Francesca Bruno: Legate da un arcobaleno
L’intervista a Francesca Bruno che ci racconta di Legate da un arcobaleno
È da poco uscito Legate da un arcobaleno, il primo romanzo di Francesca Bruno, insegnate, ingegnera, attrice teatrale e presidente dell’Associazione di teatro amatoriale La quarta scena di Nocera Inferiore. Un libro che parla di donne, di Napoli, di vita. Ne abbiamo parlato insieme all’autrice in questi giorni di caldo, di mare, di montagna, di vacanze, per entrare nelle dinamiche di una storia che ha per protagoniste due donne.
Legate da un arcobaleno è il nuovo libro di Francesca Bruno. Com’è nata la storia?
Bella domanda! In realtà ho scritto l’inizio del libro come se fosse un racconto breve. Era un periodo in cui viaggiavo molto in treno per lavoro. Spesso mi soffermavo a guardare le persone cosa facessero in treno e mi è venuto in mente di scrivere un racconto. L’ho fatto leggere a qualcuno e tutti mi hanno detto: “potrebbe essere l’inizio di un libro!”. Scrivo da quando sono ragazzina, ho iniziato con il diario personale a 10 anni, brevi racconti, poesie e questo libro è nato da solo. Qui ho iniziato a scrivere un racconto e mi sono trovata in una storia.
Chi sono le protagoniste?
Donne comuni! Io credo che tutte le ragazze, donne in età possano ritrovarsi in loro, questo perché, come mi piace dire, il progresso ha cambiato ogni cosa ma l’amore no! Una donna che soffre per amore, soffre nello stesso identico modo da sempre. Ce lo insegna la storia: una donna come Didone, mai sottomessa agli uomini, fondatrice di Cartagine, per l’amore non corrisposta di Enea si uccide con la spada del padre sull’altare funebre.
Due donne e due spazi temporali diversi, quali spazi le accomuna e quali le distingue?
Lo spazio che le accomuna è sicuramente l’amore sofferto. Le due storie paradossalmente, si svolgono negli stessi luoghi a distanza di anni. Le distingue la modalità, come il tipo di comunicazione tra i personaggi.
Abbiamo parlato di spazi, indaghiamo di più sui personaggi: cosa hanno in comune? Ci sono valori, caratteri che una vorrebbe dell’altra?
I personaggi hanno tanto in comune, anche se non lo sanno perché non si conoscono. Non credo che ci siano valori o caratteri che una vorrebbe dell’altra, più che altro la donna adulta vorrebbe porter mettere a disposizione di quella giovane la sua saggezza per aiutarla, ma… E va bene, per capire vi consiglio di leggere il libro se no svelo troppo!
Chi delle due rispecchia maggiormente Francesca?
Non è un libro autobiografico… ma non credo che si possa scrivere di sentimenti e sensazioni se uno non li ha provati…
Il romanzo racconta anche tanto di Napoli. Cosa ti lega alla città partenopea?
Un amore infinito! Ho la famiglia di mia madre originaria di Napoli. La nonna si trasferì a Nocera Inferiore durante la seconda guerra mondiale per la paura dei bombardamenti. Inoltre, quei luoghi mi sono nel cuore grazie ad una professoressa con la quale ho fatto la tesi di laurea, la prof Marina Fumo, che, dopo aver spiegato la teoria, ci portava in giro per Napoli a “vedere e toccare” ciò di cui avevamo parlato. È una zona che sento mia. Uno dei miei primi lavori è stato il rilievo del convento di San Domenico (a Napoli n.d.r.).
Nel libro c’è un episodio al quale sei particolarmente legata?
Due lettere: una delle prime presenti nel libro e l’altra da cui è tratta la frase di copertina del libro.
La narrativa è ricca di donne che, attraverso le loro storie, raccontano della vita, della società. Perché si sceglie di raccontare più di donne che di uomini?
Ma credo che sia legato al fatto che le donne nascono geneticamente progettate per diventare madre, passami il termine, e questo significa che sono più disposte a provare tutta una gamma di sentimenti legati all’amore e alla vita e non hanno paura di mettersi a nudo e raccontarsi. Gli uomini credo abbiano paura di amare e di mettere a nudo le loro vite.
Come ti senti da donna, protagonista della tua vita?
Con a volte parti che mi piace recitare e a volte no, ma vado avanti il mio motto è quello di Rossella di Via con vento: “Domani è un altro giorno e si vedrà”.
A chi dedichi o hai dedicato il libro?
A tutte quelle donne che soffrono per amore, con la speranza che leggendo il libro possano vedere le cose da una prospettiva diversa e che così possano, magari, salvarsi dal loro amore malato.
Grazie per essere stata con noi!
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