Il canto della caduta al Teatro Arena del Sole di Bologna

Teatro Arena del Sole – Sala Leo de Berardinis

via Indipendenza, 44 – Bologna

 

martedì 12 marzo 2019, ore 21.00

 

Il canto della caduta

 

liberamente ispirato al mito di Fanes

fonti di pensiero e parole Kläre French-Wieser, Carol Gilligan, Ulrike Kindle, Giuliana Musso, Heinrich von Kleist, Christa Wolf

 

di e con Marta Cuscunà

progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani

assistente alla regia Marco Rogante

progettazione video Andrea Pizzalis

lighting design Claudio “Poldo” Parrino

partitura vocale Francesca Della Monica

sound design Michele Braga

esecuzione dal vivo luci, audio e video Marco Rogante

costruzioni metalliche Righi Franco Srl

assistente alla realizzazione animatronica Filippo Raschi

collaborazione al progetto Giacomo Raffaelli

 

co-produzione Centrale Fies, CSS Teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino,

São Luiz Teatro Municipal | Lisbona

in collaborazione con Teatro Stabile di Bolzano, A Tarumba Teatro de Marionetas | Lisbona

 

con il contributo del Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto-Teatro Dimora | La Corte Ospitale”

sponsor tecnici igus® innovazione con i tecnopolimeri; Marta s.r.l. forniture per l’industria

 

Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory di Centrale Fies

 

Si segnala la presenza di forti e ripetuti suoni disturbanti e frequenti lampi di luce durante lo spettacolo.

 

durata 60 minuti

 

Martedì 12 marzo arriva a Bologna al Teatro Arena del Sole l’ultimo lavoro di Marta Cuscunà, Il canto della caduta, spettacolo ispirato al mito del regno di Fanes, tradizione popolare dei Ladini, una piccola minoranza etnica (35.000 persone) che vive nelle valli centrali delle Dolomiti.

Il mito di Fanes racconta di un’età dell’oro in cui esseri umani e natura avevano un rapporto di alleanza che permetteva loro di vivere in pace e prosperità; la guida del popolo era compito femminile, ma con l’arrivo di un re straniero le cose cambiarono per sempre.

Un ciclo epico che racconta la fine del regno pacifico delle donne e l’inizio di una nuova epoca del dominio e della spada: secondo il mito i pochi superstiti sono ancora nascosti nelle viscere della montagna, in attesa che ritorni il “tempo promesso”, il tempo d’oro della pace in cui il popolo di Fanes potrà finalmente tornare alla vita; ai bambini è affidata questa rinascita. La loro infanzia rimane sospesa, incastrata nel tempo, devono nascondersi, altrimenti potrebbero essere uccisi.

 

L’autrice Marta Cuscunà afferma di averli «immaginati e visti nascosti sotto teste di topo, come i bambini disegnati da Herakut, duo tedesco di street artist che ha lavorato in diversi campi profughi e zone devastate dalle guerre».

La scena iniziale è anche quella finale, un campo di battaglia: ciò che resta degli eserciti, diventa il banchetto dei corvi, ormai svogliati per la troppa abbondanza. Gli uccelli si parlano, prendono le parti del coro, descrivono il conflitto, il frantumarsi di ondate di uomini che seminano corpi a pezzi. Indugiano sulla meraviglia che accompagna la carneficina, il lato ostinato del darsi morte fino al culmine dello sterminio.

 

La guerra non si vede mai sulla scena, eppure c’è, restituita al pubblico dal punto di vista degli unici soggetti che ne traggono sempre vantaggio.

Sul palcoscenico i personaggi meccanici progettati e realizzati dalla scenografa Paola Villani, che si inseriscono nella tradizione del teatro di figura ma ne scardinano l’immaginario: si muovono manovrati da un’unica attrice attraverso joystick meccanici e i loro movimenti si basano infatti su tecnologie applicate in animatronica e sull’utilizzo di componentistica industriale.

