Ninfamania, quando la donna non è oggetto

una donna che non è oggetto

Sarà in scena dal 19 al 22 dicembre Ninfamania, scritto e diretto da Emanuela Caruso, con Michele Pagliai. Argomento del testo è una giovane donna affetta da ninfomania, qualcosa che la fa apparire in maniera negativa agli occhi degli altri. Abbiamo rivolto alcune domande alla regista, per scoprire qualcosa di più sull’argomento, sulle sue scelte.

NinfaMania, come dicevamo tratta di un argomento che, per ciò che riguarda la nostra società, è accomunato alle donne, è tabù. Perché ha deciso di trattarlo lei?

Credo che la dipendenza dal sesso sia da sempre un tabù, ma certo è indiscutibile che se riguarda una donna, parlarne è ancora più complesso. Nel 2011, durante un laboratorio di recitazione ho interpretato una scena e la protagonista era ninfomane. La scena era molto semplice, un dialogo in un bar. Ho pensato, bene sarà divertente, farò una scena comica. Ho aperto internet e iniziato a documentarmi per studiare il personaggio. Non mi è servito andare troppo a fondo per intuire che di comico c’era ben poco. Poi ho pensato:

Se io avessi una dipendenza così, quali sarebbero davvero le difficoltà? Non solo le grandi e ovvie difficoltà, ma quelle piccole e quotidiane. Quali sarebbero?” In quel momento ho capito che avevo un’idea preconcetta e non me ne ero mai accorta! Come tutti associavo ad una parola, (Ninfomane) un’idea che non era mia. Era un retaggio. In fondo, sesso a parte, siamo tutti emotivamente dipendenti da qualcosa o qualcuno. Da quel momento, ho voluto saperne di più e con il tempo è nata la volontà di scriverne. 

La cosa interessante dello spettacolo è anche la decisione di far interpretare la parte di una donna con questa serie di problematiche, ad un attore. Perché ha fatto questa scelta?

Io e Michele lavoriamo insieme da molto, ed eravamo entrambi d’accordo sull’idea che questo gioco ci avrebbe permesso di aprire ancora di più l’argomento. Purtroppo è ancora così: una donna che parla di promiscuità, piacere, bisogno di sesso, una donna che non è oggetto ma che guarda gli uomini come si guarderebbe una bistecca, è ancora un tema difficile. Luisa è interpretata da Michele perché volevamo che Il pubblico si sentisse libero di ridere o piangere con lei e che potesse  avvicinarsi senza resistenze al tema dello spettacolo. Ma anche, perché con un semplice gioco di ruolo, potevamo parlare di una “persona” a prescindere dal suo sesso. Luisa come tutti noi, prima di essere uomo o donna è una persona. E i disturbi di dipendenza hanno gli stessi meccanismi interiori per tutti. 

Ma chi è realmente Luisa, la protagonista della pièce?

Luisa è una donna qualsiasi, fa di tutto per tenere sotto controllo la situazione.

Fa tutte le cose giuste: gruppo di ascolto, psicoterapia. Parla tanto con Gesù, perché almeno lui non la giudica. E come tutti ha qualcosa dentro che si ribella alla disciplina. Qualcosa dentro che vuole gridare a gran voce non le sue ragioni, ma le sue verità più scomode.

Ci sono particolari tabù che colpiscono le donne, alcuni lentamente, ma molto lentamente, stanno cadendo. Quelli legati al sesso, invece, sono difficili da combattere. Secondo lei, cosa li rende così ostici? Perché gli uomini e tutta la società, comprendente molte donne, non riescono a uscire da questa spirale di pregiudizi?

Non lo so. Certo le donne sono la più grande falsa minoranza della storia. Ma nessuno è libero dal peso del giudizio. Tutti soffriamo una prigionia, tutti soffriamo di inadeguatezza, uomini compresi. Per fortuna siamo ancora in piena rivoluzione per la libertà sessuale, e io mi auguro che da qui in avanti si possano aprire sempre più porte e soprattutto dialoghi. Ad un certo punto Luisa dice “se di una cosa non si parla, si può far finta che non esista”. Ecco mi piacerebbe si iniziasse a parlare di più. 

Come viene accolto lo spettacolo dal pubblico? Quali sono le domande o richieste che le vengono fatte?

Fino ad ora, siamo stati accolti molto bene. C’è sicuramente una differenza tra le reazioni di un pubblico più giovane e più adulto. Ma in sintesi è molta l’attenzione e la curiosità. 

Ci hanno fatto domande sulle differenze tra i tipi di dipendenza sessuale citati nello spettacolo: ninfomania e erotomania. 

Ci chiedono perché la scelta di questo argomento. 

Ma in fondo credo che tutti vorrebbero chiederci quanto c’è di autobiografico! 

Grazie per aver risposto alle nostre domande e in bocca al lupo!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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