Principe di Galles

Stiamo entrando nel vivo della stagione autunnale e tutti gli occhi sono puntati, interessati a ciò che sarà il trend di questa stagione. Per la verità, le proposte dei ‘fashioners’ sono innumerevoli, azzardate, innovative (si fa per dire!). Una vetrina vasta di gusti linee colori e proporzioni verso la quale il consumatore o il portatore sano di stile, mi auguro, riesca a puntare la sua attenzione per le cose che sposano bene il suo stile, la sua personalità.

Io filtro e pongo oggi il mio sguardo su una proposta di moda fatta e rifatta,  della quale  intanto riferisco della sua nascita, della sua evoluzione e mi permetto anche di suggerirvene l’uso.

Must have della stagione autunno inverno è il Principe di Galles (almeno per il nome una proposta moda aristocratica!).

Sappiamo essere un tessuto pregiato, pattern fatto da orditi e trame di filati di lana, cosi tessuti secondo schemi precisi da realizzare motivi a quadrucci.  Il principe di Galles è una particolare fantasia dei tessuti in lana, caratterizzata da un motivo a grandi riquadri in cui si alternano fantasie a quadretti più piccoli e Pied-de-poule. I riquadri possono essere “puri” o decorati con fili colorati, che ne delimitano il disegno e vivacizzano l’aspetto e lo stile.

Per conoscere le caratteristiche del tessuto Principe di Galles ci affidiamo al Dizionario dei termini della moda, il quale spiega che “i riquadri sono formati da una parte di pied-de-poule o di “effetto stella”, con una parte di millerighe o grisaglie con disegno damier, a catena o trama bicolore molto fitta con infinite possibili variazioni, in rapporti più o meno grandi, in armature diverse.

Adatto per la sua ‘mano’ a realizzazioni di completi maschili idonei alla stagione attuale. Nasce quindi per realizzare completi eleganti, ma in versioni anche sportivi, maschili, ma il suo corso evolutivo, ci permette  di utilizzarlo anche in altre versioni.

Ma dove, come e perché è nato?

Dobbiamo trasferirci in Inghilterra e nel 1800. La leggenda più accreditata dice in quell’anno, un gruppo di ricchi inglesi decidono di trasferirsi in Scozia.

Non potendo indossare i disegni dei clan locali (Giorgio IV chiese ai membri dei clan di vestire “colori e pattern” diversi quando partecipavano alle udienze), i nuovi emigrati adottarono come emblema distintivo del loro vestire un certo tipo di pattern a quadri, noto con il termine glenurqhart plaid, alias “quadrettato della glenurqhart. Con il tempo questo tessuto ha preso il nome di ‘glen plaid’ e chi faceva uso esagerato per la confezione dei suoi completi era Edoardo VII, titolato Principe di Galles e quindi da ciò il nome del tessuto.

Fin qua la storia. Il tessuto nel tempo è stato utilizzato non solo da nobili, ma da star del cinema, famosi imprenditori, artisti.

Ma analizziamo le proposte di quest’anno, certo, spero venga il tessuto utilizzato in modo nuovo e innovativo se no si rischia di lasciargli l’etichetta di qualcosa di classico e di palloso.

Tra le tante vetrine, scelgo quella di Alberta Ferretti, che secondo me ne ha fatto un ottimo lavoro, ma ha anche lanciato un messaggio importantissimo: ha preso il tessuto, lo ha spalmato, plastificato e quindi impermeabilizzato, creando soprabiti, caldi, funzionali, belli. Ne ha fatto pantaloni con tagli sartoriale che rispettano la figura sinuosa.  Partendo da un tessuto che nasce maschile, lo ha trasformato al femminile, quasi a voler lanciare un messaggio.

Nelle sue passerelle non propone più donne romantiche, vestite di fiori e con quel sorrisino che pare dire ‘sono fortunata perché questi vestitini me li regala il mio uomo’. La sua è una donna grintosa con uno stile multi sfaccettato, con l’animo della donna di oggi, incazzata con il mondo maschile che l’ha molestata, bistrattata, sfruttata, ‘oggettizzata’, e che con la sua intelligenza gli sta chiedendo di ristabilire un dialogo.

Questo può fare un vestito. E il messaggio deve arrivare forte e chiaro. E la donna deve coglierne ancora un altro più importante dalle proposte degli stilisti: ‘guardo, filtro e mi vesto della mia personalità’.

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Arianna Alaimo

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