Approda a Roma Cecco l’orsacchiotto
Tiziano Manzini arriva a Roma con uno spettacolo per bambini
Al Centrale Preneste Teatro di Roma, domenica 21 gennaio, arriva da Bergamo Tiziano Manzini con lo spettacolo per bambini e famiglie, Cecco l’orsacchiotto, per la rassegna Infanzie in gioco.
Lo spettacolo andrà in scena alle 16.30 ed è ispirato alle Storie di orsacchiotto di Else H. Minarik. Uno spettacolo adatto ai bambini dai 3 agli 8 anni, ma apprezzato anche dai genitori. Uno sguardo sulle emozioni dei più piccoli che si rispecchiano negli adulti. Ne ho parlato insieme all’autore e interprete Tiziano Manzini, a cui diamo il benvenuto sulle pagine di CulturSocialArt.
Salve, lei sarà in scena al Centrale Preneste con lo spettacolo per bambini “Cecco l’orsacchiotto”, com’è nato lo spettacolo?
Lo spettacolo è nato all’interno del progetto “in principio era l’orsacchiotto” dedicato al rapporto fra il giocattolo “peluche” e il mondo dell’infanzia, portato avanti dalla nostra Compagnia nei primi anni 2000. Nello specifico lo spunto per questo spettacolo è stato il libro Il piccolo orsacchiotto di Else H. Minarick.
Il suo è uno spettacolo per bambini, come si scrive e costruisce qualcosa che deve interessare un pubblico giovanissimo, non abituato a spettacoli?
La domanda avrebbe mille risposte possibili, una per ogni singolo spettacolo. In questo caso ho tentato di trasformare, diciamo teatralizzare, il “gioco”. Non a caso il sottotitolo è quando il gioco diventa teatro. E infatti lo spettacolo è la presentazione di una serie di situazioni di gioco fra un adulto e il suo peluche preferito quand’era piccolo. Situazioni e giochi che abbiamo esplorato in laboratori a contatto con i bambini.
Tornando allo spettacolo, chi è Cecco l’orsacchiotto?
Cecco è il classico orsacchiotto di peluche che diventa l’amico con il quale giocare: quando non c’è a disposizione un amico in carne ed ossa; con il quale confidarsi, consolarsi, arrabbiarsi… per poi tornare in fretta amici!; con cui parlare ed ottenere le risposte che spesso gli adulti non vogliono dare.
Lei ha avuto un “Cecco” da bambino? Com’è andata?
Ebbene no! Non l’ho mai avuto. Ho avuto un’infanzia senza peluche…. Ma non preoccupatevi non è stata triste! Però sto recuperando, con i peluche, alla grande con il mio lavoro. Oltre a questo spettacolo ho preparato altri due spettacoli sempre utilizzando i peluche in scena.
Invece, ai piccoli spettatori, cosa piace maggiormente di Cecco l’orsacchiotto?
Io penso che emotivamente sia la disponibilità ad essere coinvolta in tutti i giochi, le avventure, le esperienze che il bambino vuole sperimentare. E, nel caso specifico dello spettacolo, tutte queste esperienze hanno un lato molto divertente e sorprendente. Quindi un’identificazione incredibile che rende Cecco, e di riflesso pure il sottoscritto, immediatamente amici, con cui rapportarsi. Non solo i bambini vorrebbero che lo spettacolo continui – e dura praticamente un’ora – ma anche il dopo spettacolo, i saluti diventano un’occasione di rapporto fra Cecco & Tiziano e i bambini.
Cosa resta agli adulti, di un Cecco? Lo si porta nel cuore o lo si dimentica e perché?
Io credo, (forse spero?), che nel cuore di ogni adulto rimanga sempre un poco di “amore per un Cecco”, perché significherebbe che la nostra parte “bambina” è rimasta. E, secondo me, un adulto è veramente maturo solo se è consapevole di avere ancora una parte bambina e di accettarla.
Lei è di Bergamo, ma farà il suo spettacolo a Roma, c’è differenza tra il pubblico della sua città e quello romano? Perché?
Cecco non è mai stato a Roma! Ed è felicissimo di venire nella Città Eterna. E anch’io sono sempre molto contento di poter tornare a Roma!!! Credo non ci sarà grande differenza nelle reazioni del pubblico. Ha già girato mezza Italia, dal Piemonte al Friuli, dal Trentino alle Marche, dalla Liguria alla Toscana passando per l’Emilia e ogni volta è sempre stato accolto con lo stesso entusiasmo. Forse perché i “bambini” (piccoli e grandi) sono uguali dappertutto ?
Quali sono, invece, le sensazioni che prova lei ogni volta che sale sul palco?
Quando entro in scena viaggio sempre su due binari paralleli: comunicare al pubblico quello che ogni spettacolo che presento propone sapendo che se io mi “diverto” (in senso lato, anche negli spettacoli magari più seri, di solito dedicati ad un pubblico più grande) anche loro potranno partecipare sia emotivamente che razionalmente alla storia, al tema, a tutto ciò che lo spettacolo propone. Quando sento che mi sto “divertendo” e che anche il pubblico si “diverte” (o partecipa, è coinvolto come dir si vuole) allora i due binari danno la possibilità al “treno” dello spettacolo di viaggiare con gioia.
Quali gli obiettivi che si prefigge per i suoi giovani spettatori?
Quello già detto prima: coinvolgerli emotivamente, e magari nel contempo parlare loro di tematiche anche importanti, senza mai considerarli come “piccoli spettatori” da accontentare con banalità o bamboleggiamenti.
Dicevamo il teatro per i bambini, quanta importanza ha quest’arte per i più piccoli?
Il teatro è “gioco”. Il gioco per i bambini è la prima fonte d’esperienza. Un “gioco-teatro” vissuto in diretta non è solo importante è diventato quasi una medicina da contrapporre alla comunicazione digitale imperante.
Cosa si aspetta dal teatro per loro, nel prossimo futuro?
Spero che chi continuerà a fare questo lavoro – diciamolo: io ormai ho l’età per essere un nonno! – possa continuare a dare al mondo dei bambini quello che il nostro settore, Il Teatro Ragazzi, ha dato in qualità e ricchezza di proposte in questi ultimi 40 anni. Purtroppo devo dire che ci sono alcuni segnali avversi. Alcune realtà produttive – quasi mai del Teatro Ragazzi – hanno cominciato a considerate le produzioni per i bambini come un semplice business, senza una vera vocazione o attenzione alle loro necessità.
Cosa si aspetta per lei, nel settore lavorativo, per il prossimo futuro?
Essendo come detto quasi un nonno, mi aspetto di poter continuare a proporre quello in cui credo e nel frattempo poter “passare” un po’ dell’esperienza accumulato negli anni a giovani teatranti!
Cosa augura al teatro?
Lunga vita! Ma che sarà così, pur con modalità che magari cambieranno, sono certo, visto che il Teatro sta resistendo da circa 2500 anni!
Grazie per essere stato con noi!
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