InCorti da Artemia 2025: Processori D’Amore

In scena il corto che parla di Hikikomori

Processori D’Amore scritto da Irene Ragnoni, regia di Francesca Scurti e Irene Ragnoni, con Irene Ragnoni, Matteo Caranfa e Davide Di Pol, è uno dei corti in scena al festival InCorti da Artemia 2025, ideato e diretto da Maria Paola Canepa direttrice artistica del Centro Culturale Artemia di Roma. Il festival divenuto una piazza importante del panorama teatrale italiano, presenta al pubblico corti che potranno divenire spettacoli e che si contenderanno le preferenze di pubblico e giuria presente in platea.

Benvenuti! Nel corto parliamo di Hikikomori, un fenomeno dei nostri giorni. Come ci si rifugia nell’irrealtà?

Davide: L’irrealtà è un concetto che appartiene a tutti. A chi non è mai capitato di sognare ad occhi aperti?  Magari su un autobus, con le cuffie nelle orecchie. Oppure leggendo un libro, doveci si può lasciare trasportare dall’inchiostro all’interno di mondi infiniti. Un film ci permette di sbirciare in una realtà fittizia che non ci appartiene, con la stessa illusione del sipario a teatro. Con le tecnologie moderne, questa fuga può essere ancora più vera perché ci può coinvolgere direttamente. Non siamo più uno spettatore di un mondo migliore, ma possiamofarneparte.

Questo ci permette di dimenticarci temporaneamente dei problemi della vita di tutti i giorni, di sentirci liberi da un sistema opprimente. Ma se fosse l’unica valvola di sfogo? Se la realtà fosse troppo soffocante e questo mondo digitale fosse l’unica fonte di felicità, anche se immaginaria? In Italia nel 2024 si sono stimati circa 66.000 hikikomori, e il numero è destinato ad aumentare. Questo è un chiaro campanello d’allarme di un problema sociale di fondo…

Irene: …Anche se può sembrare un fenomeno concentrato nei nostri giorni, l’essere umano nel corso della sua storia è sempre stato alla ricerca di mondi alternativi. Un luogo dove ci si può esprimere senza alcuna paura di essere giudicati o frenati nell’essere veri, credo che sia questo il motivo che spinge molte persone ad abbandonare il mondo reale.

Il protagonista Theo è ferito e stanco. Ma chi è in realtà?

Davide: Theo è l’incarnazione delle pressioni sociali, è il simbolo dei pensieri autodistruttivi, il sintomo di una società opprimente e senza vie di fuga. Theo è tuo fratello, tuo figlio, il tuo vicino di casa, quel ragazzo che a scuola parla poco, quell’amico che ti strappa la risata più bella della serata. Theo è quell’uomo che si vedrà regalati per la prima volta i fiori solo al suo funerale.

Chi sono gli altri personaggi?

Irene: Questo corto nasce con la voglia di capire come un amore leggendario potesse vivere nei nostri tempi: scelsi di dare una nuova visione al mito di Tristano e Isotta trasformando questa coppia in un manifesto di temi a me molto cari, come la salute mentale.

Iso incarna esattamente l’essenza di quella regina: potrebbe sembrare solo un “avatar” ma grazie alla figura di Theo lei rinasce staccandosi dal suo programma natale, iniziando a pensare, vivere e amare con una coscienza tutta sua.

Marco invece è il migliore amico che tutti si meriterebbero. Lui rappresenta l’amore, un amore che Theo purtroppo non ha mai visto come tale.

Matteo: La preoccupazione di Marco spesso lo porta ad arrabbiarsi con Theo. Ma in realtà vuole solo il bene per il suo amico, vorrebbe aiutarlo a uscire dalla gabbia che lui stesso si è creato e che, con il passare del tempo, è diventata sempre più difficile da aprire. Nonostante gli sforzi, a volte non si riesce a proteggere chi si ama e rimane solo quel profondo senso di colpa di non essere stati in grado di fare abbastanza.

E voi, vi siete mai sentiti stanchi e demotivati?

Davide: È una lotta continua. Una lotta che non finirà mai, ma che non ho intenzione di perdere. Invito chiunque altro sia nel campo di battaglia a cercare aiuto, non siete da soli. Una rete solida non vi farà smettere di piangere per sempre ma renderà ogni alba un po’ meno grigia, quanto basta per volerne vedere un’altra.

Qual è il vostro rapporto con i videogiochi?

Irene e Matteo: Sono sempre stati una grande fonte d’ispirazione, un mondo che ci ha appassionato fin dalla tenera età: la possibilità di vivere quei mondi immaginari è un’esperienza fantastica. Quindi il nostro intento non è mai stato portare le persone a demonizzare il mondo dei videogames.

Invitiamo tutti a porsi dei limiti, senza incatenarsi in una realtà fittizia come quella che purtroppo ha risucchiato Theo. I videogiochi sono in grado di essere dei buoni alleati e come in tutte le dinamiche di questo mondo, luce e oscurità coesistono, però bisogna ricordarci che noi possiamo scegliere se seguire la prima o la seconda.

Come vi state preparando al debutto sul palco di InCorti da Artemia e cosa vi aspettate da questa esperienza?

Francesca: Prove, prove e ancora prove! Tenersi in costante allenamento è fondamentale per portare sul palco la verità. Partecipare a questa esperienza rappresenta per noi un momento molto importante non solo dal punto di vista artistico, ma anche umano.

Sono eventi come questo che creano una rete solida di contatti e l’opportunità di conoscere altri attori, registi, persone con un bagaglio culturale e artistico differente dal nostro. Confrontarsi con altre personalità del nostro settore è l’arma vincente per poter continuare ad imparare, continuare a crescere, migliorarsi sempre di più.

Personalmente è la mia prima esperienza da regista e sono molto entusiasta di questo ruolo molto importante, spero che i miei compagni siano fieri di me tanto quanto io lo sono di loro!

Grazie e in bocca al lupo!

Irene, Davide, Matteo e Francesca: Grazie per l’intervista e grazie al Centro Culturale Artemia per averci permesso di prendere parte a InCorti da Artemia. Che sia l’inizio di una bella collaborazione tra tanti artisti diversi. Merda, merda, merda!

Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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