Ripartiamo dai quartieri

Foto da web

Il commercio di abbigliamento e calzature al dettaglio è finito. Lo dicono i dati, lo dicono i gestori. 
Dal 2008, anno della recessione, al 2017, solo a Roma hanno chiuso 63.000 attività. E se i dati non vi convincono, fa tristezza sentire direttamente dai gestori Filli, Stefano e Andrea che ormai stanno alla canna del gas: il commercio al dettaglio localizzato in quartieri è morto. Respira ancora affannosamente la grande distribuzione dei centri commerciali, ma davvero manca poco anche alla loro fine. 
Sopravvivono alcuni negozi del centro storico la cui clientela è russa, giapponese, araba, ma non appena Salvini barrica le frontiere, moriranno anche loro. 
La colpa, è luogo comune sentirlo dire, è del commercio on line: Amazon (e non solo) ha schiacciato le piccole imprese. 
Ma prima di dare fiato alla bocca, bisogna analizzare oggettivamente i dati appartenenti al colosso. 
Da Amazon Italia rimandano le accuse al mittente e fanno sapere che “dal suo arrivo in Italia nel 2010, Amazon ha investito oltre 800 milioni di euro e ha creato più di 3.000 posti di lavoro. Questi numeri si traducono in milioni di nuovi prodotti disponibili per i clienti di amazon.it“. Quanto ai venditori, spiegano ad Agi, “migliaia di essi e di PMI italiane stanno facendo crescere con successo la propria attività utilizzando il marketplace di Amazon”. 

In totale di parla di “32.000, piccole medie imprese e professionisti hanno sviluppato la propria attività con Amazon Marketplace, Amazon Web Services e Kindle Direct Publishing. Con il numero dei venditori italiani che usano Marketplace che è più che raddoppiato nel 2016 (+136%) e l’export che ha raggiunto quota euro 250 milioni nel 2016 (165 milioni nel 2015)”. Nessuna concorrenza. Se la si sa cogliere – sostengono ancora – quella di Amazon può rappresentare una vera opportunità: “Nel complesso, gli artigiani che sfruttano la vetrina Made in Italy hanno visto crescere le vendite in modo significativo (+86%) nel 2017 su Amazon”. 
È vero che poi i dipendenti lamentano stili di lavoro di sfruttamento, ma le commesse all’interno dei centri commerciali guadagnamo meno di 700 euro mensili e non alzano polveroni nei riguardi dei loro datori di lavoro, ma sfogano la loro frustrazione con il cliente, trattandolo con sufficienza. 
Quindi dove sta la causa, cosa sta succedendo? La gente non ha soldi, è stanca di prodotti obsoleti e ripetitivi?  Le tasse e i canoni di locazione  schiacciano gli imprenditori? Io osservo molto e mi piace tastare il polso dei clienti e dalla mia macchina da cucire che trasforma capi vecchi o acquisti fatti in bancarella, ho capito che la gente è stanca, si con meno soldi è vero, ma con ancora la narcisistica voglia di acquistare, di vestirsi di nuovo. 
Quali quindi le soluzioni per far ripartire le attività di quartiere, affinché giri la moneta, la gente si sposti a piedi e riprenda a vestirsi con il sorriso sulle labbra? 
Più attenzioni e coccole al cliente: il commerciante deve ascoltare le richieste dell’acquirente, instaurare un rapporto di fiducia con lo stesso, capire cosa vuole, deve essere mediatore tra chi acquista e chi produce, non imporre collezioni nate da creativi alternativi, che per rientrare nei costi di produzione acquistano tessuti low cost  che non reggono il lavaggio in lavatrice, ma che poi investono in costosissime campagne pubblicitarie delle quali alla gente non interessa un fico secco. 
Il commerciante non deve essere solo un venditore,  deve accaparrarsi il ruolo di colui che detta legge ai brands della moda, deve riportare le richieste degli utenti, deve collaborare a monte con le case di produzione ancor prima che queste sfornino collezioni da passerella. Sembra fantasioso e surreale quello che dico, ma mettendo a punto i vari aspetti, non perdendo di vista l’uso della tecnologia e degli strumenti informatici, il commercio del quartiere può ripartire standardizzando sistemi che funzionino per tutti i quartieri, dove nessun commerciante sia concorrente di un altro commerciante, ma complementare, negozi che accontentino i gusti e le esigenze della clientela, che è grassa, magra, bassa, alta, ama il lungo e il corto, porta i tacchi e le pianelle, e allergico ai materiali acrilici e adora le magline, il nero è il colore preferito e le stampe a fiori e i pois non devono mancare nel proprio armadio. 
“I clienti, non i concorrenti decidono chi vince la guerra”. (Philip Kotler) 

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Arianna Alaimo

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