Vite Maledette è la storia di cinque artisti maledetti
Vito Molinari scrive la storia di cinque uomini che hanno attraversato la storia “privi del dono di saper vivere”
“Vite maledette autobiografie apocrife” di Vito Molinari, è il libro della Collana L’orologio di Mnemosine, edizioni Gammarò che uscirà a ottobre 2020 nelle librerie. Molinari è un uomo che ha sempre amato sperimentare, dal teatro alla televisione. Non è un caso che nel 1953 ha partecipato al periodo di sperimentazione della TV: il 3 gennaio 1954 ne dirige la trasmissione inaugurale. Da lì il suo percorso ha seguito non solo la televisione, ma il teatro e la letteratura. A ottobre esce il suo ultimo libro, dedicato a cinque artisti maledetti: Gesualdo da Venosa genio e assassino, l’artista Caravaggio, genio e assassino, Alessandro Stradella, il Caravaggio della musica, donnaiolo e assassinato per vendetta, Amedeo Modigliani, principe della bohème morto povero e drogato, Antonio Ligabue, vissuto tra manicomi e capolavori. Sono cinque artisti di immenso talento, ma “maledetti” perché la loro vita è stata caratterizzata da tragedie che li hanno resi immortali, anche per questo.
“Vissuti male, morti peggio” scrive Andrea Tarabbia nella sua prefazione. Noi abbiamo rivolto alcune domande all’autore Vito Molinari che ringraziamo per aver risposto alle nostre domande.
Tra tanti artisti maledetti, ne ha scelti cinque, diversi per arte, periodo, tragedia. Come li ha scelti e perché?
Sono cinque artisti, due musicisti e tre pittori. Tutto nasce da un mio interessamento per Stradella, di cui dovevo fare una serie tv, poi non realizzata. Ma la ricerca mi ha interessato, e, a distanza di tempo, ho allargato le ricerche. Gesualdo da Venosa mi è stato segnalato (genio musicale assoluto), perseguitato dal suo delitto d’onore … Stradella, l’Orfeo assassinato, sgozzato in piazza Banchi a Genova dai sicari di un doge veneziano a cui aveva rubato l’amante. Caravaggio, pittore sommo dalla vita travagliata, tra risse e assassinii. A questo punto mi sembrava giusto aggiungere due personaggi più vicini a noi, e ho scelto Modigliani, romantico bohemienne divorato dall’alcool e dalla droga, e Ligabue, il matto naif, autolesionista. Ho così coperto un lungo periodo, di quattrocento anni. Ognuno dei cinque tenta di convivere con la sua tragedia, senza riuscirci, perché “privi del dono di saper vivere”.
“Vissuti male, morti peggio”, cito le sue parole, che del resto sono veritiere, come lo è, però, sempre, l’interesse della gente. Perché un artista “maledetto” è tra quelli più ammirati, seguiti, dalle persone?
È l’attrazione del male, del perverso. Il normale non interessa. È banale. Il “maledetto” può sorprenderti, darti delle emozioni forti; è il desiderio di vivere sopra le righe. Inoltre ho scelto di farli parlare in prima persona, quasi in una autobiografia, cominciando sempre dal momento clou, drammatico, tragico che li travolge. E vivono la vita che hanno scelto di vivere, la subiscono ma la desiderano. “Voglio una vita spericolata…..la voglio piena di guai”, come dice Vasco Rossi. Come scrive nella prefazione Andrea Tarabbia (Premio Campiello 2019, con un libro su Gesualdo da Venosa): “Scrivono la propria vita oltre la vita: Non c’è quasi nulla di più straordinario, e di più letterario, di questo”.
I personaggi che ha inserito sono solo uomini. Perché c’è la mancanza delle donne?
Certo, solo uomini. Perché le donne sono passive, succubi. Ma dietro al dramma di ognuno di questi “maledetti”, c’è una donna … importante, impegnativa, determinante ….. O anche l’assenza di una donna, solo sognata, come nel caso di Ligabue.
Cinque sono pochi, ha intenzione di proseguire questo filone?
Certo solo cinque, pochi … Ma non ho voluto allargare il campo agli stranieri …..Van Gogh, Matisse, Toulouse, Lautrec ….. Troppo lontani da noi, dispersivi. Credo proprio che mi fermerò ai miei cinque….. Forse avrei potuto aggiungerne qualcuno, come Torquato Tasso….. Ma bene così …..
Qual è, secondo lei, la vita di uno di questi personaggi, che potrebbe apparire quasi impossibile da vivere?
Tutte le loro vite sarebbero impossibili da vivere per un contemporaneo, ma forse la più maledettamente tragica o tragicamente maledetta è quella di Ligabue, che non ha un momento di alta drammaticità, un assassinio, una scia di sangue …. La sua è una battaglia contro la vita, un mal di vivere, da un manicomio ad un altro, una allucinazione continua, senza un amico, se non gli animali, senza una donna, solo, disperato …. “Dam un bès” (Dammi un bacio) è la sua disperata richiesta, inappagata …..una vita pazza, vissuta da pazzo ………
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