CasaOrfeo grembo(lognese) d’arte

Una tre giorni di performance, mostre fotografiche, interventi teatrali e musicali tenuti all’interno di questo appartamento a sua volta parte di un palazzo seicentesco

Si è tenuto a CasaOrfeo a Bologna dal giovedì 31 gennaio al sabato 2 febbraio l’iniziativa Nostòs nell’ambito del Bologna Art Week 2019. In particolare, Nostòs è stata promossa nel circuito SetUp Plus da SetUp Contemporary Art Fair.

Non abbiamo potuto assistere a tutte le iniziative, l’unica è quella del 2 febbraio (sulla pagina dell’evento linkata, si può agevolmente avere contezza degli artisti partecipanti e partecipati).

Una tre giorni di performance, mostre fotografiche, interventi teatrali e musicali tenuti all’interno di questo appartamento a sua volta parte di un palazzo seicentesco (pare che fosse un ex convento di monache) con affreschi in bella mostra nel parcheggio condominiale (vedi foto affreski), palazzo sito in via Orfeo appunto, via storica della città dal nome quanto mai evocativo… (che la via si presti a questo tipo di iniziative o come dire le evochi lo dimostra anche l’esperienza di OrfeoTv un esempio di street tv. CasaOrfeo è animata da Anna, Veronica e Massimo tre persone fantastiche, che hanno deciso di aprire la loro casa alla creatività: lo spiega bene Massimo nelle interviste smartphonate che gli abbiamo posto (vedi interviste a Massimo Cara), in cui Massimo spiega sia in dettaglio cos’è Nostos, sia lo spirito di CasaOrfeo. Una iniziativa di cui si sentiva la mancanza a Bologna, come ci ha suggerito Gianluca Beccari videomaker che ha lavorato anche con Bill Viola la massima autorità (o forse la più mediatica) della video-installazione a livello globale: l’iniziativa di CasaOrfeo gli rievocava (nostalgicamente?) i bei tempi andati quando queste situazioni erano la norma a Bologna. Non si tratta certo di un cambio di marcia purtroppo… non crediamo… viviamo in epoca confusa o, meglio, in un’epoca che è mischiaggio” di epoche… c’è stata una esplosione temporale, qualche problema al tempo e dunque tutte le epoche storiche coesistono e dunque c’è un iper-presente che fagocita tutto compreso se stesso, e ciò in sé non è giusto o sbagliato. Però questa esperienza di CasaOrfeo nel suo piccolo può essere utile, forse lunico modo di uscire da questo eterno presente è un evento distruttivo che rimetta in discussione le gerarchie o a vincere saranno sempre gli stessi, ma ciò che conta è fare operare creare, soprattutto creare centri auto-determinati in rete con altri che sfuggano agli “algoritmi preordinati dei luoghi di fruizione”. In fondo a furia di dire che il teatro doveva uscire fuori dal teatro, ciò si è verificato e dunque che senso ha stracciarsi le vesti perché la “gente” non va a teatro? Il teatro (parlo del teatro, visto che lo conosco un pelino meglio rispetto ad altri media, ma si può estendere questo discorso a tutte le forme artistiche performanti, ma anche alla scrittura, perché no) va fatto dove si fa, dove ci sono le persone. Un po’ come per l’audiovisivo: il cinema-cinema è un po’ la cappella gentilizia dei nobili e dunque sopravviverà (sempre che il luogo cinema non venga vieppiù dopato: dal dolby al 3d al…?). Si tratta ormai di porre la questione di una estetica dei luoghi di fruizione che vanno inglobati nello spettacolo (ma già si fa, sto scoprendo acqua calda ovvio), fin dalla elaborazione del testo… Negli ultimi anni invece c’è come una sorta di reflusso istituzionale… mi pare (forse per reazione difensiva da parte di chi del teatro per il teatri ci vive, ci campa). Dunque ben vengano iniziative come quelle di CasaOrfeo e che ne nascano altre ne nasceranno altre sicuramente son necessarie c’è sempre qualcuno che trama nell’ombra (Sollers). O forse semplicemente possiamo solo giocare senza alcun obiettivo futuro (ma questo non è il postmoderno? E non l’avevamo superato?).

Per la serata del due, quella cui abbiamo assistito, giusto per dare consistenza a volti e nomi, citiamo la performance di Federica Terracina che ha celebrato a suo modo le persone comuni sempre capaci di diventare “eccezionali”: anche chi fa un lavoro pesante come quello di addetta alle pulizie (fare i servizi a Napoli è fare le pulizie) può regalare agli altri la sua eccezionalità e unicità (e viceversa), così come lei stessa dice in questa bella intervista di Claudio Carfora la bellezza è in tutti noi. Poi, Partitura l‘interessante performance del duo Carolina Cappelli e Michele Petrosino – giovanissimi e che si sono conosciuti artisticamente da pochissimo – ha performato in modo originale la onnipresente dialettica a volte dolorosa di partire-tornare, restare-sparire: senza scadere né nel patetico individualizzato (ah lo storytelling…) né nell’algido concettualismo (il perenne elitarismo culturale). Dalla performance ai disegni dell’illustratore Federico Bria che “concludono” schizzi e scarabocchi di amici, parenti e dunque interazione massima tra pubblico e artista (bel concetto di base). Di nuovo al teatro (stavolta più “classico”): LA PROROGA con Martina Scordino e Michele Onori, basato appunto sul fuori e dentro una casa: lui che è il proprietario che viene a esigere l’affitto e lei che gli dimostra come la proprietà privata alla fine sia un modo per non assumersi le proprie responsabilità, sottile… bravi (entrambi provengono dalla scuola teatrale di Bologna, quella famosa, ufficiale, Galante-Garrone, fucina istituzionale di talenti che poi trovano, spesso, nei nodi fruitivi cittadini fuori algoritmo i loro palcoscenici: crederci di più dunque!). Segnaliamo poi le belle foto di Filippo Taddei sul Game, che poi è il Gioco (a massacro) cui molti esseri umani sono costretti per cercare un luogo migliore in cui vivere: ai confini della Serbia e del Montenegro aspettano un passaggio per il mirabolante mondo occidentale. Taddei per realizzare il suo reportage ha vissuto su quel confine e questa immedesimazione con i migranti ha dato alle sue foto autenticità e originalità di sguardo (tra l’altro le foto linkate degli altri artisti sono per lo più sue). Sempre sul visuale, il Gianluca Beccari di cui sopra con Sileno, video-installazione con la diretta streaming da piazza Sintagma ad Atene fa pendant l’immagine di un Sileno: un cortocircuito affascinante tra presente e passato, reale e virtuale. Pasquale Faraco, poi, del collettivo MaF – Massa a Fuoco con JeCar’ ha offerto una personale versione del mito di Icaro.

Infine, ultimo ma non ultimo, durante la serata abbiamo conosciuto l’esperienza di Scarto Cocktail Bar associazione zero waste che utilizza solo materiale organico anche per bicchieri e piatti (oltre che per bebida y comida).

Insomma questa esperienza di CasaOrfeo è fantastica, “adda continuà”. Speriamo si intrecci con esperienze consimili: un’esperienza-grembo nel cuore di Bologna. A modo suo una forma d’arte. Oggi più che di arte c’è bisogno di luoghi dove incontrarsi dal vivo (e da vivi).

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Ambivio Turpione

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