Lunetta Savino è La Madre
Lunetta Savino si muove nel multiverso di una realtà multipla
La madre è la figura femminile che accomuna tutti. Tutti ne abbiamo avuta una: premurosa, amorevole, soffocante, impicciona, sbadata, attenta, assente. Aggettivi e modalità si perderebbero, perché ogni madre è diversa e diverso è anche il suo rapporto con ogni figlio. Ma cosa accadrebbe se in una singola figura di mamma fossero presenti universi multipli dove la realtà assume diverse forme e attiva differenti situazioni che si scontrano fra loro?
Il testo di Florian Zeller, La Madre, interpretato da Lunetta Savino con Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino, diretti da Marcello Cotugno, in scena al Teatro Quirino fino al 26 marzo, parla proprio di una madre, che potrebbe essere ogni madre. È lo sguardo sulla donna che ci ha accompagnato e che, se dedita solo alla famiglia, d’un tratto, appena si esce dal suo controllo, si sente abbandonata e senza uno scopo.
Anna è una madre che sente la mancanza “del figlio preferito” maschio, Nicola, che non va a trovarla come vorrebbe lei. Un marito che vorrebbe capirla, ma che non riesce a entrare nella sua psiche e nei tanti mondi con i quali lei fa i conti ogni giorno. Ma, soprattutto, che ha paura di ciò che vede e sente, non sapendo gestire la situazione. Eppure lei, la madre, ha accudito i suoi due figli, no, tre, se si inserisce anche il marito.
Il testo analizza con ironia questo stato mentale, a volte assurdo, a volte mieloso, a volte duro. Cotugno ne cura la regia inserendo momenti di alta tensione o di riflessione, sfruttando con intelligenza le doti di Lunetta Savino, che si presta ad una interpretazione mai fuori luogo. È lei, la protagonista della scena, che sapientemente gioca con gli oggetti presenti sul palco e consapevolmente con il pubblico.
La scenografia con le sue porte illuminate, i pochi oggetti di scena, un tavolo e tre sedie, il semplice fil di lana rosso, arrotolato e srotolato in continuazione, si trasforma continuamente. Il palco che si anima costantemente, illuminato con colori che passano dal bianco all’arancione, passando per il viola, e che sono ipnotici per il pubblico, come il rispecchiarsi sulla scena attraverso lo specchio posto in alto, che ad un tratto si abbassa per riflettere il pubblico. Inoltre l’impatto del cambio di abito della Savino ci porta a distinguere una vita grigia, subita, dall’altra vivace e vissuta. Un viaggio nei mondi della personalità.
Lo spettacolo, è un’illuminante riscoperta di ciò che si è vissuto, come ricorda la stessa Savino quando esprime “la mancanza della preparazione della colazione al mattino, l’abbraccio davanti alla scuola, l’eliminazione del peso della cartella“, piccoli gesti che hanno reso il passato della madre vitale.
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