Non dovevo essere io in scena di Francesco Rivieccio
Una riflessione sul mondo attoriale con il supporto di un angelo
Il 6 settembre alle ore 20.00 per il Festival Teatrale Teatramm’ 2023 al Teatro Marconi di Roma, andrà in scena Non dovevo essere io, testo, regia e interpretazione di Francesco Rivieccio, che cura anche i costumi, il disegno luci e l’organizzazione. Lo spettacolo, un monologo di 60’, racconta di un giovane attore, aiutato nel suo lavoro, da un angelo.
Francesco Rivieccio arriva dalla Campania, da Napoli, con il suo bagaglio attoriale e il desiderio di raccontare la vita dell’attore. Gli ho rivolto alcune domande che sono servite a conoscere meglio sia l’attore e regista, che il personaggio e quindi lo spettacolo. Benvenuto quindi a Francesco sulle nostre pagine.
Porti in scena un monologo che parla della vita attoriale. Ne sei autore, regista, interprete. Com’è nata l’idea di far partecipare un “angelo” alla rappresentazione?
L’idea nasce dal bisogno di raccontare cosa si prova ad essere un giovane attore di teatro al giorno d’oggi. Per farlo mi sono servito della figura di un angelo custode che appartiene al mondo della verità e che può dire e raccontare la realtà senza filtri e senza bugie, poiché ho immaginato che ogni angelo custode scrive il resoconto dell’anima che protegge e attraverso questo resoconto la vita di questo attore emerge in tutte le sfaccettature: dai momenti passati in camerino prima di uno spettacolo ad un provino andato male, alle serate andate storte, ai pagamenti che non arrivano.
La vita dell’attore è fatta di alti e bassi, ma anche di molto lavoro. Qual è la cosa che hai deciso di mettere in evidenza all’interno dello spettacolo?
Ciò che ne viene fuori è che, nonostante tutte le difficoltà che sono legate a questo lavoro, gli attori davanti al pubblico restano fedeli alla loro missione, proprio come un angelo custode che non si tira indietro davanti ai pericoli o alle problematiche. Infatti nel monologo le parti “assegnate” alla figura dell’attore sono esclusivamente quelle legate all’interpretazione della performance che mette in scena, dimenticandosi delle difficoltà poco prima raccontate invece dal suo angelo.
Quanto di Francesco, delle sue peripezie, c’è all’interno dello spettacolo?
Molto. All’inizio volevo scrivere uno spettacolo con figura centrale l’angelo custode ma avevo difficoltà nello scrivere cosa provasse a proteggere un uomo. Mi ero reso conto che per raccontare questo “lavoro divino” avevo bisogno di raccontare qualcosa “di terreno” che conoscessi bene. Così è nata l’idea di affidare a questo angelo un attore di teatro. La parte drammaturgica affidata all’angelo è in continua trasformazione perché ogni giorno nel mio lavoro succedono cose che devono essere raccontate. Lo stile con il quale interpreto l’angelo si avvicina molto al concetto della stand-up comedy che, secondo il mio punto di vista, si basa sulla verità e tutto quello che ho affrontato e affronto dietro le quinte, continua ad essere linfa vitale per i monologhi dell’angelo.
Cosa ami di più del lavoro dell’attore e cosa, invece, cambieresti?
Ciò che amo di più è la grande possibilità legata alla grande responsabilità di poter confrontarsi costantemente con sé stessi non in maniera egocentrica ma affidandosi e fidandosi dei colleghi in scena e del pubblico in sala. È un lavoro che ci vede ogni volta sottoposti ad un “giudizio”, ci porta ogni volta per forza di cose ad essere guardati e giudicati e per me che di natura sono un timido non c’è lavoro migliore per poter crescere anche umanamente. Cosa cambierei in realtà non lo so: è un lavoro che va avanti da millenni e da quello che so la vita degli attori non è mai stata rose e fiori. Forse cambierei proprio il modo in cui gli attori spesso si approcciano a queste difficoltà; spesso ci sentiamo soli ma quello che ci capita di bello o di brutto non capita soltanto a noi. Quindi cambierei la condivisione fra gli attori, il confronto non soltanto in scena ma nel quotidiano, per sentirsi meno soli e più coraggiosi insieme.
In scena interpreti un attore, qual è il sogno del personaggio? E qual è il sogno di Francesco?
Il sogno sia del personaggio che mio è molto semplice: poter vivere dignitosamente con questo lavoro. I traguardi e una vita giusta non sono legati per forza alla “popolarità” ma sono legati piuttosto alla possibilità di poter vivere in maniera onesta e dignitosa anche facendo un lavoro che spesso giuridicamente e burocraticamente non viene tutelato. È difficile prendere in affitto un monolocale se sanno che di lavoro fai l’attore, giusto per fare un esempio: ecco il mio sogno è che presto gli altri possano capire che fare l’attore non vuol dire solo vivere alla giornata ma che siamo molto di più.
Grazie per essere stato con noi!
Grazie a voi per la bella chiacchierata.
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