Gee espone con Hanami

L’intervista a Gee, prima artista della II edizione di Trittico d’Artista

La seconda edizione di Trittico d’Artista selezione personale di opere in mostra, si apre con l’espressione femminile di Gee, artista autodidatta, che riporta la bellezza delle sue visioni su tavole di legno. Un lavoro che si costruisce giorno dopo giorno, grazie alla varietà della natura animale e vegetale, nonché umana, che anima questo splendido mondo.

Colori vivaci, tratti decisi, una caratteristica di Gee che racconta, attraverso le sue opere, la varietà del nostro pianeta, rappresentandola nella bellezza che ci circonda. Ispirata da ciò che la circonda, l’artista non fa mistero sulla sua curiosità del mondo, che ha visto viaggiando molto. Ora si dedica con impegno alla sua passione. La sua esposizione, Hanami, è stata presentata a dicembre presso le Officine Beat di Roma, grazie alla collaborazione del pub bistrot e di Kirolandia e CulturSocialArt. Ho incontrato l’artista alla quale ho rivolto alcune domande.

Ciao Gee, ti definisci un’artista autodidatta, ma, secondo te, chi è l’artista autodidatta? Come si manifesta e muove nel mondo nell’arte?

L’artista autodidatta è colui/lei che non ha titoli, non ha frequentato una scuola d’arte, ha semplicemente assecondato una predisposizione, o ha sentito di poter esprimere se stesso/a attraverso l’arte. Come si muove nel mondo dell’arte? Proprio perché non ci sono indicazioni impartite da un percorso scritto, credo dipenda dalla sua natura, e quindi ogni autodidatta si muove in maniera soggettiva. O almeno io posso parlare del caso mio. Ho preso la mia prima matita in mano che ero una bimba, poi un’adolescente. Non ci ho dato troppo peso, era qualcosa che facevo in modo spontaneo. Se qualcosa mi ispirava, avevo bisogno di riprodurla su carta. Ho razionalizzato meglio in età adulta, in pandemia soprattutto, perché da hobby molto sporadico è diventato un processo più strutturato e più frequente, per veicolare tante emozioni diverse che un’esperienza come quella che abbiamo vissuto aveva portato alla luce. Ed eccoci qua, oggi, con una ventina di tavole realizzate e ancora molte altre a venire.

Il tuo nome d’arte è Gee, com’è nato?

Gee nasce in epoca lontana, quando da backpacker scelsi di vivere in Australia e il nome per intero risultava troppo complicato per gli anglofoni, quindi venivo chiamata G. Da qui l’evoluzione in Gee, che utilizzo come ‘marchio’ se vogliamo, per i miei skateboard, perché l’idea della firma col mio nome non mi è mai piaciuta. La trovo troppo formale, e io invece voglio esprimere leggerezza. Inoltre, avvicinandomi molto alla street art, trovo che un nickname sia più appropriato.

Quest’anno sei stata selezionata come la prima artista che espone nel format Trittico d’artista, la prima della seconda edizione. Cosa hai provato? Come ti sei sentita ad essere la prima?

Ebbene sì, sono stata la prima artista della seconda edizione di Trittico d’Artista, un onore per me, soprattutto perché l’invito è venuto da parte di due persone che ammiro molto, Andrea e Giovanni, che il 2023 ha portato nella mia vita, e non potrei essere più grata. Come dicevo, per me è un onore, poiché mi muovo in questo mondo in punta di piedi, da neofita. Fino a un anno un anno e mezzo fa non avrei mai pensato di portare le mie opere da qualche parte, o che le persone ne traessero delle emozioni, perché principalmente, come detto prima, dipingo per me stessa, per esternare qualcosa che mi colpisce e che non so raccontare in altro modo se non dipingendola. A questo proposito, credo che durante la serata, la mia emozione fosse tangibile. Ma è stata un’esperienza bellissima, fatta con persone bellissime, che ringrazio infinitamente per aver fatto uscire quella parte di me che rimane sempre un po’ nelle retrovie.

Hai esposto il tuo trittico Hanami, perché lo hai chiamato così?

Hanami è una parola giapponese che significa “osservare i fiori”. Come tante altre parole giapponesi, quello che vuole esprimere è un concetto più profondo, meno letterale. HANAMI quindi, prende un’accezione più poetica e diventa metafora di pace dei sensi, del fermarsi ad osservare la bellezza delle cose, prendere tempo e godersi il momento. Ho scelto di chiamare il mio trittico Hanami intanto perché tutte le tavole, chi più chi meno, hanno un’ispirazione giapponese, ma soprattutto vogliono rappresentare la bellezza eterea nelle sue varie forme, che sia un pavone, dei fiori, o una geisha che si ripara con un ombrello sotto la neve.

I tuoi lavori sono dipinti su legno, in questo caso vecchi skate che si trasformano in quadri. Quali sono i tuoi soggetti preferiti e perché?

Quando dipingo, rappresento la bellezza così come la vedo io. Traggo ispirazione principalmente dalle cose che osservo e che mi colpiscono, i numerosi viaggi che ho fatto sono stati loro stessi fonte d’ispirazione, ed è per questo che molto spesso dipingo paesaggi, fiori o animali.

