Parte a Trastevere La città di tutti
Tanta inclusività in progetti sul territorio, ne parlo con Marco Zordan
Dal 4 al 12 novembre il Teatro Trastevere diviene luogo di inclusione attraverso l’arte. Grazie ad un bando dell’Assemblea Capitolina, Sementi, del collettivo di artisti che lavoro al progetto teatrale Il mio segno particolare, nasce il progetto La città di tutti, una rassegna che accoglie tutti e animerà alcuni luoghi del quartiere Trastevere. Tra questi anche una visita guidata per le vie del quartiere, accompagnati da un guida in LIS.
C’è davvero una grande attenzione da parte di Marco Zordan direttore artistico del Teatro Trastevere e del suo staff, accanto a questi temi che toccano in maniera particolare, la sensibilità di molti. Grandi e piccoli spesso si sentono estranei anche se accolti. Modalità, tipi di intervento da scegliere, sono sempre molto difficili. Ma parlarne, accompagnare all’inclusione, da scuola o da semplici cittadini, diventa fondamentale. Ne parlo insieme a Marco Zordan, direttore del Trastevere e sempre in prima linea su argomenti ad intenso impatto sociale.
Il Teatro Trastevere da sempre ha basato la sua mission sull’accoglienza di tutti. Quest’anno per praticare l’inclusione è nata La Città di Tutti. Da chi è partita l’idea?
L’idea parte dal Bando dell’assemblea Capitolina “Sementi” e dallo spettacolo “Il mio segno particolare” sul tema dell’antifragilità che portiamo da 2 anni in giro in tutta Italia.
Cosa comprende l’intero progetto? Quali sono le possibilità di inclusione che avete preparato per chi parteciperà?
L’inclusione e nei temi soprattutto ma anche nelle modalità, abbiamo previsto degli interpreti Lis per le visite guidate e spettacoli ad ingresso gratuito dedicati a cittadini meno abbienti.
Il teatro è parte principale della stessa e luogo di inclusione per eccellenza, come vivete questo mondo e come lo trasmettete agli spettatori?
Cerchiamo sempre di mantenere il nostro Teatro come luogo accogliente non destinato ad un élite culturale o economica ma fruibile popolamento nell’accezione migliore del termine.
Qual è il fine principale della rassegna?
Creare un ponte tra le realtà che si occupano di inclusione e la sensibilizzazione artistica che possiamo fare attraverso lo spettacolo dal vivo.
Una parte principale della manifestazione è il coinvolgimento delle scuole, come rispondono queste alle richieste fatte da voi?
È stato molto commovente vedere gli elaborati video e grafici inviati dalle classi che hanno aderito. Uno spaccato di un lavoro quotidiano che restituisce l’immagine di una scuola viva.
E gli insegnanti, nonché dirigenti, come avvertono queste esigenze?
Le insegnanti avvertono la necessità di avere occasioni per lavorare su questi temi e questo premio sicuramente lo dà.
L’inclusione è una materia molto sentita non solo all’interno della scuola, nella quale esistono insegnanti che se ne occupano nello specifico, ma anche all’interno della società. Come affrontarla?
Per rispondere a questa domanda ci vorrebbero competenze trasversali che non ho. Da semplice Cittadino mi sento di dire che andrebbe deciso di fondare il nostro vivere quotidiano su questo ed altri valori simili, e tutto verrebbe da se.
Grande importanza e rilevanza darete alle associazioni che ospiterete serata per serata. Quali sono e come le avete coinvolte nel progetto?
Le associazioni sono molte, una per ogni serata. Abbiamo chiamato quelle che avevano attinenza alle tematiche degli spettacoli e abbiamo chiesto loro quale impegno a lungo termine poter prendere in modo che il nostro incontro non sia occasionale.
Quali potrebbero essere le parole che accompagnano l’inclusione e perché?
Uguaglianza, antifragilità, rispetto ed empatia.
Cosa ti aspetti dai partecipanti?
La volontà di creare, anche in maniera piccola e semplice, un modo diverso di comprendere l’altro.
Grazie per essere stato con noi!
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