprendono vita.
Nell’oceano delle volgarità i pensieri nobili appaiono come delle isole. (Augusta Amiel-Lapeyre)
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