InCorti da Artemia 2025: Hate Speech

In scena il corto che parla dei social

Hate Speech scritto da Giorgia Conigliaro, diretto da Antonio Nicita, con Andrea Stefani e Roberta Loggia, è uno dei corti in scena al festival InCorti da Artemia 2025, ideato e diretto da Maria Paola Canepa direttrice artistica del Centro Culturale Artemia di Roma. Il festival divenuto una piazza importante del panorama teatrale italiano, presenta al pubblico corti che potranno divenire spettacoli e che si contenderanno le preferenze di pubblico e giuria presente in platea.

Benvenuti! Il vostro spettacolo Hate Speech parla di social. Quali sono le dinamiche legate ad essi che avete deciso di portare in scena?

Antonio: La messa in scena della persona, il mostrarsi, il mettersi in posa per qualcuno, chi? Non lo sappiamo mai. Lavoriamo sull’eccitazione eccessiva, quella che ci procura il vedere, vedere e vedere. Non ci fermiamo mai e quando lo facciamo vogliamo che sembri un miracolo, come quando scrolli da più di dieci minuti e ad un certo punto ti fermi… Velocità, falsità e rumore, questo portiamo dai social o forse dalla vita che ormai viviamo. Insieme poi ci sono i bisogni di silenzio, calma e lentezza, tutti schiacciati dalla distrazione.

Chi e come sono i personaggi che portate in scena?

Andrea: I personaggi che portiamo in scena sono ispirati alle figure degli youtuber e degli influencer che siamo ormai abituati a vedere sui social. Abbiamo cercato di mettere in luce il contrasto tra la vita pubblica e quella privata di questi personaggi, divertendoci ad immaginare come possano cambiare le relazioni umane quando si è in coppia da soli e quando invece la coppia viene spiata da decine di migliaia di sconosciuti.

L’elemento drammatico sul quale ci siamo concentrati è stato soprattutto il meccanismo della totale sottomissione ai desideri del pubblico, che diventano così forti da spingere i protagonisti ad annullare i propri sentimenti per concentrarsi sui propri fan mentre il personaggio di lei mantiene sempre la sua umanità, cercando di stabilire un contatto diretto con lui, lui è completamente travolto dal sogno del successo e della ricchezza, fino a considerare più importanti i suoi follower piuttosto che avere un dialogo vero e sincero con la sua fidanzata.

Roberta: Un elemento fondamentale che caratterizza entrambi i personaggi protagonisti del testo è il tema dell’incomunicabilità. La loro incapacità di stare all’interno delle relazioni rappresenta la loro fatica di esporsi, di mostrarsi, di rendersi vulnerabili nella meraviglia di essere umani. I due protagonisti, influencer della scena dei social media, combattono una guerra contro se stessi, in una lotta sociale che non li vedrà mai trionfare né come singoli né come squadra, bensì fallire nella loro solitudine perché “se non ti guardano” non esisti. Entrambi inchiodati in una relazione ricattatoria e tossica, in una costante ricerca di luce.

Due personaggi che non riescono davvero ad esporsi, a guardarsi, a sentirsi, a percepirsi tra loro pur dormendo l’uno al fianco dell’altra. Non vi è intimità, non vi è amore, non vi è alcun bene. Rappresentano uno specchio: che succede se lasci in mano ad altri il potere sulla tua vita?

Quali sono state le cose che vi hanno maggiormente colpiti nello studio e nelle ricerche del testo?

Giorgia: Quello che ci premeva approfondire nel testo è un aspetto dei social di cui ancora si parla troppo poco: la gogna mediatica. Siamo ormai consapevoli che il mondo virtuale sta invadendo sempre più quello reale, ma ciò che lo rende diverso è lo schermo che protegge i cosiddetti paladini della morale.

Dietro a uno schermo, le persone si sentono autorizzate a giudicare, a colpire, a riversare odio senza paure, fino a cancellare intere identità, senza concedere spazio alla possibilità di sbagliare. Eppure, quando restiamo soli, lontani da quella piazza digitale, ci chiediamo davvero per chi o per cosa abbiamo vissuto. Forse è allora che capiamo che un filtro non lo togliamo mai del tutto. Nemmeno davanti a chi diciamo di amare.

Andrea: Facendo alcune improvvisazioni durante le prove la cosa che più mi ha colpito, e che probabilmente è anche la più banale, è proprio la falsità e la doppiezza di quanto vediamo succedere in questo tipo di dinamiche. Abbiamo cercato di immaginare questi due influencer che comunicano tra loro solo ed esclusivamente davanti ad una webcam.

Più che comunicare fra loro si limitano a comunicare con il pubblico, ed una volta finita la diretta, si ritrovano ad essere quasi due estranei, completamente svuotati di ogni energia, desiderosi soltanto di tornare a chiudersi ciascuno nella propria bolla, finché non arriverà il momento della prossima scarica di adrenalina, cioè della prossima diretta.

