Recensione: Con il naso all’insù
nella sua drammaticità lascia un senso di speranza
Con il naso all’insù è un monologo scritto e interpretato da Andrea Zanacchi e diretto da Antonio Grosso, andato in scena al Marconi Teatro Festival di Roma, in prima assoluta.
Il protagonista dello spettacolo è un senza tetto che vive per la strada e mantiene un dialogo con un ragazzino, al quale racconta, ricordando, alcune fasi della sua vita che coincidono con l’evolversi della storia, non solo musicale e dello spettacolo, ma anche delle mille vicissitudini che attraversano l’Italia. Sì, perché il racconto del povero barbone, rispecchia l’andamento della vita politica e sociale del nostro bel paese, la raffigurazione di un modo di vivere che prima appariva normale e che oggi,invece, ha tutto un altro senso. “Come si cambia”, citando una canzone, sembra proprio il motivo principale del testo portato in scena da Zanacchi.
In scena alcuni bancali che trasformano, all’occorrenza, il palco, per portare un letto, un marciapiede, una strada, ma anche per riportarci in un mondo che appare, al tempo stesso vicino e lontano. Ma anche la presenza di una violoncellista che suona sul palco, accompagnando la storia.
Sul palco del Teatro Marconi, un bravissimo Andrea Zanacchi che emoziona in ogni sua parola, fa vivere e rivivere ciò che racconta, guidandoci nella sua narrazione. Non si può non immergersi nel mondo rappresentato e trovarsi a soffrire, gioire, ridere, rammaricarsi con il personaggio. Una grande prova non solo a livello attoriale, ma anche a livello emotivo che traspare durante la rappresentazione in maniera decisa. Un testo che nella sua drammaticità lascia un senso di speranza, anche nelle parti ironico-drammatiche portate sul palco.
Una bella prova segnata anche dalla regia di Antonio Grosso, guida e suggeritore di un intenso lavoro che dalle pagine scritte, si riflette sul palco.
Sicuramente un testo di cui si sentirà parlare ancora per molto tempo.
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