La compagnia Sasiski: I Nuovi Comici Dell’Arte
dei personaggi se ne sentono le voci, le risse in strada, i sospiri amorosi, i melodiosi battibecchi, le serenate, i duelli
All’Auditorium Seraphicum di Roma è andato in scena “Gli sposi promessi” spettacolo teatrale ispirato al famosissimo romanzo manzoniano riadattata e diretto da Carlo Boso.
Il nome del regista, non a caso, vista la sua lunga carriera che lo vede spesso docente di molteplici stage nazionali e internazionali focalizzati sulla trasmissione e ricerca dell’antica Commedia Italiana, ci trasporta immediatamente nella Commedia Dell’Arte, ed è proprio con questo linguaggio che prendono vita su un palco di legno con delle quinte adattate, dove gli elementi scenici sono un baule, due cassapanche e un fondale rosa, (che non è altro che un tendone con due tagli che ricordano delle finestre), le pagine più belle della letteratura italiana.
Pagine così tanto studiate nei licei ma non sempre apprezzate, qui si materializzano, diventano vive, e dei personaggi se ne sentono le voci, le risse in strada, i sospiri amorosi, i melodiosi battibecchi, le serenate, i duelli, in un modo nuovo, spostato di tono, in uno stile che ha del bizzarro, e così nella casa del curato Don Abbondio, come nell’agiato salotto di don Rodrigo, nel comizio a Milano come nell’ambientazione lacustre e notturna nella quale Lucia decanta il suo “Addio ai monti” si sente subito il palcoscenico, e nei personaggi gli attori … e, attraverso quelle maschere di cuoio nelle quali gli attori sono ingabbiati, viene fuori tutta la loro umanità, le loro facce, che somigliano a persone, ma a differenza di questi non cadono mai nel pessimismo.
Davanti al pubblico questa compagnia di veri professionisti, la compagnia Sasiski, formata da otto elementi, è capace di trasmettere quell’essenza teatrale, comica, fatta di formulari, ereditata da quei Comici Italiani Dell’Arte che hanno insegnato a recitare tutta l’Europa.
Pur mantenendo la trama quasi invariata del romanzo originale, essi portano in scena uno spettacolo nuovo, ed ad un occhio attento probabilmente ispirato di più alla prima stesura del romanzo “Fermo e Lucia”, non a caso troviamo dei personaggi ivi appartenenti, un esempio su tutti L’Innominato che sarà chiamato in tutto lo spettacolo il Conte del Sagrato, così come la scelta linguistica di far parlare ai personaggi non il toscano, come il romanzo canonico vuole, ma piuttosto allo stesso modo della prima stesura mai andata alle stampe, vari dialetti, (Don Rodrigo parlerà quindi napoletano con inflessione spagnola, Don Abbondio il barese, Perpetua romano, Agnese bresciano ecc.) tutto ciò ci fa notare ancora una volta uno studio certosino sia del testo processato così come della materia “commedia dell’arte” nella quale le maschere sono caratterizzate appunto da un gergo prettamente regionale.
Lo spettacolo introdotto dal prologo (da un bravissimo Maurizio Lucà) che poi diverrà Fra Cristoforo, guiderà la narrazione fino a quando egli stesso non diverrà personaggio. Magistralmente il regista gioca con l’uso della maschera, non si può non notare come abbia liberamente deciso di non farla indossare ai personaggi religiosi, (considerata questa dalla chiesa demoniaca) ciò nonostante rimane immutato il loro movimento che non appare mai in conflitto stilistico con gli altri che invece la indossano.
Riconosciamo quindi nelle maschere tutte di pelle, quelle dei servi che pur allontanandosi iconograficamente da quelle degli zanni tipici del 500, ne mantengono il ruolo e le caratteristiche mimiche e linguistiche, così come quelle dei vecchi e degli innamorati ma su tutti risalta quella di Ballanzone (o Dottore) prestata al personaggio dell’azzeccagarbugli, anch’esso uomo di legge proprio come la sua maschera, e come questa , caratterizzato da una certa verbosità, tendente a infarcire i suoi discorsi con citazioni latine, presuntuoso e a suo dire “intenditore di tutto”.
Le musiche e i rumori dal vivo e a vista, creati ora da una tamorra, ora da un Kazoo, ora dal rullante, ora dai vari campanelli e campanacci, coerenti ancora con lo stile della commedia, rendono lo spettacolo sonoro e dinamico.
Coraggiosa la scelta di inserire nel testo richiami alle problematiche attuali sempre in modo ironico e senza mai forza la mano, specie quando si parla di stupro o di potere dei governanti sul popolo.
Belle le scene di lotta (curati dal maestro d’armi Massimiliano Cutrera), ottimo il ritmo sia attoriale che coreografico, esilaranti i siparietti, vanno menzionati tra questi sicuramente quelli tra i Bravi (Alessandro Blasioli e Giancarlo Commare e Piergiorgio M. Savarese), specie durante la lotta con Lucia (Giulia Nervi), non si può non fare un plauso ai due attori Vincenzo Ciardo e Domiziana Loiacono che interpretano magistralmente i personaggi di Don Abbondio e Perpetua riuscendo sempre a strappare la risata, originale la scelta di scimmiottare le telenovela attraverso i termini e le ripetizioni spagnoleggianti di Don Rodrigo portato in scena ancora una volta dal poliedrico Piergiorgio Savarese.
Tutti e nessuno escluso gli attori andrebbero menzionati in quanto non vi è nessuna discrepanza tra di loro, non possiamo non sentire anche in questa circostanza la mano del regista che come un vero “coràgo” concerta sotto la sua guida lo spettacolo di questi nuovi Comici Dell’Arte.
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