È scomparso l’eclettico Karl Lagerfeld

Immagine da web

Ironico e autoironico è stato un talento ‘onnivero’, curioso, esploratore e alla ricerca del nuovo, occhi puntati al futuro contro ogni forma di conformismo.

Questa settimana non posso non parlare di Karl Lagerfeld. Avevo già pronto l’articolo da pubblicare sul blog come faccio puntualmente il giovedì, ma ripeto, non posso non parlare di Karl Lagerfeld.

Distante da noi italiani perché tedesco e parigino di adozione era un artista internazionale che per più di mezzo secolo ha presenziato nel mondo della moda, sconvolgendo la stessa.

Un genio ma con i piedi per terra. Creativo e bizzarro al tempo stesso svolgeva il suo lavoro come un ingegnere pignolo.

Se da una parte pronunciava spesso frasi del tipo “Suvvia sono solo vestiti! Non esageriamo!” dall’altra creava e realizzava i vestiti curando minimamente i dettagli, perché lui del mondo della moda odiava la falsità, i giudizi mirati a esaltare un marchio o distruggerlo, i fiumi di parole che si sprecavano dietro ad una sfilata, le spiegazioni date relativamente alle ispirazioni, l’intellettualismo che sfoggiavano i critici parlando di un abito.

L’arte non si spiega, non si commenta, si fa. Può piacere o non piacere, ma a suo dire non si possono sprecare parole, parole, parole per spiegarne il significato.

Ironico e autoironico è stato un talento ‘onnivero’, curioso, esploratore e alla ricerca del nuovo, occhi puntati al futuro contro ogni forma di conformismo.

Disegnatore e curatore di importanti marchi come quello di Fendi e Chanel, nonostante fosse stilista del suo marchio stesso, è riuscito a far crescere le case di moda appunto di Fendi e Chanel perché ha rispettato la loro filosofia, il loro target, il loro pubblico, ma ha accompagnato i marchi con mano lungo il percorso evolutivo della moda, attento al nuovo, alla tecnologia, ai cambiamenti della società. Fendi era Fendi, Chanel era Chanel e nessuno sconvolgimento o mano pesante di un artista estremamente bizzarro.

Lavorava 16 ore al giorno e seguiva professionalmente tutti e tre i marchi come una mamma segue tre figli senza fare differenze e amandoli alla stessa maniera. E’ stato il primo con Versace a creare il fenomeno top model.

Famose le sue sfilate itineranti e spettacolari. Ha sfilato dentro un aereo, ha usato un supermercato reale, in una brasserie, una spiaggia . Ha inventato il prêt à porter. Abbiamo visto per la prima volta nelle sue sfilate di Alta Moda le sneakers. Ha disegnato per primo una collezione per il marchio H&M.

Eclettico ed estroso, pignolo, autorevole. Odiava le tute da ginnastica come look ‘sportivo’: per lui bisognava abolirle!

Secondo la sua filosofia, nell’armadio di un uomo bisogna avere almeno una camicia bianca, pratica, elegante e multifunzionale.

Ho avuto modo di vederlo in azione nel suo lavoro. Sul suo inseparabile book, schizzava continuamente abiti, outfit.

La storica modellista della casa di moda trasformava tridimensionalmente il suo disegno in una tela bianca e appoggiata con spilli su un manichino Karl poteva commentare, visionare, ritoccare il suo ‘disegno’ dando istruzioni alla ‘rispettosa’ tagliatrice.

Altra tela altro taglio e ad un cenno di approvazione la tela veniva sostituita dal tessuto scelto per la realizzazione. Manine sapienti in sartoria realizzavano il capo, lo ricamavano ‘davano vita’ allo schizzo.

Fiero, ma senza accennare ad una emozione dava l’ok, e giù di nuovo a farne un altro, instancabile, stacanovista.

Karl Lagerfeld con la sua dipartita porta con se anche una parte di moda: con lui muore una fetta importante di creatività, di innovazione, non scopriremo mai cosa avrebbe messo in scena in una sua prossima sfilata, quale sfida avrebbe affrontato.

Ciao Karl, ancora di più adesso puoi sfruttare ‘i tuoi occhiali da sole per guardare e non per essere guardato’.

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Arianna Alaimo

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