Roberta: La cosa che particolarmente mi ha colpito nello studio del testo è il bisogno d’amore che c’è dietro e la totale incapacità di comunicarlo. Il testo ti permette di guardare dal di fuori due pedine impazzite di un sistema che cade in pezzi e tu sei lì, in una voragine, pronto a cadere con loro, quasi a poter provare compassione. Sono due esseri umani che non si permettono di sentire ciò che provano, ciò che vivono. Lei è così spaventata dal poter rimanere sola che elemosina un amore che probabilmente è la prima a non provare.

Antonio: La voglia di non morire senza sapere bene il perché, l’impulso, quasi animale, a cercare sempre una via d’uscita, un modo per sopravvivere. Solo che in questo caso il predatore non ti azzanna ma ti giudica. È del giudizio che si ha così paura quasi quanto della morte. Non sembra esserci scampo: quando il giudizio ti colpisce devi rimediare, se non rimedi meglio morire… o uccidere.

È un pensiero malato che però alberga dentro entrambi i personaggi, assediati e inseguiti da una folla che poco ci manca perché somigli alla massa che tra cinquecento e seicento bruciava donne e uomini perché accusati di stregoneria. Riflettendoci ho capito che quello che succede nei commenti sotto un post, è storia già fatta, peccato che non siamo in grado di rendercene conto prima, ma solo dopo, nei libri di storia, o, anche se ce ne rendiamo conto, continuiamo a farlo… forse perché giudicare per schiacciare ed essere schiacciati dal giudizio fa parte della nostra natura.

Quali sono le scelte registiche adottate per la messa in scena dello spettacolo?

Antonio: Semplici, dirette, venute all’improvviso. Mi distraevo scrollando tra i reel di Instagram mentre studiavo il testo, mi sentivo in colpa, però la messa in scena viene anche da quella distrazione. La regia è veloce e meccanica, fredda e sentimentale, vive delle polarità che vivono personaggi all’interno del lavoro.

Volevo gli attori innaturali in certe parti, mentre in altre pateticamente sentimentali, è stato difficile lavorare su questa doppia facciamo come credo sia sempre quando lavori sulla commedia, la cui natura sta tra irrealtà e realtà, comportamenti non consoni che si accostano a sentimenti veri. Di una cosa però ero certo sin dal primo giorno: in scena doveva esserci un materasso…

Qual è il vostro rapporto con i social? Quali sono, secondo voi, i lati positivi e negativi di una comunicazione simile?

Giorgia: Personalmente, il mio rapporto con i social è piuttosto comune: li apro appena sveglia (lo so, sbagliatissimo) e ci passo del tempo nei momenti di noia. Sto cercando di educarmi a un uso più consapevole, ma a volte è un gesto talmente automatico da non accorgersene nemmeno, ed è proprio questo che fa paura. Non voglio cadere nell’ipocrisia di dire che i social sono il male: per certi aspetti hanno rivoluzionato positivamente il modo di informarsi, di esprimersi, o semplicemente di scoprire realtà e persone stimolanti. Ma come ogni strumento potente, hanno un lato oscuro da cui dobbiamo imparare a difenderci.

La comunicazione, dietro a uno schermo, diventa spesso più fredda, più tagliente, e mira subito al giudizio. Perché, in fondo, indignarsi fa rumore, e il rumore attira. Ma dietro a un messaggio che per noi può sembrare solo una battuta, una critica o un’opinione qualunque, possono nascondersi mille insicurezze in chi lo riceve. Solo perché non vediamo in tempo reale la sua reazione, non significa che non esista. E questo non ci dà mai il diritto di ferire.

Andrea: Come tutti, credo di avere un rapporto ambiguo con i social. Da un lato cerco di sfruttarli per cose pratiche, banalmente consigli su ristoranti o ricette, ma ci sono periodi in cui sono molto più vulnerabile ai lati negativi: ad esempio il costante mettersi in competizione con le vite degli altri, che viste attraverso la lente dei social sembrano sempre più felici, movimentate e interessanti della mia.

Soprattutto nei periodi di forte stress o ansia l’uso dei social diventa per me quasi un anestetico, in cui passivamente mi limito a scorrere continuamente i contenuti per addormentare il cervello ed evitare di pensare a ciò che mi provoca ansia. Diciamo che credo che i social mi facciano più male che bene, e infatti sto cercando di allontanarmene.

Come vi state preparando al debutto sul palco di InCorti da Artemia e cosa vi aspettate da questa esperienza?

Andrea: Mi preparo al debutto sul palco di InCorti come faccio di solito, cercando di avere chiara la linea su cui si sviluppa lo spettacolo, di sviluppare l’ascolto con chi è sul palco insieme a me, e cercando di sviluppare al meglio le indicazioni del regista.

Antonio: Aggiornando la pagina Instagram del Centri culturale Artemia.

Grazie e in bocca al lupo!

Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

Leggi anche