 

«Il progetto prosegue idealmente il discorso femminista iniziato con la Trilogia sulle resistenze femminili – afferma la Cuscunà – e raccoglie i fili che altre studiose ed artiste hanno tessuto prima di me. Un orizzonte di pensiero e parole che continua incessantemente a tramandarsi nonostante millenni di patriarcato.

Il canto della caduta cerca nuove immagini per antichi problemi e attraverso il mito di Fanes, porta nuovamente alla luce il racconto perduto di come eravamo, di quell’alternativa sociale auspicabile per il futuro dell’umanità che viene presentata sempre come un’utopia irrealizzabile. E che invece, forse, è già esistita».

 

 

Fonti dello spettacolo

Come dichiara l’autrice, le fonti del pensiero che hanno portato alla creazione di questo lavoro sono i testi di Kläre French-Wieser, Carol Gilligan, Ulrike Kindle, Giuliana Musso, Heinrich von Kleist, Christa Wolf, Riane Eisler e Marija Gimbutas, conosciuti dalla Cuscunà grazie alla stessa Giuliana Musso, durante il periodo di lavoro a La città ha fondamenta sopra un misfatto ispirato alla Medea di Christa Wolf.

 

Secondo Kläre French-Wieser tre passaggi importanti dell’essere umano si sono fusi nell’epos ladino di Fanes: il passaggio dal diritto materno al patriarcato, il passaggio da un sistema pacifico a uno belligerante; il passaggio dalla cultura del totem (quella dei popoli cacciatori ancora in simbiosi con la natura e che riconoscono nell’animale totem il proprio antenato) alla cultura della miniera e dell’estrazione dalle montagne.

Il codice di accesso a questo enorme tesoro di saperi stratificati segue però un percorso che procede non per parole, bensì per immagini. Perché il primo linguaggio del pensiero non “parla” attraverso segni di lingua, ma “vede” il valore iconico dei simboli.

Il pensiero mitico non è mai accidentale, emerge all’interno di un preciso sistema organizzato di attività e funzioni divine. La mitologia riflette dunque una struttura concettuale.

Non esiste popolo che non abbia un suo patrimonio peculiare di racconti mitici che narrano le origini dell’universo, degli dei, dell’ordine sociale e offrono immagini a paure e domande ancestrali: chi siamo, da dove veniamo, qual è il nostro destino?

 

Nel saggio di antropologia Il calice e la spada, Riane Eisler indaga le strutture sociali che l’umanità si è data nel corso dei secoli e davanti a una continua epopea di guerre e ingiustizie, apre la riflessione a domande più che mai necessarie: la guerra è parte incancellabile del destino dell’umanità? Cosa ci spinge perennemente alla guerra invece che alla pace? Perché ci cacciamo e perseguitiamo l’uno con l’altro? Il dominio dell’uomo sulla donna è inevitabile? È realisticamente possibile il passaggio da un sistema di guerre incessanti e di ingiustizia sociale a un sistema mutuale e pacifico?

Secondo Riane Eisler, le risposte per un futuro migliore potrebbero affondare le radici in quel punto nella preistoria della civiltà europea di cui parla l’archeomitologa lituana Marija Gimbutas, in cui la nostra evoluzione culturale sarebbe stata letteralmente sconvolta.

 

L’approccio dell’archeomitologia è multidisciplinare e unisce l’archeologia descrittiva alla mitologia comparata, al folclore, all’etnologia storica e alla linguistica. Marija Gimbutas, nel saggio Il linguaggio della Dea, ricostruisce un mondo perduto che corrisponde all’Europa neolitica in cui la presenza del femminile sarebbe stata centrale nella visione del sacro e della struttura sociale. Un’Europa antica molto diversa da quella patriarcale che ha prevalso successivamente, caratterizzata dal predominio del sesso maschile su quello femminile e dalla sopraffazione dei popoli più deboli.

