La scuola non serve a nulla con Antonello Taurino
Il Teatro Kopó chiude la sua stagione estiva con il lavoro di Antonello Taurino “La scuola non serve a nulla” scritto dallo stesso attore con Carlo Turati. Un attento esame della legge “la buona scuola” entrata in vigore da poco e che tanto fa parlare di sé non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche fra i tanti che, in modo o nell’altro, vengono a contatto con la nuove disposizioni ministeriali.
Sarà perché Taurino è davvero un insegnante e quindi è addentrato alla vita scolastica al 100%, sarà perché nella sua professione di attore riesce a cogliere ed esprimere con ironia, le mancanze e i “disastri” di questa legge così tanto lontana dalla realtà, lo spettacolo è davvero interessante. Taurino è così preparato sulla scuola che ne conosce ogni piccolo intoppo, avendo analizzato la legge non solo sulla carta, ma anche praticamente.
C’è un cambiamento importante attraverso le lezioni alternative con la realtà, attraverso la musica, le filastrocche e con versioni alternative delle storie e dei racconti che vengono adeguati alle multiculturalità presenti nelle classi. Bellissimo l’esempio de “I Promessi sposi” di Manzoni adeguato alle varie etnie che il professore ha in classe.
Lo spettacolo comincia con una canzone che racconta la realtà della scuola, di come questa sia e di cosa accada all’interno, insomma una prefazione ad hoc dello spettacolo per poi tuffarsi in quella che viene definita “forse la peggior riforma della scuola della Repubblica”. Lo spettacolo mette in risalto i paradossi della legge, le dure leggi burocratiche che si scontrano con le follie spesso assurde delle richieste in itinere per insegnanti, alunni e personale. Uno sguardo attento, critico, ma presentato con cognizione di causa, dalla fonte stessa.
Non è solo uno spettacolo comico, con situazioni che sembrano paradossali, ma che sono all’ordine del giorno, ma fa soprattutto riflettere sulla visione di una scuola, di una società poco conosciuta da chi non la vive attivamente.
Dedicato a tutti, non solo a chi la scuola la vive e la pratica, ma anche a chi, in passato, l’ha vissuta, amata e odiata. Un modo per riflettere non solo sulla scuola, ma anche su chi la frequenta per dovere, per lavoro, per passione.
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