Maurizio Sarubbi porta in scena Come un corvo bianco… Chernobyl 1986

Il disastro della centrale nucleare e gli eventi che ne seguirono

Come un corvo bianco… Chernobyl 1986 di Fabrizio Fasano, andrà in scena l’8 settembre alle ore 18.00, al Teatro Marconi, per la rassegna teatrale Teatramm’. Lo spettacolo, diretto da Maurizio Sarubbi vede in scena lo stesso Sarubbi insieme a Giuseppe Franco, Debora Ricci, Susi Rutigliano, Caterina Rubini, il disegno luci di Maurizio Sarubbi, i costumi della Compagnia Teatrale Artù, le musiche di Rosa Cavalieri, l’organizzazione di Maria Pastore per la Compagnia Teatrale Artù.

Facciamo un passo indietro, torniamo agli anni Ottanta, quando il mondo, in particolare l’Europa, fu sconvolta dall’incidente nucleare che coinvolse la centrale di Chernobyl. Tante furono le notizie che vennero date ai media, molte, negli anni, risultarono false. Ci racconta dello spettacolo il regista, Maurizio Sarubbi.

Lo spettacolo Come un corvo bianco… Chernobyl 1986, racconta del disastro nucleare e delle indagini affidate a Valery Legasov. Chi era l’uomo?

Valery Legasov, personaggio interpretato da me, è colui che scrisse dei rapporti “Veri” sull’incidente nucleare della centrale di Chernobyl. Il governo sovietico non voleva che lui dicesse la verità e quindi sabotò il suo lavoro mettendo a repentaglio la sua credibilità davanti al mondo intero. Pressione psicologica che lui non ha sopportato e quindi decise di uccidersi. L’uomo Legasov, rappresentato nello spettacolo, è un uomo assetato di verità, un uomo reso fragile dalle azioni del governo dell’epoca, azioni che presentavano una assoluta insensibilità nei confronti del genere umano.

Cosa vi ha spinto a scegliere un testo così politicamente impegnato?

Fu una proposta dell’autore Fabrizio Fasano. Io adoro il teatro di narrazione e quindi abbiamo lavorato sul testo. L’autore ha una grande passione per questa materia e io una grande passione per la narrazione. La spinta fondamentale è data dall’intenzione di sottolineare ed evidenziare la sfumatura umana della vicenda. Non vi è una narrazione prettamente tecnica ma una narrazione d’assalto che utilizza come sfondo costante l’umanità delle cose, dei passaggi e anche l’umanità degli aspetti tecnici. Ultimo motivo, ovviamente, è la voglia e sfida che contraddistingue la nostra compagnia. Cerchiamo sempre di combattere le banalità.

Con la guerra in Ucraina e l’attacco alla centrale nucleare, è tornato prepotente anche il caso di Chernobyl e di ciò che ha causato alla popolazione. Nello spettacolo quali sono le cose che avete voluto mettere in evidenza?

Gli aspetti che mettiamo in evidenza, dal punto di vista tecnico, sono nella volontà di far capire che il processo radioattivo non è terminato ma è solo coperto da una struttura di contenimento. La vicenda Chernobyl non è affatto terminata. Dal punto di vista umano mettiamo in evidenzia le menzogne di quel governo. Sia chiaro: non è uno spettacolo contro il nucleare e non è uno spettacolo contro l’unione sovietica di quegli anni. È uno spettacolo che fa capire che qualsiasi forma di energia  deve essere disciplinata e che qualsiasi vicenda mondiale deve essere resa chiara.

Registicamente come hai diretto il tutto? E cosa hai chiesto agli attori?

Registicamente parlando c’è molta essenzialità. Grande uso di oggetti piccoli che aiutano a far arrivare meglio alcuni concetti ed episodi. L’essenzialità delle cose permette, secondo me, di evidenziare ancora di più la capacità interiore degli attori. Molto studio concettuale e molta applicazione dei sentimenti. Agli attori ho chiesto, e loro sono capaci di farlo, di agire, di fare, di tormentarsi e di non mettersi in vetrina.

Le verità, quelle che non ci vengono mai raccontate, sono un fattore determinante anche nel teatro, location nelle quali vengono spesso riprese. Cosa pensi di questa funzione affidata al teatro o a qualche altra arte? È importante per la società?

Il teatro è fondamentale in questo. Mi rifaccio ad un pensiero di uno dei miei autori preferiti, Giovanni Testori, che diceva: “Qui finisce la mia azione, la mia parte qui si spoglia, del teatro lascio soglia”. È uno spogliarsi mettendo addosso i panni di altre anime con le assolute verità, anche quelle nascoste. È un bel trucco.

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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