Daniel Pennac, tra letteratura e lezione di vita
È di sicuro la punta di diamante del Narni Città Teatro di questa edizione
La partecipazione ai festival implica uno sforzo umano e culturale maggiore, se, naturalmente, si vuole partecipare con la voglia di scoprire, imparare, osservare, ciò che avviene, i cambiamenti, le sperimentazioni. I festival servono a questo. E le albe? Anche quelle sono una delle meraviglie dei festival, che di norma, si svolgono in posti bellissimi, artistici, luoghi di villeggiatura o ricchi di storia e quindi, potenziali panoramiche di tramonto, ma anche di albe particolari.
L’alba dell’ultimo giorno del Narni Città Teatro è delle più belle. In genere si va a dormire alle 2.00 e ci si sveglia alle 4.00, o giù di lì, dipende da dove si alloggia. In genere si arriva con gli occhi assonnati all’appuntamento, dove, se trovi un caffè lungo la strada, sei fortunato, ma è l’alba della domenica e a Narni non tutti si svegliano prestissimo dopo aver fatto le ore piccole la sera prima, molti, poi, sono rimasti svegli per il DJ set e quindi sembra quasi un’impresa impossibile. Ma è bella l’alba della domenica. Vedi gente che non conosci, ma tutti si augurano il buongiorno, si salutano sorridendo, con un sorriso stanco ma ricco di aspettative.
Si scende verso l’Ala Diruta, dove sono state preparate delle sedie, sempre troppo poche per la gente che arriva. Poche davvero, questa volta perché il luogo è pieno di gente, tanti si siedono anche in terra per poter ascoltare più comodamente Daniel Pennac, la star del mattino. Anche lui guarda quel pubblico numeroso e assorto, che gli sorride. Tra il pubblico mattiniero non mancano alcuni bambini attenti, sveglissimi, mentre tra le mani stringono dei libri.
Sistemati alla meglio anche gli spettatori in piedi, qualcuno precisa che Pennac non parla bene l’italiano, anche se lo comprende, e quindi verrà tradotto. Nessuno risponde, nessuno pensa che sia un problema e tutto comincia. Con lui c’è Pako Ioffredo, la mise en espace è di Clara Bauer.
L’insegnante, scrittore, autore, francese, Daniel Pennac racconta della nascita di una creazione artistica, in particolare della sua. Come nasce, cosa accade quando un’idea comincia a prendere forma nella mente di uno scrittore? Come si trasforma un sogno, un’idea, in un libro? Pennac racconta del suo L’occhio del lupo, raccontando da dove è nata l’idea, quali sono state le sue perplessità, come questa si è evoluta: un episodio vissuto, un sogno, un racconto, un’idea, un’invenzione. Tutto si trasforma e prende vita all’interno di un libro. Un insegnate, uno zoo, un lupo, un sogno, un viaggio, alcuni sentimenti che prova il lupo e che prova l’uomo. E poi un bambino, capace di comprenderli, tre occhi che diventano due, e d’un tratto tutto cambia e diventa magia, come le sue parole. Pennac è in armonia con l’alba, essa nasce e si muove al mattino come le sue idee diventano magici libri.
Tra i suoi racconti, c’è tempo anche per una storia d’impatto, quella di un angelo. Un angelo in paradiso e che trasforma un turista in immigrato. Si sorride, ma questo racconto è capace di strappare risate amare insieme a un forte e lungo applauso sincero. Nulla è più apprezzato di una verità mostrata con sincerità. Pennac spiega che con la sua compagnia MIA, Mouvement International Artistique, gira per i teatri e racconta storie semplici mettendosi in dialogo con le persone. Questa è formata da una cinquantina di persone, tutte di nazionalità diversa, è anche la stessa di cui fa parte Ioffredo, napoletano, che con la sua mimica, le sue espressioni, aiuta il maestro a raccontare ed esprimere le sue idee.
E una lezione di letteratura, è una lezione di vita e di valori. Sono le diversità che si fanno strada tra il pubblico che ammira e ringrazia quell’uomo affabile per i momenti, le parole, la possibilità di sorridere. Lui è istrionico, capace di affascinare con le parole: una grande capacità, non da poco. E per questa grande lezione lo ringraziano anche i più piccoli.
Al termine Pennac non si sottrae al pubblico che lo avvicina, chiede un autografo da incidere sul libro, una foto, un saluto. Non si sottrae a nessuno, nemmeno quando risale dall’Ala Diruta per andare a fare finalmente colazione su al bar, sono le 6.30 circa. E non lo fa nemmeno quando passeggia lungo le strade di Narni, che sono strade a grandezza d’uomo, dove la conversazione, l’armonia, la socialità è sempre in primo piano.
Nessuno è tornato vuoto, stanco, incerto da quell’incontro, anzi, si provano tante emozioni. E io, con gli occhi pieni di gratitudine verso chi è stato capace di organizzare una bellezza simile, vorrei alzarmi ogni mattina alle 4.00 per assistere ancora e ancora ad una lezione con Daniel Pennac.
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