“Come gli Alberi Spogliati ad Aprile” è il secondo libro di Luca Pompei
Il terremoto del 2009 negli occhi di Luca Pompei
Il giornalista e scrittore Luca Pompei pubblica con la casa editrice Masciulli Edizioni, il suo secondo romanzo, “Come gli Alberi Spogliati ad Aprile”. Un libro che si distanzia dal suo primo lavoro, “La T@lpa Muta” un thriller, spingendosi nell’esplorazione di un evento che ha sconvolto la vita dei cittadini che hanno vissuto interamente il terremoto del 2009 e che ancora oggi ne portano i segni. Abbiamo chiesto all’autore di rispondere ad alcune domande sul libro.
Il titolo del libro “Come gli Alberi Spogliati ad Aprile” si rifà alla sua prima immagine della Statale che ha percorso per arrivare nelle zone colpite dal terremoto del 6 aprile 2009. Qual è stata la sua prima sensazione percorrendo quella via?
Una prima sensazione di totale smarrimento. Nella mia pur non breve carriera professionale non mi era mai capitato di affrontare una tragedia simile. In realtà non avevo proprio idea da dove cominciare, nonostante non abbia avuto alcuna esitazione a partire. Gli alberi totalmente sfrondati sul ciglio della Statale hanno rappresentato una prima immagine scioccante, seguita da altre ancora più pesanti come la lunga fila di persone in ospedale che chiedevano informazioni sui propri cari per verificare se erano nella lista delle vittime o meno, o il mesto esodo verso la costa come profughi di guerra. Da qui il parallelismo automatico tra quegli alberi spogliati non dall’autunno ma dalla forte scossa ed una nutrita comunità spogliata di tutto, della propria casa, delle proprie abitudini ed in qualche caso anche dei propri affetti.
Il suo libro non parte dal terremoto, ma dalla ricostruzione. Cosa hanno in comune i personaggi del romanzo?
Tutti i personaggi sono in qualche modo stati strappati dalle loro certezze. Anche chi non ha vissuto sulla propria pelle il dramma del terremoto, come il protagonista Bruno, avvocato romano in carriera alle prese con una complicata separazione dalla moglie e dalla gestione di un figlio con problemi comportamentali. Da questo traumatico distacco dalle consuetudini per tutti la necessità di un punto di riferimento dove aggrapparsi per ripartire. Ed è questa la “ricostruzione” che più m’interessa far emergere, piuttosto che la ricostruzione materiale…
La vicenda parla anche di corruzione. Lei si è documentato molto prima di scrivere il libro, ha intervistato gli abitanti del borgo Cosentino, ha ascoltato le loro storie e da queste ha costruito la sua narrazione. Cosa l’ha colpita, maggiormente, di tutto ciò che ha ascoltato?
L’elemento corruzione rappresenta una delle componenti romanzate del libro. Ciò che racconto è totalmente inventato, ma comunque ispirato a tante piccole grandi vicende torbide legate alle tentazioni speculative inevitabili in quello che da tutti è stato definito il cantiere più grande d’Europa. Detto questo nel mio esercizio di conoscenza ed ascolto degli abitanti di questo borgo, ciò che mi ha più colpito è stato il loro profondo amore verso il ricordo e la memoria, ma non come un nostalgico rimando a ciò che non potrà più essere, ma come un tenace attaccamento a ciò che nessuna scossa di terremoto potrà mai cancellare.
Tra i personaggi descritti, ce n’è qualcuno che le appartiene di più?
Il personaggio che più mi appartiene è decisamente Bruno, il protagonista, lui come me si ritrova da “estraneo” ad assorbire il dramma di un’intera comunità e da un’iniziale sentimento di indifferente distacco, non può che lasciarsi coinvolgere dalla grande dignità e fierezza di gente che vuole solo riaffermare una propria appartenenza ad un luogo, per quanto martoriato dagli eventi, ma comunque ricco d’identità e di storia.
Con questo romanzo ha anche collaborato con la fotografa abruzzese Rossella Caldarale, la cui foto è sulla copertina del romanzo: che cosa vi ha unito?
L’incontro con Rossella è stato casuale: io le ho raccontato del mio libro e lei mi ha raccontato del suo lavoro alla ricerca di luoghi abbandonati, di “ghost town”, ricchi di fascino e d’inquietudine, sotto certi aspetti. Luoghi svuotati da eventi vari, non solo dal terremoto, ma anche dall’inevitabile spopolamento che avviene, spesso, nei piccolo centri delle aree interne, anche in Abruzzo, ma che attraverso le proprie mura rivendicano comunque una presenza viva. Da qui il desiderio di collaborare in vista di un evento comune, in programma la prossima primavera, dove le riflessioni contenute in questo libro si andranno a sposare con le straordinarie immagini catturate dai suoi scatti.
Grazie per aver risposto alle nostre domande e buon lavoro!
Gli articoli pubblicati sul Blog sono scritti dai Soci dell’Associazione in maniera volontaria e non retribuita. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright CulturSocialArt