Allo Spazio Diamante in scena La Città capovolta
Ruben Rigillo filosofo protagonista tra realtà e fantasia
Un po’ tutti, una volta nella vita, hanno sognato o immaginato di sparire per un periodo e di ritornare, scoprendo avvenimenti accaduti in propria assenza, che hanno decretato un capovolgimento della situazione iniziale. È questo che accade in La città capovolta Cronache di Mensuria 1789-1830 tratto dal romanzo di Adele Costanzo e pubblicato da ChiPiùNeart e da cui Cecilia Bernabei ha scritto una drammaturgia ricca di eventi, per raccontare un periodo storico, forse tra i più ricchi del recente passato.
Un testo che spazia tra il fantastico e la storia reale, che approda sul palco dello Spazio Diamante di Roma con l’adattamento e la regia di Marco Simon Puccioni, interpretato da Ruben Rigillo, Massimiliano Vado, Rosaria Russo, Federico Rosati, Gabriele Fiore, Daniele La Leggia, Federico La Pera e con interventi in video di Pino Calabrese, Livia Bonifazi e gli allievi della Casa dell’Attore.
Sì, perché lo spettacolo presenta sulla scenografia di fondo, un ampio schermo, dal quale si possono leggere i titoli del giornale di Mensuria e vedere alcune scene che raccontano parti della storia. Per il resto questa presenta un paio di poltrone, una particolare gabbia con sedia e libri annessi, una poltrona dove siederà a lungo il Ministro dell’Immobilità e oggetti di scena che entrano ed escono modificandosi all’occorrenza.
Non vi è una narrazione lineare, ma si salta tra gli anni compresi tra il 1789 e il 1830, andando dietro più che ad un classico ordine cronologico, all’emotività della storia e dei personaggi. Ma questo saltellare di anno in anno, non è stancante, né permette allo spettatore di perdere il filo del racconto. Ciò lo si deve al testo accattivante e mai noioso e alla bravura degli attori.
Il Ministro dell’Immobilità, sparito per anni, ritorna e non riconosce il suo paese, ma non ricorda nemmeno che è stato via a lungo. I suoi pensieri e sentimenti sono legati alla Contessa che ha amato e che va subito a trovare, ma lei lo manda via ricordandogli che è stato lui a sparire e che ora è sposata. Corso dall’amico filosofo, questi gli racconta tutti gli eventi che negli anni sono accaduti.
C’è la morte del vecchio Granduca, la fuga del figlio, il ritorno del figlio illegittimo dello stesso, ma anche le tante peripezie che Mansuria ha dovuto subire: la dominazione francese sotto Napoleone, la Repubblica libera e poi la dominazione prussiana. In tutti questi cambi di governo, si fa notare che ogni uomo salito al potere, ha lavorato per i propri interessi arricchendosi alle spalle di chi, invece, seguiva degli ideali e che, alla fine, si ritrova povero com’era all’inizio della sua avventura rivoluzionaria.
È un mondo che agli occhi di chi non ha vissuto gli anni in cui sono avvenute tutte quelle vicende, appare capovolta e lontana da ciò che si conosce.
Seduto sulla poltrona, con un paio di occhiali da sole, il Ministro dell’Immobilità (Massimiliano Vado) ascolta la storia del suo paese, raccontata e presentata, nonché spiegata dal filosofo (Ruben Rigillo), dalla Contessa (Rosaria Russo), dal sarto (Gabriele Fiore), dal bibliotecario (Federico Rosati), dal bel soldato francese (Daniele La Leggia) che aveva rubato il cuore della Contessa, dall’Acquirente (Federico La Pera). Si parla di potere e di ricchezza, di ideali tralasciati al momento della caduta, per adeguarsi alle differenti forme di potere, che prendono man mano il sopravvento, di amore, di recriminazioni.
Gli attori sul palco sono tutti estremamente bravi, ma fra essi spicca in modo particolare la figura di Ruben Rigillo. L’attore e un tutt’uno con la scena, preciso, adeguato, presente con la sua figura scenica tanto da catturare l’attenzione del pubblico. Ricorda un po’ la vecchia scuola degli attori, di quelli capaci di attrarre ogni sguardo e pensiero, complimenti.
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