Cùntami di Giovanna Taviani al Festival di Venezia
Giovanna Taviani ci porta nel mondo dei narratori siciliani moderni
Cùntami è il film che Giovanna Taviani ha girato in Sicilia presente alla Mostra Internazionale D’arte Cinematografica di Venezia nella sezione Notti Veneziane – Giornate degli Autori. Il film racconta dell’ultimo narratore, menestrello siciliano, Mimmo Cunticchio, della sua eredità lasciata a chi, come lui, ha deciso di continuare questo antico mestiere. Il loro è un modo per raccontare attraverso la voce, le marionette, i pupi siciliani, le storie epiche, da Ulisse a Orlando e, in molti casi, adeguandole alle storie moderne, dove mafia cattiva politica si mischiano ai racconti delle balate antiche.
Il film comincia con il mare limpido siciliano, all’interno del quale fluttuano i pupi che lentamente scendono verso il fondo e si ascolta la voce narrante che ci immerge in quello che è il film, in quella che è la figura del narratore siciliano. Mimmo Cunticchio è un uomo, che ha vissuto con la famiglia, che costruiva pupi e portava in giro questi spettacoli, per poi imparare il mestiere del narratore, arrivando a insegnare il suo modo a chi, come lui, ha deciso di continuare ad essere la voce della storia, a chi risponde alla richiesta “cùntame”. Da qui parte un viaggio all’interno della Sicilia su un furgone rosso dove c’è posto per i pupi e per quello che i nuovi narratori orali portano con loro insieme alla tradizione del cunto e del cantastorie.
E quello che ne esce fuori è una Sicilia che vive tra la modernità delle auto, della tecnologia e quella del carretto che va in giro con i pupi, compagni di viaggio. Lo stesso Cunticchio chiama per nome ogni suo pupo, perché non sono mai stati per lui delle bambole o degli oggetti, ma i personaggi delle storie che raccontava, amici a cui confidare qualcosa. Insieme a lui ci sono i narratori odierni che rendono personale il loro modo di approcciarsi alle storie, colpiti dalle vicende della vita personale o sociale. Ed ecco che tra Orlando, Ulisse, Enea, compaiono anche le vicende di Peppino Impastato, compare la radio, mezzo utilizzato per diffondere notizie a carattere sociale. Perché c’è anche un’altra Sicilia, quella che si risveglia con la forza delle storie popolari del passato per raccontare il presente.
Ciò che accompagna i narratori, oltre alla lingua siciliana, è la musica, le arie della lirica, così incisive nelle storie dei pupi siciliani, o nelle storie dei narratori, tanto da avvolgerle nel loro manto di dolore, tristezza, impeto, rabbia, gioia, amore. Il tutto viene presentato attraverso la splendida scenografia che regala la Sicilia, terra di antichi sapori, con i suoi scorci e panorami che si affacciano sul mare o sui monti, le città lasciate morire rappresentate da quelle case abbandonate, le vie che si aggrappano su quella terra martoriata dalla mafia. Ogni passo che i narratori compiono, si riflette nelle storie, come fanno i siciliani stessi. Un road movie poetico che ci accompagna nella scoperta o riscoperta di una delle arti più antiche del mondo che resiste con forza nell’isola siciliana.
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