Vestiamoci di spazzatura
Da diversi anni c’è un’attenzione particolare nei riguardi del riciclo, nel recupero di materiali di scarto, di vecchi oggetti di spazzatura che diventano materia prima da plasmare, rigenerare e trasformare in abiti di “alta moda“.
Ma non sempre l’esperimento ha un’ottima riuscita: i creativi, spinti da un eccessivo entusiasmo etico, mandano spesso in passerella obbrobri estetici, senza senso e utilità: bottiglie di plastica che diventano gonne lunghe da indossare per eventi eleganti, cartoni che diventano cappotti, domopak trasformato in camicia effetto nude look, ecc., ma chi mai indosserebbe ciò?
Si, bravi, ricicliamo, recuperiamo, ma non perdiamo di vista lo stile, il gusto estetico e, ancora più importante, la praticità, l’indossabilità che un capo deve assolutamente avere.
Invece diventa davvero riciclo, quando due ragazze sicule, Adriana Santonicito ed Enrica Arena, universitarie milanesi, sviluppano il progetto del tessuto ricavato dagli scarti di arance sotto l’ormai famoso marchio “Orange Fiber”. In sostanza trasformano le bucce di arance, con un processo brevettato, in filato e il filato può essere quindi successivamente tessuto e poi trasformato in qualsiasi forma di abito. Ferragamo ha realizzato parte della sua collezione proprio con questo innovativo tessuto.
Le cicche di sigarette diventano per la cilena Alexandra Guerrero, materia prima delle sue collezioni: i filtri dei mozziconi sterilizzati e sanificati vengono trasformati in filato che può essere tinto: il risultato è simile alla lana ricavata dalla pecora.
Dall’Università di Stanford arriva un nuovo “cotone” ricavato dal riciclaggio della plastica: il polietilene è in grado di offrire un migliore raffreddamento della pelle mantenendo fresco quindi il corpo.
Insomma esempi di riciclo intelligente che creano nuova materia prima da permettere ai creativi del settore, realizzazioni di capi di abbigliamento belli e indossabili: non vogliamo più vedere tappi di bottiglie di plastica che diventano orecchini, o cialde di caffè che vengono trasformate in orribili collane o impermeabili fatti con ombrelli, che, si, non ti bagni di pioggia, ma ti inzuppi di sudore.
“Credo che avere la Terra e non rovinarla, sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare” Andy Warhol.
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