Ambiente urbano e arte senza autorizzazioni: Galleria Pasa a Roma
Le stampe esposte, tipo manifesti, si riferiscono a situazioni sociali e politiche, sia Urbane che Internazionali
Nuovi spazi per l’arte contemporanea: ormai la rigenerazione urbana, necessità ma anche scelta di gusto, porta al consapevole riuso di spazi in degrado, affascinanti esempi di archeologia industriale che riprendono a vivere grazie alla moltitudine di visioni che sanno suscitare. Un hangar in periferia è un posto perfetto per ospitare un museo, così come spazi più piccoli in città, appartamenti privati che diventano luogo di ricerca e scoperta d’arte, tramite le gallerie che vi si stanziano.
Tutto può funzionare. Dopotutto una galleria con vetrine in stile anni ’50, potrebbe sembrare troppo sfacciatamente commerciale, quando oggi invece l’idea di scoperta e di unicità é un feticcio: i social sono l’esempio perfetto di come sia accattivante confidenziare con qualcosa di privato. Similmente, ogni sorta di teoria complottista attecchisce bene oggi, perché regala l’illusione di una verità svelata a pochi.

Tornando all’arte, resta indubbiamente strategico per il mercato seguire le tendenze, veicolando con mezzi appropriati le opere. Così per gli artisti resta una cifra stilistica di stampo avanguardistico: scimmiottare il mercato e il sistema ufficiale, magari sfacciatamente. Inserirei in questa categoria l’attività bizzarra di Galleria Pasa, che a Roma approccia l’ambiente street burlandosi delle appunto delle istituzioni artistiche.
Galleria Pasa é un momento di attacchinaggio sotto il traforo di via Cavalleggeri, una galleria perché espone arte forse, ma senza dubbio il conosciuto tratto stradale della Galleria Principe Amedeo di Savoia-Aosta, da cui l’acronimo Pasa. Senza alcuna aspettativa si cammina (lungo il lato Gianicolo) nella la luce bassa del tunnel con il caos assordante dei mezzi pubblici, ed è così che capita di imbattersi in stampe appese lungo la parete. Tendenzialmente, la tematica é sarcastica, velatamente dissidente.

Le stampe esposte, tipo manifesti, si riferiscono a situazioni sociali e politiche, sia Urbane che Internazionali, dandone una visione sarcastica. Guerre nucleari, capitalismo, multinazionali, trattate con illustrazioni intrise di una critica ironica. Non passano inosservate, dato che spesso vengono staccate nel giro di qualche giorno (chissà magari un attento collezionista, o forse solo qualcuno contrario a chi è fuori dal coro).

L’incontro è simile a quello dell’enigma di Isidore Ducasse, ombrello e macchina da cucire che si incontrano sul tavolo di un obitorio: puzza di smog e liquami di varia natura, ambulanze a sirene spiegate in direzione Santo Spirito in Sassia, aria di fine del mondo, e poi nell’angosciante slalom sensoriale ci si volta al momento giusto e viene voglia di fermarsi a fare una foto. Nonostante l’arredo urbano sia esattamente quello poc’anzi descritto. Ad accoglierci, forse, il poster che ci invita ad una buona visita e visione, e che recita gli intenti della galleria: una Poster Art senza aspettative.
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