Gianluca Riggi parla del suo Enrico IV

in scena l’Enrico IV riscritto da Gianluca Riggi

Il 24 gennaio debutterà al Teatro Furio Camillo di Roma, Enrico IV di Pirandello, scritto e riadattato da Gianluca Riggi. In scena lo stesso regista con Riccardo Cananiello. Abbiamo intervistato il regista e attore Riggi, che ci ha parlato del suo lavoro.

Lei ha riadattato un testo di Pirandello per due attori. Quali difficoltà ha trovato, se le ha trovate, nel redigere il testo?

In realtà l’originale pirandelliano si presenta già come una sorta di lungo monologo di Enrico IV, dove tutti i personaggi intorno a lui sono al servizio, drammaturgicamente parlando, del protagonista, svolgono la funzione di “personaggi prologo” nell’intero primo atto, narrano l’antefatto sotto vari punti di vista, e costruiscono la scena. Il secondo atto è già di per sé come un’interminabile monologo dell’Imperatore Germanico, nel testo di Pirandello abbiamo quasi 9 pagine consecutive, intervallate qua e la da brevi battute di tutti gli altri. La difficoltà è stata più che altro nella ricostruzione del terzo atto, ma pensiamo di esserci riusciti trovando la chiave giusta.

Nella sua riscrittura qual è la caratteristica di Enrico IV che lo differenzia in maniera evidente dall’originale? Quale invece ha mantenuto più viva e presente?

Noi siamo rimasti fedelissimi all’originale, certo non riproponiamo gli ambienti descritti dalle didascalie di Pirandello, per ovvi motivi, ma la chiave del personaggio è rimasta invariata, abbiamo cercato solamente di aggiornare l’Enrico, già estremamente moderno, se pensiamo che è stato scritto esattamente 99 anni fa. Enrico IV affronta il tema tra ciò che mostriamo e ciò che siamo, il rapporto tra presente e passato, il tempo che scorre inesorabile lasciando segni indelebili sui nostri corpi e su come noi affrontiamo tutto questo. La pazzia di Enrico è un pretesto che l’autore siciliano usa per raccontare il suo presente e le relazioni umane. Abbiamo cercato di rendere attuale il personaggio, di calarlo nel 2020, gli esempi che Enrico fa ai suoi ascoltatori sono stati leggermente cambiati per renderli vivi anche oggi, per farne un uomo dei nostri giorni.

La scelta dei due attori, com’è avvenuta? Cosa l’ha spinta a scegliere Riccardo Cananiello e Gianluca Riggi (sé stesso)?

Per quanto riguarda me, mi interessava affrontare un personaggio che avesse la mia età, che potessi raccontare e vivere realmente per assonanza anagrafica.

La scelta di Riccardo è cosa naturale visto che da tre anni lavoriamo insieme assiduamente. Riccardo è un giovane performer, sicuramente uno dei più bravi della sua generazione, ha 23 anni, in grado di spaziare senza problemi dalla danza classica alla commedia dell’arte. Il personaggio è stato completamente rimodellato su di lui, se Enrico IV rimane invariato rispetto all’originale, il personaggio di Riccardo Cananiello, il monaco Giovanni, è stato completamente reinventato, è lui che dispone la scena, la crea, e si trasforma lentamente in una sorta di amico/badante che accudisce Enrico, lo sostiene, e forse lo alimenta anche nella sua pazzia, senza giudizio, ma con affetto.

La scena prevede la presenza, sul palco, o meglio, attorno al palco, di cinque sedie occupate da alcuni spettatori, scelti al momento. Cosa e chi interpreteranno?

Gli spettatori verranno chiamati a fare da figuranti, saranno Donna Matilde Spina, la figlia Frida, Carlo di Nolli, il dottore Dioniso Genoni, e Tito Belcredi. I due personaggi, Enrico e Giovanni, si relazioneranno con loro e parleranno con loro usando il testo di Pirandello, disposti anche a cogliere gli spunti improvvisativi che i 5 spettatori privilegiati sapranno dare se lo vorranno.

È anche una sfida portare sulla scena persone che non si conoscono, prese dal pubblico e che rientreranno all’interno della stessa. Con quale animo affronta questa sfida?

La relazione diretta con lo spettatore è sempre una chiave molto stimolante per un attore. Noi come compagnia abbiamo sempre lavorato quando era possibile sugli elementi del teatro dell’oppresso e del teatro invisibile, abbiamo una lunga esperienza di teatro sociale, con categorie di uomini e donne “svantaggiate”. Dal 2011 abbiamo dato vita al progetto Black Reality che si occupa di uomini e donne migranti, ora stiamo affrontando un laboratorio molto bello ed intenso con ragazzi non vedenti e/o ipovedenti. Siamo abituati a creare incursioni performative e di spettacolo in modalità desueta e non propriamente tradizionale, quindi non ci sconvolge e non ci fa paura affrontare questo tipo di sfida con l’Enrico IV, solo tanta curiosità al momento. Sappiamo che qualcuno, gli integralisti del teatro classico, arriccerà il naso, ma chi saprà disporsi con animo aperto e disponibile non potrà che divertirsi insieme a noi ed uscirà da teatro sapendo di aver vissuto un’esperienza.

Cosa simboleggia la cornice che Enrico IV porta dietro di sé e che vediamo nella foto della locandina?

In tutto il primo atto e fino a metà del secondo atto Enrico IV si muove portandosi appresso la cornice, la regge sempre come se lui fosse un’immagine all’interno della stessa, sta a simboleggiare la relazione tra ciò che noi vogliamo mostrare agli altri di noi stessi, ciò che gli altri vedono, e quel che siamo in realtà. La manipolazione e l’automanipolazione di cui ognuno di noi è protagonista nella  società dell’immagine contemporanea, ne parlava 100 anni fa Pirandello, ora che viviamo annegando nei “social” tutto è ancor più vero.

Auguriamo a tutti voi un grande “in bocca al lupo”!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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