Il Teatro di Documenti festeggia il suo fondatore
Nel Centenario dalla nascita di Luciano Damiani il suo teatro lo festeggia con una mostra
La stagione 2023/2024 dell’iconico Teatro Di Documenti si chiama 100, per un reale quanto utile riconoscimento al suo fondatore, Luciano Damiani, a cento anni dalla sua nascita. Un uomo che aveva una grande fantasia e che ha regalato al teatro un luogo particolare, frutto della sua esperienza di scenografo e del suo lavoro all’interno del mondo dello spettacolo.
A CulturSocialArt la direttrice artistica del teatro, Carla Ceravolo, impegnata nella salvaguardia di questo piccolo gioiello che anima le serate del Testaccio, con la sua scelta di spettacoli e scenografie sempre nuove, spesso innovative. Un modo per mantenere viva questa splendida arte.
In partenza una nuova stagione per il Teatro di Documenti, quali sono le sensazioni che si porta dietro?
La fatica, una fatica immensa, un lavoro enorme totalmente condiviso con Anna e Piera, le mie sorelle, per costruire una nuova stagione del teatro, dopo tre anni al palo del covid.
Quest’anno rappresenta per voi un anno particolare, 100 anni dalla nascita del suo ideatore e fondatore, Luciano Damiani. Su cosa avete basato questa stagione particolare?
Sul pensiero, sull’importanza dell’Idea, di come questa cosa impalpabile, leggera possa generare e concretizzarsi in tanto bene o in tanto male.
Luciano Damiani è stato uno scenografo apprezzato in Italia ed Europa, poi un autore e regista teatrale. Cosa ha rappresentato per lei? E per le persone che hanno lavorato con lui?
Un componente della mia famiglia, il mio amico, una mente semplice e sublime, un secolo di Storia, un uomo per il quale non c’era passaggio di tempo tra il pensare e il fare, e il fare avveniva nel tempo del pensiero. Immagino che per chi ha lavorato con lui fosse una persona sorprendente che pensava in modo totalmente originale e con una forte etica nel comportamento e nel lavoro, un Maestro.
Qual era il suo pregio migliore e quale il suo difetto peggiore?
Era un sapiente che non posava a sapiente, ironico, e burbero, sapeva benissimo il suo valore, ma non aveva filtri, era facile da avvicinare. Era una fucina d’idee, di una logica ferrea accompagnata da una inarrivabile eleganza e semplicità e capitava che chi lavorava con lui facesse molta fatica a stargli appresso: chiedeva tanto e pretendeva tutto da sé stesso.
Ritornando al Teatro di Documenti, che Damiani ha strutturato in modo particolare, quali sono, secondo lei, gli accorgimenti migliori, le idee più innovative, per l’epoca, presenti nel teatro?
Le innovazioni sono innovazioni ancora adesso, e stimolano e mettono alla prova i registi e le persone di teatro attente. Il contesto strutturale e scenografico del teatro così neutro e però così robusto, accompagna e veste lo spettacolo che vi si rappresenta, si flette di volta in volta alle esigenze dei testi che vi vengono rappresentati. L’innovazione riguarda l’idea stessa di creare un teatro dentro le grotte di un monte carico di 2000 anni di storia. 2000 anni hanno il loro peso, sono rassicuranti, e plasmati dall’azione dell’Artista, donano un‘aura sacrale per il Tempo che vi è racchiuso: un Tempio del Teatro dove ogni poro di questo organismo sprigiona energia teatrale, che è l’espressione umana che accompagna l’uomo dalla notte dei tempi, che mette in comunicazione gli uomini in modo diretto perché carnale, ansimante, ma filtrato dalla rappresentazione, una finzione dichiarata.
Il teatro omaggia il suo creatore con una mostra a lui dedicata, quali sono le caratteristiche della stessa e le sue finalità?
La mostra ripercorre la ricerca artistica di Luciano Damiani, che Damiani stesso ha rappresentato in sette geroglifici, simboli di ogni fase della sua ricerca. Daranno la scansione delle opere esposte. La sua ricerca è profondissima, costruita sulla realtà della società in cui viveva, sulle sue esperienze, trasformate in logica e in bellezza. Oltre a godere del virtuosismo dei bozzetti esposti, miniature che catturano per l’estrema lucidità e naturalezza, si può seguire il processo di una idea che osserva con occhio critico il reale e lo trasforma, lo riadatta al suo tempo, lo mastica e lo risputa in una veste nuova.
Ma i giovani conoscono Luciano Damiani?
