Non si placano le violenze sulle donne
La morte di Agitu Gedela e il pugno in faccia come “gesto modesto”
Il 2020 si chiude con due vicende gravissime per le donne, in particolar modo sul livello giudiziario, dove alcuni atteggiamenti nei confronti delle mogli, vengono ancora consentiti e giudicati semplici liti domestiche da non prevedere sanzioni, anche se le liti si rilevano gravi. L’ultima la pubblica l’Ansa questa mattina. Racconta di una donna di Brescia che aveva denunciato il marito per un pugno in faccia che aveva ricevuto. La donna aveva raccontato al gip di Brescia che l’uomo, un 46enne, non era nuovo a questi fatti e che lo aveva denunciato dopo che con quel pugno era dovuta ricorrere alle cure in ospedale con la prognosi di otto giorni.
Nonostante tutto il gip di Brescia ha archiviato l’inchiesta perché, secondo lui, “il fatto è di entità modesta” e non ha cambiato idea nemmeno davanti alla richiesta della donna che si era opposta all’archiviazione del caso. Alla luce di quanto accade intorno a noi, all’aumento delle molestie e violenze, al sempre più aumento di omicidi femminili, perché ricordiamo che il femminicidio è in primis un omicidio di una donna e come tale va considerato, cosa possiamo fare se la legge e chi la “dovrebbe” gestire, si muove sottovalutando il problema? Se ogni volta il segnale viene sottovalutato si continuerà a parlare di tragedia annunciata, di tragedia che si poteva evitare, anche a fronte di numerose denunce che le donne continuano a fare ma che restano inascoltate.
Allo stato attuale delle cose sembra che tutti i cambiamenti legislativi, annunciati e decantati dal Governo, non siano per nulla utili a fare giustizia e a tutelare chi è soggetto a violenza fisica. Non voglio nemmeno immaginare cosa accada nei confronti della violenza psicologica, ancor più difficile da dimostrare a causa dell’assenza di segni ben visibili sul corpo. E non è un’esagerazione affermare che dichiarare che un pugno in faccia con prognosi di otto giorni sia un “fatto di entità modesta” non possa ricadere in quelle che sono violenze psicologiche nei confronti delle donne stesse e che le incitino a ritornare a nascondersi perché non ci sono leggi e istituzioni capaci di proteggerle.
Un’altra notizia che ha sconvolto ieri il nostro paese è stata la brutale uccisione di Agitu Gudeta, rifugiata etiope di 42 anni che a Frassilongo, in Trentino, aveva avviato un’azienda agricola di successo la “Capra Felice”. La donna, in questo modo, aveva cercato di integrarsi attraverso il lavoro, in un paese che aveva conosciuto per lo studio e nel quale era tornata quando la situazione del suo paese d’origine era diventata insostenibile a causa del conflitto interno. Colpita alla testa e violentata mentre era in agonia. Una violenza inaudita e ingiustificabile per qualsiasi motivo.
Nel nostro sistema giudiziario, nel nostro sistema sociale, nel nostro sistema di pensiero, c’è qualcosa che va rivisto, c’è un lungo lavoro di consapevolezza, di integrazione, di importanza della vita umana e della parità, che va sviluppato, che deve prendere coscienza della gravità di gesti e parole che spesso vengono sottovalutate. Il lavoro del 2021 dovrebbe andare in questa direzione, ma con concretezza e non restare una chimera, come accade da anni.
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