A sostegno delle sue tesi, l’archeomitologa lituana porta le tracce e i simboli che ancora si possono trovare nelle leggende, nei miti, nel folklore, nella spiritualità delle ere successive che conserverebbero la memoria di questa cultura neolitica.

 

Marta Cuscunà nasce a Monfalcone.

Nel 2001 partecipa al laboratorio Fare Teatro, ideato e condotto da Luisa Vermiglio. Questa esperienza, che univa la ricerca teatrale alla riflessione sulle dinamiche sociali del territorio, è diventata una sorta di imprinting artistico.

Il percorso formativo più importante prende avvio grazie a Prima del Teatro: Scuola Europea per l’Arte dell’Attore, dove incontra alcuni grandi maestri del teatro contemporaneo: Joan Baixas; José Sanchis Sinisterra; Christian Burgess.

Nel 2006 lavora all’estero come attrice professionista in Merma Neverdies, spettacolo con pupazzi di Joan Mirò e regia di Joan Baixas, prodotto da Elsinor-Barcellona in esclusiva per la Tate Modern Gallery di Londra.

Nel 2007 torna in scena in Italia con Indemoniate, spettacolo di Giuliana Musso e Carlo Tolazzi, per la regia di Massimo Somaglino. Nel maggio del 2009 torna a lavorare in Spagna nello spettacolo Zoé, incocencia criminal, produzione della Compañía Teatre de la Claca di Barcellona, diretta da Joan Baixas. Nel giugno del 2009 debutta con il progetto inedito È bello vivere liberi! Progetto di teatro civile per un’attrice, cinque burattini e un pupazzo, di cui è autrice e interprete.

Nel 2011, grazie ad una borsa di studio, partecipa a …Think only this of me… progetto inedito per attori e musicisti della Guildhall School of Music and Drama di Londra, diretto da Christian Burgess.

Nel 2012, il secondo progetto inedito La semplicità ingannata. Satira per attrice e pupazze sul lusso d’esser donne.

Nel 2013 realizza per ViPride, il gaypride di Vicenza ’13, il reading The beat of freedom e in seguito interpreta Glauce in La città ha fondamenta sopra un misfatto, riscrittura teatrale della Medea di Christa Wolf, scritta e diretta da Giuliana Musso.

Nel 2014 debutta con Wonder Woman, il reading realizzato con Giuliana Musso e Antonella Questa partendo dall’inchiesta di Silvia Sacchi e Luisa Pronzato, che esplora il tema dell’indipendenza economica femminile. Nel 2015, Sorry, boys, terzo spettacolo inedito della trilogia sulle resistenze femminili.

Nel 2018, Il canto della caduta, prima coproduzione internazionale grazie alla collaborazione tra Centrale Fies, CSS Teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino e São Luiz Teatro Municipal di Lisbona. Dal 2009 fa parte di Fies Factory, progetto di Centrale Fies.

 

Premi

2018 Premio della Critica – ANCT

2017 Premio Rete Critica

2016 Finalista Premio Ubu come miglior attrice/performer

2013 Premio Franco Enriquez

2013 Premio Città Impresa

2012 Premio Last seen per il miglior spettacolo dell’anno

2012 Menzione d’onore al Premio Eleonora Duse

2011 Finalista Premio Virginia Reiter come miglior attrice under 35

2010 Finalista Premio Ubu come miglior attrice under 30

2009 Premio Scenario per Ustica

 

 

Informazioni:

Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna

Prezzi dei biglietti Sala Leo de Berardinis: da €10 € a € 25 più prevendita
biglietteria tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it
bologna.emiliaromagnateatro.com

 

Debora Pietrobono

Responsabile Ufficio Stampa Emilia Romagna Teatro Fondazione

c/o Arena del Sole
Via San Giuseppe, 8 – 40121 Bologna

d.pietrobono@emiliaromagnateatro.com

stampa@arenadelsole.it

 

Silvia Mergiotti

Ufficio stampa

stampa@arenadelsole.it

s.mergiotti@emiliaromagnateatro.com

www.emiliaromagnateatro.com

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