L’Imparata apre la stagione del Teatro Marconi
Un testo duro che parla di camorra
L’apertura della stagione del Teatro Marconi di Roma quest’anno è stata assegnata allo spettacolo L’Imparata, un testo di Roberto Iannucci interpretato da Teresa Del Vecchio, Antonio Grosso e con Antonello Pascale, Marika De Chiara, diretti da Felice Della Corte, direttore artistico del teatro.
Un testo dai risvolti duri che vede protagonista un giovane camorrista (Antonio Grosso) uscito prima di prigione. Nessuno ne conosce le reali ragioni, ma si sospetta che l’uomo abbia parlato e quindi sia diventato un collaboratore di giustizia, tradendo il patto di riservatezza e di sangue sancito con l’organizzazione criminale che, come da copione, non ha alcuna intenzione di perdonare.
Così, mentre l’ex carcerato cerca una via di fuga, anche se questa sarà fatale per la sua famiglia, la camorra lo cerca. Si ritrova a districarsi tra moglie (Marika De Chiara) e madre (Teresa Del Vecchio), a nascondersi per evitare di incontrare i vecchi amici mentre minaccia un rappresentante porta a porta (Antonello Pascale), che sospetta amante della moglie. Un vortice di situazioni che lo riportano al suo stato di camorrista intransigente, anche se ora, vuole solo fuggire da casa sua.
La moglie, non riesce a convincerlo a ritrattare e a non fuggire e temendo dure repressioni nei suoi confronti, si rivolge alla suocera. Quest’ultima ama profondamente il figlio, ma è consapevole dei risvolti che una scelta simile causerebbe all’intera famiglia. L’Imparata è infatti, un testo che ci proietta in un mondo, quello della camorra o delle mafie in generale, dove l’onore e il rispetto che si deve all’organizzazione stessa, è al di sopra di qualsiasi altro legame. Un affiliato non può non essere fedele alla sua organizzazione, ma può tradire la famiglia.
Il linguaggio e i movimenti scenici evidenziano proprio un rapporto di tensione e paura, forse tra i sentimenti più provati dalle persone che vivono nelle organizzazioni criminali o da chi ne conosce le dinamiche ed è costretto a sottostarne, come fa il rappresentante porta a porta, che, ignaro della sua colpa, chiede solo di poter svolgere il suo lavoro che gli permette di mantenere la sua famiglia.
È un testo che racconta e mostra situazioni prese quasi al limite e che vengono esasperate dall’interpretazione degli attori che si immedesimano nei sentimenti dei protagonisti. Il loro racconto è ricco di esasperazione e di sconfitta, quest’ultima ci lascia sgomenti e sconfitti gli stessi spettatori. È duro, un testo che va ascoltato con la dovuta attenzione e non solo perché in dialetto, ma comprensibilissimo, ma in particolare per l’utilizzo delle parole.
Sul palco salgono quattro attori ben diretti, che non hanno difficoltà a interagire tra loro e con il pubblico. È evidente lo stretto legame che unisce Grosso e Pascale, compagni di scena in molti spettacoli, il loro dialogo scontro è uno dei più intensi. I due, infatti, danno tutto sul palco, tanto che al momento dei saluti appaiono stremati dalla loro prova. È forte anche lo scambio che coinvolge Grosso e Del Vecchio, capace di regalare intense emozioni. Lo spettacolo si presenta ben organizzato, diretto ed interpretato, capace di mantenere lo spettatore sempre in tensione, tra emozioni vivide, che permettono attente e sempre più profonde riflessioni sullo stato della nostra società.
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