“Indagine su Alda Merini” a Palazzo Rospigliosi di Zagarolo
Alda Merini, la donna indomabile, rivive nello spettacolo Margherita Caravello
«Più bella della poesia è stata la mia vita»
Semplicemente Alda…Alda la diversa, la sensuale, la dropout, la poetessa, la moglie, la madre, l’amante… Quante potrebbero essere le parole per definire Alda Merini. Per tutti, che sabato sera hanno assistito allo spettacolo “Indagine su Alda Merini” a Palazzo Rospigliosi di Zagarolo… semplicemente Alda. Alda Giuseppina Angela Merini, una donna che ha attraversato il nostro novecento, è nata a Milano il 21 marzo 1921:
“Sono nata il ventuno a primavera
Ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta...”
Ed è morta a Milano il 1 novembre 2009. Alda era milanese fin dentro le ossa, per quel suo amore per i navigli, per le case di ringhiera, per il barbone che incontrava e al quale non disdegnava offrire una sigaretta, quelle sigarette a cui lei non sapeva rinunciare e che sono una presenza costante in tutte le sue foto.
Alda nasce il 21 aprile e di questo giorno dice: “Il 21 marzo è la festa mondiale della poesia, ma il 21 come inizio della primavera è un caso, primavera è folle perché è scriteriata, perché è generosa. Però incontra anche il demonio. E io l’ho incontrato il demonio. Era il manicomio”.
Alda nel 1947 frequenta la casa di Giacinto Spagnoletti uno di salotti letterari più noti di quella Milano degli anni della ricostruzione postbellica, in pieno fermento economico, politico e culturale. Alda vive la sua Milano e lì incontra i suoi amori. Lì incontra Giorgio Manganelli e complice Maria Corti, insieme si rifuggiano nel suo pied-à-terre. Dice Corti “solo Dio poteva sapere cosa sarebbe stato di loro. Manganelli più di ogni altro l’aiutava a raggiungere coscienza di sé, a giocarsi bene il destino della scrittura…”.
E lì sui navigli, dove abita, Alda frequenta il caffè-libreria Chimera e offre agli amici del caffè i suoi dattiloscritti. La vediamo seduta al Chimera con la tazzina del caffè e la sua immancabile sigaretta.
E da lì la crisalide sboccia in farfalla e spicca il volo. Una vita difficile tra amori, presi e lasciati, un marito, le sue figlie “Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono”.
E poi l’esperienza che le segnerà la vita ma nello stesso tempo la consacrerà nell’olimpo degli dei della Poesia: il manicomio.
Questa “vita difficile” viene scandagliata da Margherita Caravello, che conduce un’indagine dentro la parte privata e pubblica di una donna che è assurta a testimone poetico del nostro ‘900. Dal suo libro “Indagine su Alda Merini. Non fu mai una donna addomesticabile” Alda ci viene restituita come una donna “non riconciliata” con la morale del suo tempo, che la voleva solo moglie e madre. Lei che ha amato molti uomini e da molti uomini è stata amata. Ma su tutti, lei laica e forse atea, ha amato quel Cristo a cui ha reso “un omaggio personale… con tutti i limiti che può avere l’intelligenza dell’Autrice”.
Alda, attraverso l’indagine di Margerita Caravello ci viene restituita in tutta la sua grandezza poetica e semplicità umana, anche attraverso le immagini che la vedono attraversare la sua Milano, proiettate sul muro di un teatro naturale, quale è Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, che la sensibilità di altre due donne Emanuela Panzironi, sindaco, e Andrea Celeste Pironti Presidente dell’Istituzione di Palazzo Rospigliosi, ha permesso di utilizzare per rappresentare l’indagine, nello spettacolo teatrale omonimo, che ha visto oltre a Caravello, nella vesta di “narratrice”, la naturale interpretazione delle parole di Alda, nella calda e sensuale voce di Giorgia Trasselli.
Uno spettacolo a tratti emozionante, il ricordo del manicomio, un’esperienza che la segnerà, ma che nonostante tutto non le farà perdere la voglia di vivere, di vivere una vita felice non solo per sé stessa ma anche per gli altri perché diceva “chi vive infelice muore disperato”. Del tempo del manicomio Alda dice nel suo “Il suono dell’ombra”: “Mi misero a letto…mi legarono mani e piedi e in quel momento, in quel preciso momento, vissi la passione di Cristo”. Giorgia Trasselli con la sua voce e il suo corpo ci ha restituito tutto il dolore del manicomio. La voce di Margherita Caravello ci ha accompagnato nei luoghi, negli incontri con le persone, nei gesti della quotidianità (la tazzina di caffè), nell’incontro con il dolore dell’altro (il barbone), della vita di Alda, facendola sentire una nostra sorella che ci ha regalato un dono: la parola poetica.
Una serata “magica” che si è potuta realizzare grazie a due donne Emanuela e Andrea Celeste che con parole semplici a conclusione della serata hanno ribadito il ruolo e la centralità della cultura e di una Istituzione, quella di Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, che vuole aprirsi al territorio e ricercare collaborazioni con altre associazioni culturali, perché la cultura, hanno precisato, non ha confini.
Altre due donne Margherita e Giorgia ci hanno invece accompagnato nel mondo di Alda. E certo il numeroso pubblico presente, composto dal 90% di donne, e questo vuol dire qualcosa, ha apprezzato la prova attoriale di due donne che con estrema umiltà sono entrate nella vita e nel mondo di Alda e ce ne hanno restituito tutta la bellezza e complessità. Da ultimo non possiamo sottolineare la regia di Antonio S. Nobili, che, in una apparente semplicità scenografica, ha saputo miscelare voci, musiche e immagini, creando un insieme che ci ha restituito il “mondo di Alda”.
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