Hai venduto alcuni dei tuoi lavori, ce n’è uno che non lasceresti andar mai via e perché?

Sono affezionata a tutte le mie tavole indistintamente. Ciascuna è nata da un processo creativo esclusivo, ma ancor prima da una suggestione, da un moto emotivo. Per questa ragione il distacco è sempre forte con tutte. Ma se devo sceglierne una, forse sceglierei Frida, in quanto sento una forte connessione con la sua persona, e lo stesso processo creativo per la realizzazione di Viva la vida! (Il nome della mia tavola dedicata a Frida) è stato per me una catarsi.

Passiamo a parlare di te. Sei nata in un piccolo paese della Sardegna, ma poi, dopo la laurea in lingue, sei partita per scoprire il mondo. Cosa ti ha spinto a farlo?

È vero, vengo da un piccolo paese della Sardegna. Credo che più di tutto mi abbia spinto a fare dei viaggi importanti la voglia di non rimanere “un’isola”, di scoprire quanto di bello c’è là fuori, senza mai rinnegare niente della mia terra di origine, anzi. Trovo che sia una vita sprecata quella di chi decide di non vedere al di là del proprio naso. C’è tanta bellezza ovunque, per chi la sa osservare, che merita di essere vissuta .

Qual è stato il paese, la città che ti è piaciuta di più? E quella dove sei stata accolta in maniera “perfetta”?

Non ho un posto ‘del cuore’. Ogni luogo visitato mi ha dato qualcosa di irripetibile, e tutti sono stati importanti per motivi diversi. L’Asia per la spiritualità, l’America per l’avventura, a voler semplificare. Forse sono particolarmente legata all’Australia per il modo in cui l’ho vissuta: zaino in spalla, into the wild. In Australia ho sentito davvero forte la connessione con la natura, e credo di aver sviluppato proprio lì l’idea di tornare un giorno e dipingere certe emozioni.

Quali sono stati gli input positivi e negativi che ti sono arrivati dai tuoi lunghi viaggi?

Nessun input negativo dai viaggi. Anche nelle difficoltà, non è mai mancata la voglia di mettersi in gioco, o di rischedulare. La cosa più bella di tutte quando si è in viaggio, è proprio l’ignoto, e la capacita dell’essere umano di riprogrammarsi per superare le avversità.

Ora vivi a Roma, cosa hai portato del mondo a Roma?

A Roma ho portato me stessa, arricchita da tutte le esperienze fatte nel corso degli anni, in giro per il mondo. Credo che l’essenza delle persone sia come un nocciolo insito nell’anima e presente fin dal primo giorno di vita. Le esperienze che si vivono arricchiscono qualcosa che di base già c’è, ed è innato in noi. Forse lo valorizzano e lo mettono in evidenza, come quando si indossa una bella collana che fa risaltare una bellezza già esistente!

Cosa diresti ai giovani che si avvicinano all’arte anche da autodidatti?

Non mi sento in grado di dare consigli a chi si sta avvicinando per le prime volte al mondo dell’arte. Io stessa, come già detto, sono una neofita. E non so bene come muovermi per prima! Posso solo consigliare di assecondare le proprie inclinazioni, seguire il cuore. Se si sente il bisogno di dire qualcosa che lo si faccia col mezzo che si ritiene più consono, che sia una poesia, una canzone, un pianoforte o un quadro, poco importa, l’importante è che nell’atto ci sentiamo in armonia con noi stessi e il mondo intorno.

Se la Gee di oggi si voltasse indietro e vedesse la ragazza che andava alle superiori, cosa le direbbe?

Niente. Se mi girassi indietro e vedessi la me delle superiori non le direi niente. Le cose belle sono cose belle, gli errori servono a crescere, a patto che si tragga sempre del buono anche dalle situazioni negative. Quindi tutto è importante al fine di essere chi siamo nel presente, e tutto quello che succede fa forse parte di un disegno superiore, che di certo ci identifica. Forse ecco, l’unica cosa che le direi è di non perdere tempo dopo gli studi, e partire subito alla scoperta della bellezza del mondo.

Cosa ti aspetti dalla tua mostra con Trittico? E dalla tua arte?

Mi piacerebbe che la mia arte arrivasse nel cuore delle persone, e che il messaggio che implicitamente voglio trasmettere risvegli le coscienze. Credo fortemente nell’upcycling, o riuso creativo. Con l’upcycling si usano molte meno materie prime, conseguentemente si spreca meno energia e si riduce l’inquinamento. Ecco vorrei che la gente pensasse a come preservare il mondo e la sua bellezza. Io provo nel mio piccolo a farlo, utilizzando appunto materiali di riuso, nello specifico tavole da skate recuperate da soffitte, garage e luoghi dimenticati, senza stravolgerle ma onorandole con sprazzi di bellezza estemporanea. E mi piacerebbe essere riconosciuta per questo.

Grazie per essere stata con noi!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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