Intervista a Daniele Salvo, attore e regista

Abbiamo posto alcune domande a Daniele Salvo, attore, regista, vincitore del premio “Villarosa 2007” per la regia di “Giulio Cesare” di William Shakespeare andato in scena al Globe Theatre e del premio “Persefone” Teatro in televisione per “Un volto che ci somiglia – Viaggio nella Costituzione Italiana” (“Palcoscenico” Rai 2), ma anche con numerosi riconoscimenti, per il suo lavoro non di attore e regista.
Come vivi la doppia funzione di attore e regista?
Mah, sai, io ho lavorato tanti anni con Luca Ronconi e ho fatto delle cose anche importanti come attore e non solo con lui ma con tanti registi italiani e stranieri. Sono due cose completamente diverse. Nel senso che il regista ha una responsabilità collettiva, una responsabilità di tutto: della recitazione, delle luci, dei costumi, un lavoro completamente diverso. L’attore ha la responsabilità di se stesso fondamentalmente. Da qualche anno ho diradato un po’ la mia attività di attore proprio perchè l’attività di regista richiede una tale fatica, una tale dedizione, soprattutto nelle condizioni in cui si lavora in Italia perchè non sono le condizioni di Berlino o della Francia ma sono condizioni sempre molto difficili. Per esempio io non ho mai fatto e credo non farò mai, l’attore nei miei spettacoli perchè è una cosa che ritengo non sia possibile nel senso che o si fa bene una cosa o l’altra a meno che non si è Carmelo Bene, ma quello è un altro discorso. Mentre, invece, se si ha una visione registica allargata al testo, alla collettività, come nelle tragedie a Siracusa, è assolutamente impossibile quando hai un cast di 50 persone metterti anche a far l’attore, muori.
Qual è il ruolo che senti più vicino tra attore e regista?
Certamente la regia mi interessa di più perchè il regista ha un maggiore spazio creativo. L’attore molto spesso è la rotella di un ingranaggio e molte volte non ha un’autonomia creativa soprattutto se lavora per un regista che ha una sua visione precisa. Poi, meno il regista, diciamo, è preparato, meno ha una visione precisa e più l’attore è autonomo. Ma questo può essere anche un handicap perchè poi vediamo tante volte degli spettacoli dove ogni attore va per i fatti suoi, quindi non c’è un codice comune.
Il teatro di grandi autori e quello dei giovani. Roma è una città che offre la possibilità anche ai giovani di esprimersi, grazie a tantissimi piccoli teatri che possono rappresentare nuove opere, tu credi nella possibilità di queste piccole realtà?
Si, credo di si. Sono stati tanto vituperati i teatri romani. Certo, a volte si fanno anche delle porcherie assolute e assolutamente inutili, però, invece, ci sono anche alcune piccole realtà che propongono un teatro che altrimenti non si farebbe o comunque che producono dei testi che altrimenti non si farebbero nei grandi circuiti, perchè il grande circuito ha la necessità del pubblico, quindi deve fare delle operazioni diciamo accattivanti. Infatti Parigi è piena di teatrini, di cose interessanti. Diciamo che a Roma il livello è molto basso in generale, però ci sono delle felici eccezioni.
Come ti rapporti con la televisione e con i reality sul mondo dello spettacolo?
Io sono stato sempre molto intransigente, un po’ perchè vengo da Ronconi. Ho un’idea proprio pasoliniana sui reality, nel senso che li trovo disastrosi. La trovo un’idea assolutamente diseducativa perchè promulgano un’idea che tutti possono fare tutto. Quindi uno si sveglia la mattina e può fare l’attore, può fare il regista, ma non è così, perchè, per fare questo lavoro bisogna studiare tanto, bisogna sacrificare tanto, tante cose. Io sono partito a diciott’anni per andare in accademia a Roma. Voglio dire, non si diventa artisti facendo “Amici“, non è così. Io ho avuto la fortuna di avere un grande maestro come Ronconi o come Adreas Rallis che è stato un mio insegnante cipriota, straordinario. Però molti ragazzi di oggi non hanno avuto e non avranno, questa possibilità perchè maestri non ci sono più. Io sono molto critico nei confronti dei talent, perchè trasformano i giovani in prodotti. Vengono sfruttati i giovani, vengono illusi e poi buttati via, perchè tanto non si arriva da nessuna parte con quella roba lì. Se non una fama diciamo di qualche tempo che poi si esaurisce li.
Cosa consiglieresti ai giovani che muovono i primi passi nel modo della recitazione?
Sicuramente di andare a vedere tante cose ma anche all’estero. Soprattutto all’estero, perchè in Italia ci sono pochissimi spettacoli di vera qualità, pochissimi. Normalmente si fanno delle operazioni pilotate, dal consenso predeterminato, pilotato, fittizie, mentre invece all’estero si possono vedere cose straordinarie. E poi senz’altro di studiare tanto, di leggere tanto, di studiare la storia del teatro, di leggere tanti testi teatrali anche se si vuol far cinema, di vedere tanti film e soprattutto di confrontarsi con la poesia alta, con tutto quello che è arte. Perchè uno se vuole far l’attore deve conoscere la pittura, deve conoscere la scultura, deve conoscere le arti plastiche, l’architettura, non può essere a digiuno di queste cose perchè altrimenti si ha una competenza settoriale .
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