Con Anna abbiamo da molti anni approfondito il lavoro di Damiani, abbiamo realizzato mostre a Milano e a Roma, abbiamo scritto pubblicazioni. Senz’altro il mezzo più efficace oggi per divulgare conoscenza è il web, infatti, quando abbiamo tenuto due seminari online sull’opera di Damiani e sul Teatro di Documenti, nel 2021, proprio durante il covid, queste lezioni rivolte in primo luogo agli studenti dell’Accademia di Belle Arti, ma aperte anche agli esterni, sono state registrate e i nostri studi e le nostre deduzioni sono state guida per altri appassionati. Le idee originali si diffondono, si moltiplicano, diventano alla fine patrimonio comune. Bisogna avere la generosità di elargire idee, la forza di difendere le proprie idee e svilupparle ancora, come ha fatto Damiani, fino alla fine.
Ritornando alla stagione teatrale, come avete selezionato gli spettacoli in cartellone?
Alcune compagnie erano già state al Teatro di Documenti e conosciamo il loro valore artistico, altre le abbiamo scoperte ora, in altre abbiamo trovato delle affinità, e quindi si è composto un magma di pensieri ed azioni.
Gli spettacoli toccano temi vari, ma anche stili diversi, tra il classico e il moderno, tra miti e storie realmente accadute. Come si concilia tutto ciò con il teatro?
Il Teatro è fantastico, può contenere tutto, perché è la rappresentazione della vita, la sua origine è rituale, religiosa, i primi testi parlano proprio dei miti e poi si arriva fino a noi, al contemporaneo. Come dice Anna siamo ecumenici, senza preclusioni.
Il pensiero va anche ai tanti problemi che in questi ultimi anni hanno caratterizzato il mondo dello spettacolo dal vivo, lei come ha affrontato questo periodo così buio?
È stato un periodo misterioso, che ha fatto vivere a tutto il mondo una paura primordiale, il pensiero della estinzione, della solitudine, ma anche un periodo di raccoglimento, come facevano gli eremiti nel deserto, di riflessione. L’impossibilità di riunirsi insieme ha fatto sentire l’importanza della Koinonia, della comunione, non per niente si è formata una comunità di teatranti UTR che si riunivano per degli incontri online per esorcizzare il male, per sostenersi a vicenda, per formulare idee sul futuro e che continua tutt’oggi.
Buio è anche il momento che sta vivendo la civiltà occidentale con delle guerre che ci toccano da vicino e che spaventano le persone: cosa potremmo fare attraverso la cultura, l’arte, la volontà, per cambiare queste situazioni drammatiche?
Il periodo del covid, per quanto così oscuro, per certi aspetti mi era sembrata una specie di età dell’oro, dove tutti i popoli stavano lavorando insieme per il bene comune, per sconfiggere un minuscolo virus micidiale. E invece subito è sopraggiunto un inverosimile ribaltamento: un orrore molto, ma molto più grande, l’Orrore. Di fronte alla perdita della ragione, forse ancora resta l’infinita fatica del dialogo, non smettere mai di parlare, di spiegarsi, di confrontarsi. E il teatro è un mezzo molto interessante per provare a condividere pensieri.
Il teatro dove e come può introdursi all’interno della civiltà moderna?
Nella vita comune tutto è cambiato tramite la tecnologia. Non esistiamo più senza lo smartphone, è diventato il nostro alter ego. Pensiamo che la firma digitale abbia molto più valore della nostra firma autografa, l’uomo comune è privato di se stesso, il Qr code è un contenuto criptato che ci identifica, o che racconta di noi o di una vicenda, e che noi non possiamo leggere direttamente ma con speciale app che ci viene elargita dallo smartphone. Se vogliamo comunicare con un ufficio, un ente, una ditta, il telefono è ben celato, prima viene la mail; il dialogo diretto è vietato, le società licenziano i dipendenti con un messaggino, il governo sospende gli aiuti con un messaggino; e anche nei rapporti interpersonali è di gran lunga più utilizzato il messaggino. Il teatro è all’antitesi, è comunicazione tramite il suono della parola detta, il gesto espresso, la smorfia mostrata, il dialogo.
Prima di lasciarci, ci dica un sogno che ha lei per il suo teatro e uno per la cultura in generale.
Mi piacerebbe che la gente trovasse questo luogo, il Teatro di Documenti, necessario come il pane, che fosse un nutrimento per le persone. Questo è l’augurio per il Teatro, la Scuola, la Cultura.
Grazie per essere stata con noi e auguri per i 100 anni!
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