Paolo Blasio racconta Orizzonte

Un testo che ci spinge a riflettere sulle migrazioni di ieri e di oggi

Orizzonte di Paolo Blasio, è lo spettacolo che aprirà la V edizione del Festival Teatrale Teatramm’ al Teatro Marconi di Roma, il 6 settembre alle 20.15. Il testo e la regia sono di Paolo Blasio, che compare anche come attore insieme ad Antonio Baselice e Consiglia Coppola, mentre le luci sono di Paco Summonte, i costumi di Consiglia Coppola, le scenografie di Gaetano Capuano e l’organizzazione dell’Ass. Io non ti conosco.

Il tema della pièce è la migrazione. Partendo dal passato, da quella dei nostri padri che partivano per l’America, si può fare un confronto umano con i migranti che approdano sulle nostre coste oggi. In scena la storia di tre fratelli che quella migrazione l’hanno affrontata insieme, ma che ha cambiato le loro vite. Ne abbiamo parlato insieme a Paolo Blasio.

Il titolo dello spettacolo ci fa immaginare il contenuto. Chi vive sul mare ha sempre davanti a se il mare e quindi un orizzonte sul quale sperare. Lo spettacolo parla di sogni e speranze, da ricercare in un altro paese. Come hai affrontato la scrittura del testo? Quali sono stati episodi o momenti che ti hanno ispirato?

La scrittura di questo testo è stata sicuramente ispirata dalla tragedia che vivono da tempo i migranti che tentano di sbarcare sulle nostre coste. Ribaltare la situazione e tornare al nostro esodo, altrettanto crudele e difficile, mi sembrava un modo efficiente di empatizzare con questa storia. Ho cercato da subito di studiare la storia e la realtà sociale che accompagna ciclicamente questi esodi migratori.

Il testo presente all’inizio tre persone che, nel coso della storia cambiano i propri sentimenti, si confrontano con la dura realtà. Quanto gli eventi influiscono sulle nostre scelte e sui nostri sentimenti?

Credo che noi tutti nasciamo come “tabula rasa” e le esperienze che viviamo ci danno sostanza, che a sua volta si dirama nei vari usi e costumi che circondano la nostra cultura.

Il tema della migrazione, che qui viene raccontata al tempo degli anni ’50, è una realtà che si ripete ogni volta. Quali sono le differenze tra gli anni ’50 e oggi, con le migrazioni dal continente africano?

Ogni migrazione porta con sé differenze riconducibili alla natura culturale dei popoli costretti ad affrontarla. Per il resto cambiano i nomi, i mari, le tratte, ma il ciclo è sempre uguale e si ripete dall’inizio della storia a noi conosciuta.

Registicamente cosa hai chiesto agli attori?

Ai miei bravissimi attori ho chiesto soltanto di essere sinceri, il nostro non è un teatro immediato ed a volte è facile perdersi nella ricerca. Ciò che però credo possa dare forza ad uno spettacolo (a prescindere dal suo genere) è credere in quello che si sta facendo. Creare un legame con chi ci guarda, crederci entrambi, è un lavoro che spesso occorre che si faccia anche da spettatore.

Voi venite dalla Campania, come vivete il mondo del teatro nella vostra realtà? Com’è visto dal pubblico?

Il teatro da noi è un qualcosa di profondamente unito alla nostra cultura. Sta a noi giovani intercettare la giusta strada tra tradizione e tradimento. Non sempre è facile affermarsi quando la scelta è storicamente immensa, se poi si aggiunge che la società odierna si basa sulla competizione e non sulla collaborazione, ne viene che noi neofiti dobbiamo faticare un po’ per creare la nostra realtà e venire fuori con essa. Credo comunque che questa sfida sia un’ottima palestra per noi.

Grazie per essere stato con noi!

Grazie a voi per l’opportunità di esprimere le nostre idee!

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Sissi Corrado

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