Il mantello del supereroe Michele

Foto @SissiCorrado

Il mio segno particolare è la storia di una diversità che dovremmo rendere invisibile perché inesistente

Lo sguardo si posa su Michele D’Ignazio l’autore del libro “Il mio segno particolare”. Non è sempre facile guardare le persone negli occhi perché è vero che questi sono lo specchio dell’anima. Ma lo specchio riflette anche chi lo guarda. Ma il suo sguardo è dolce, sincero, disarmante.

Il pensiero va subito allo spettacolo appena terminato un racconto autobiografico, che raccoglie tutte le tristezze di un bambino che si ritrova a vivere la sua “diversità” tra coetanei e adulti e che apre un discorso enorme, infinito nel suo essere infondato, ingiusto, incoerente con noi stessi: tutti siamo diversi.

C’è, però, una particolarità in questo libro divenuto spettacolo teatrale grazie a Michele e Maria Antonia Fama, nessuna visione di pena e abbandono, ma un testo ricco di buoni propositi, di felicità. E allora il pensiero vola a Michele bambino, con i suoi giorni trascorsi in ospedale fra le tante operazioni, cominciate nel suo quarto giorno di vita. Va alla mamma e al papà, oltre ai suoi familiari stretti, che si sono mobilitati per aiutarlo, confortarlo, infondendogli coraggio e stima di sé. Si sofferma sulla descrizione della famiglia, un punto fermo della sua vita, porto sicuro nel quale rifugiarsi sempre. Rincorre le voci dei genitori che gli hanno regalato un’infanzia il più possibile “normale”, nonostante i lunghi periodi di timore per il proprio bambino.

Foto @SissiCorrado

Michele, però, ha una visione “libera”, “precisa” e “unica” della sua diversità, ha un mantello che indossa e lo rende un supereroe, come quelli che popolano la fantasia dei bambini. Un supereroe particolare perché porta sempre con sé la sua valigia, simbolo dei continui viaggi e realtà dei tanti ricoveri ospedalieri. Ma la fantasia di Michele non spaventa, perché i supereroi sono quelli che cercano di portare buoni propositi, di migliorare il mondo per tutti.

Tutti, in fondo, abbiamo sognato e desiderato di avere dei superpoteri che potessero cambiare il nostro mondo. Chi per superare barriere fisiche, chi per cambiare lo stato della propria esistenza. E Michele ha realizzato per sé questo sogno che gli ha spalancato le porte della vita, rendendola felice. Perché la felicità sta nelle piccole cose che affrontiamo giornalmente e nei piccoli successi e traguardi che raggiungiamo ogni giorno.

A raccontarci di Michele, in scena al Teatro Trastevere di Roma, l’attore Marco Zordan, che ha curato il suo aspetto per somigliare quanto più possibile all’originale: capelli lunghi e scompigliati, barba cresciuta, gesti e movimenti che, sceso dalla scena, ce lo ricordano nei particolari. Bravissimo nell’interpretazione e nel mandarci dal palco messaggi diretti e precisi. Sicuramente ben guidato dalla regista e aiutato da una scenografia candida, come il cuore del bambino, poi ragazzo e adulto, che racconta sulla scena. Bianco come il vestito che indossa per buona parte dello spettacolo, semplice e diretto con le parole che arrivano al cuore.

Foto @SissiCorrado

Marco si trasforma in Michele e ce lo mostra nella sua forza e debolezza, ma in particolare nel coraggio di un eroe che ha trovato nelle parole e quindi nella scrittura, il suo modo per esprimersi e il suo mondo naturale.

È bello andare a teatro e vivere una favola adatta a bambini e capace di riportare gli adulti a quella fase della vita dove la fantasia e la volontà di cambiare le sorti del mondo, del futuro, appaiono candidi come il bianco che ha inondato la scena.

Bello perché parla al cuore, perché ci fa capire che la gente giudicando fa solo del male all’anima, ma anche perché mostra la pienezza, importanza e ricchezza della diversità. Uno spettacolo bellissimo da rivedere e rivivere insieme agli irriducibili sognatori che vivono nel nostro cuore.

Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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