Un teorema fra risate e riflessioni
Luca Ferrini e Valentina Martino Ghiglia raccontano Il Teorema della rana
Dal 14 al 26 novembre torna a Roma, al Teatro de’ Servi, lo spettacolo Il teorema della rana, un testo di N. L. White, per la regia di Luca Ferrini, con Luca Ferrini, Alberto Melone, Paolo Roca Rey, Valentina Martino Ghiglia, Lucia Tamborrino, Guglielmo Lello, Davide Sapienza e Veronica Stradella.
Una farsa dai ritmi serrati. Un uomo che froda lo Stato, si pente, ma fa fatica a fermare l’ingranaggio. Di questo ne ho parlato insieme al regista Luca Ferrini e all’attrice Valentina Martino Ghiglia, che ringrazio di essere qui, sulle pagine di CulturSocialArt.
Ciao Valentina, sarai in scena al Teatro de’ Servi con il Teorema della rana. Come vivi questo ritorno dello spettacolo in scena?
Valentina: È una grande gioia poter tornare in teatro con questo spettacolo. Mi diverto moltissimo a far sganasciare dalle risa il pubblico, un gran godimento!
Perché portare in scena Il Teorema della rana di N. L. White? Quali sono le analogie che possiamo vivere e vedere nel nostro quotidiano?
V.: Sicuramente è un testo che amplifica in senso comico la tragicità che vive il nostro teatro italiano: la carenza di fondi e la loro scarsità di reperibilità.
Una storia che si svolge a ritmi forsennati. Un grande paradosso che cresce a dismisura. Come vivete da attori questa dinamicità?
V.: Per noi attori è una gran galoppata forsennata, una fatica che viene ripagata ad ogni risata, ad ogni applauso a scena aperta.
LUCA: La grande soddisfazione è che si dimagrisce come se si facessero 80 minuti di corsa campestre!
Qui la quarta parete svanisce e il palcoscenico non è il solo luogo della rappresentazione, come vivono gli spettatori questo cambio di location?
V.: È ormai una pratica acquisita, il pubblico si diverte e a volte quando passiamo ci fa dei commenti.
L.: Si divertono moltissimo! Ho notato che inizialmente hanno una vaga paura che il testo sia interattivo e che loro possano essere coinvolti nello spettacolo, poi quando capiscono che non è così, se la godono un mondo a veder sbucare gli attori da ogni porta, tenda, scala.
In scena otto attori, come li ha scelti?
L.: Per questa commedia servivano attori che fossero autoironici, che non avessero paura a mostrarsi al pubblico in tutti i loro difetti, che sapessero creare un clima di affiatamento e collaborazione ed infine che fossero caratteri comici, abituati a far ridere il pubblico. Ecco, così ho scelto loro, il meglio che si possa trovare in quest’ambito!
Quali sono le caratteristiche del vostro personaggio e cosa li rende dissimili a voi?
V.: Il mio personaggio è una pazza burocrate ottusa che è talmente compresa nella sua funzione da creare momenti comici e paradossali. Molto diversa da me ma con tratti simili.
L.: Il mio personaggio ha avuto la geniale idea di truffare lo stato mettendo in piedi una pericolante costruzione fondata sulle menzogne e non riesce più ad uscirne. Direi che è il mio esatto opposto, io ho paura anche di prendere l’autobus senza il biglietto!
Quali sono i riscontri ricevuti da pubblico e operatori del settore?
L.: È stato un lavoro faticoso ed ogni volta che lo portiamo in scena ci stanchiamo come se stessimo facendo una lezione di spinning, ma il pubblico ne è entusiasta e ride talmente forte che spesso dobbiamo fermarci ed aspettare che l’ilarità generale scemi. I teatri lo vogliono, perché mai come in questo momento la gente ha bisogno di ridere su cose intelligenti e non volgari ed i giornalisti che sono venuti a vederlo hanno intessuto, praticamente sempre, lodi. Più di questo davvero non saprei cosa volere.
Cosa sperate di regalare al pubblico?
V.: Tanta gioia, divertimento e un pizzico di riflessione.
L.: Ottanta minuti di risate intelligenti senza parolacce, volgarità ed idiozie!
Grazie per essere stati con noi!
L.: Grazie a voi! E veniteci a vedere!
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