Accordo Ue Turchia: una mancanza di diritti

Immagine da web
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L’Unione Europea prova a fare un accordo con la Turchia sulla questione dei migranti. Da quando i profughi hanno cominciato a scegliere la via della Turchia, richiamati dalla sua ospitalità, questa ha preso piede nella scacchiera della questione migranti. Ricordiamo tutti quando lo stesso Erdogan ha dichiarato che tutti i profughi siriani sarebbero stati accolti dal suo paese, ed ora la via più facile per l’ingresso in Europa, sembra passare proprio dal paese turco. Attraverso quest’ultimo, infatti, è possibile arrivare in Grecia attraversando l’Egeo, meno rischioso del Mediterraneo, e continuare il viaggio per la meta più ambita, quella dei paesi del nord Europa.

La questione migranti, però, che sta sul tavolo delle discussioni europee ormai da anni, rischia di diventare una spina nel fianco della stessa Ue. I primi accordi presi con la Turchia, infatti, richiedevano il rimpatri dei clandestini non aventi diritto di asilo, attraverso un pagamento di 3 milioni di euro per le spese che lo stato turco si ritroverebbe ad affrontare ricevendo indietro chi ha oltrepassato illegalmente i confini europei.

Un accordo che vede la partecipazione della Turchia, da un po’ di tempo alleata degli Stati Uniti e della stessa Ue, contro il regime di Assad in Siria e contro l’Isis alle porte del confine turco. Ma le cose non sono sempre così chiare e devono essere analizzate dal contesto retroattivo.

In passato alla Turchia fu posto il veto per entrare nell’Unione Europea, a causa delle sue leggi che delimitano la libertà degli uomini, in primis la libertà di stampa, e altre che non consentono a un paese di far parte dell’unione perché non rispecchiano la Costituzione approvata degli Stati membri. In molti, come l’Italia, erano favorevoli all’ingresso della Turchia, spalleggiati da accordi economici che hanno consentito la crescita dei paesi e il risanamento di quelli in crisi. Ma il percorso della Turchia fu bloccato proprio a causa delle sue incoerenti leggi interne, con quelle della Ue.

Poi i fatti di cronaca hanno continuato ad evidenziare una politica dittatoriale da parte del governo di Erdogan, tra l’altro accusato dalla Russia di rapporti con l’Isis ai quali venderebbe petrolio, ma anche di tanti misfatti da parte degli oppositori. Non a caso, dopo le numerose manifestazioni finite nel sangue, la più famosa quella di Gorky Park, dove numerosi giovani oppositori al regime sono finiti in prigione, il regime ha intensificato il suo lavoro chiudendo, uno alla volta, tutti i giornali che si opponevano al regime. Non solo, ma si è continuato a fare un lavoro di pulizia, incarcerando giornalisti e oppositori e in alcuni casi, uccidendoli, come è avvenuto con l’attentato a Tahir Elci, considerato dagli oppositori del governo, un omicidio di regime, visto che l’uomo era stato arrestato per aver “giustificato” il seguito popolare che ha il Pkk nel paese.

La limitazione di libertà di stampa, la pena di morte, ancora in vigore nel paese turco e tutta una politica dove lo stesso presidente turco mantiene i poteri quasi assoluti del suo stato, hanno minato e continuano a minare la possibilità che la Turchia entri a far parte dell’Ue. Fino ad oggi.

Forte della paura del diverso, così temuto dall’Ue, la Turchia, entrando a far parte della scacchiera del Mediterraneo, ha alzato il tiro. Di soldi europei, per riprendere i migranti, ne vuole il doppio, 6 miliardi di euro. Non solo, ma i suoi rimpatri non avranno effetti retroattivi, cosa che interessava l’Europa, più di tutto, visto che non riesce a gestire i rapporti fra tutti gli stati membri. Le richieste si sono poi concentrate in proposte del resto assurde che l’Ue, però sta valutando: per ogni migrante riaccolto, l’Ue deve accogliere un cittadino turco, inoltre la stessa Turchia vuole una via preferenziale per entrare a far parte dell’Unione Europea.

L’assurdo, in questo caso, è che i capi di stato europeo, stanno prendendo in esame la richiesta che arriva dal governo di Erdogan, condita dalla minaccia di lasciare aperti confini e permettere a tutti di passare attraverso la Turchia per entrare in Europa, la stessa minaccia che era stata fatta dalla Libia all’Ue se questa non avesse fatto giungere aiuti economici al paese.

La capacità europea di lavorare economicamente e socialmente su un problema così evidentemente “sgradevole” viene meno di fronte al veto e all’opposizione di paesi dell’Ue che hanno, solo di recente, una storia di immigrazione clandestina proprio attraverso l’Europa. E mi riferisco alla Romania, Ungheria, Polonia, ecc., stati che fino a prima del loro ingresso nell’Ue fornivano una grandissima quantità di clandestini. E poi, non sarebbe meglio accogliere chi fugge dalle guerre e dalle carestie, da paesi realmente in difficoltà economica, uomini e donne che hanno fatto un viaggio infinito per raggiungere la meta. Persone che non hanno nulla, invece di accogliere, sotto ricatto, cittadini turchi? Se il problema dell’Europa è il numero dei cittadini, che differenza fa da quale paese arrivino?

E per ultimo, ma davvero questa è l’Europa che vogliamo? Un insieme di stati che non riesce a coordinarsi e che non ha una politica unitaria sulle grandi crisi, con un coordinamento che si spacca e dove, alla fine, ogni stato fa quello che gli passa nella mente infischiandosene altamente delle direttive emanate dalla stessa Ue?

Lo sgretolamento dell’Unione Europea sta davvero cominciando e non a causa dell’economia, come in molti vorrebbero farlo passare, ma a causa di quelle politiche sociali che avrebbero, invece, dovuto essere una delle carte vincenti della stessa nuova Europa. In questi anni, la corsa all’allargamento dell’Europa all’est, verso stati che provenivano da una cultura totalmente diversa da quella occidentale, la voglia di far vedere una crescita in un’unione a 12 che ancora era da consolidare, ha fatto venire meno lo spirito reale del progetto europeo, facendo rimanere in piedi solo un mero progetto economico/bancario.

Non è un caso che l’ONU bocci la risoluzione che l’Ue vuole approvare con la Turchia. “Un’intesa” sulle espulsioni collettive di stranieri “verso un Paese terzo non è in accordo con il diritto europeo e internazionale. Dovremo vedere quali saranno le garanzie. Non posso credere che l’Unione europea raggiunga un accordo di riammissione verso un Paese terzo con meno garanzie di quelle previste per la riammissione in un Paese dell’Ue“. Ha dichiarato il direttore dell’Unhcr per l’Europa Vincent Cochetel sull’intesa tra l’Ue e la Turchia sui migranti.

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Sissi Corrado

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