Doppio legame: uno spettacolo che lascia senza parole

Non c’è violenza fisica in questo spettacolo … ma c’è una violenza psicologica inaudita

Al Teatro Tor Bella Monaca di Roma, in scena “Doppio legame quando l’inferno uccide l’amore”, scritto e diretto da Antonella Salvatore e interpretato da Stefano Flamia e la stessa Antonella Salvatore.

Uno spettacolo che lascia senza parole. Si inizia in maniera soft, quasi noiosa: i due attori sono già sul palco all’entrata degli spettatori e hanno facce tristi, stanche, deluse. Con gesti, parole e mimica, raccontano di un incontro d’amore, di due persone innamorate e felici che si amano, si cercano, si trovano. Poi, poi uno sguardo, un regalo non accettato, una sensazione di fastidio, qualcosa si è incrinato, si è rotto. E li comincia il dramma.

Piuttosto che lasciarsi i due si battono, si soffocano, si cercano con rabbia, si amano con disperazione. Si fanno del male. Molto. Non c’è violenza fisica in questo spettacolo e nella vita dei due protagonisti della storia, ma c’è una violenza psicologica inaudita. Un serpente sottile, invisibile, che si insinua nella testa di lei, che comincia a vedersi come lui la vuole, bella, brutta, buona, cattiva. Che rinuncia a tutto per lui, ma lui le rinfaccia la rinuncia perché, “io non ti ho chiesto nulla”.

Già ma come li chiami allora i ricatti verbali, le sottolineature di incompetenza, le allusioni alla mancanza di forza, di talento, di capacità di fare? Un amore malato, una relazione dove quello che viene detto, non é quello che succede, dove i sentimenti sono preda della rabbia e dell’egoismo. Dove a volte il carnefice diventa vittima, dove l’altro è vissuto come una droga di cui non puoi fare  a meno, ma che ti porterà alla morte.

Lo spettacolo è molto bello. Gli attori veramente bravi, calati nei loro personaggi, credo abbiano saputo trasmettere agli spettatori i sentimenti drammatizzati. Tra l’altro dietro c’è un grandissimo studio. Sentimenti così violenti, denigratori, cattivi, non è facile recitarli, penso siano in grado di farti male anche solo a provarli sul palco.

La storia attualissima, purtroppo. Risucchia l’anima e pone domande. Esistono sul serio queste relazioni malate? Perché? Cosa spinge l’essere umano ad essere così meschino e ad accettare l’umiliazione? La ragazza fa spesso riferimento alla madre, che diceva che “amare è dire sempre sì” e, nonostante questo, si ritrova abbandonata e non regge al rifiuto, al non essere amata.

Ma che amore era? Si può chiamare amore l’obbligo a muoversi, parlare, fare cose solo come l’altro mi dice? Eppure tante sono le coppie che lo vivono, come si evince dallo spettacolo ispirato a storie vere.

La scenografia oltre ad avere delle cornici su cui i due tracciano segni legati ai loro sentimenti, nella vita scenica sono entrambi pittori, si arricchisce di mazzi di rose rosse, che diventano simbolo di amore e dolore, tradimento e gioia, gabbia e libertà. La rosa, il fiore più bello, ma pieno di spine. Bello, angosciante, toccante. Uno spettacolo che ti lascia dubbi e ti fa riflettere.

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Raffaella Monti

48 anni, una vita con i bambini ... degli altri, a raccontare favole e a gustarmi film e letture. E se c'è il lieto fine ... meglio!

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