L’impegno delle imprese per il bene comune
Imprese e sviluppo sostenibile: Società Benefit, B-Corp e Imprese Sociali
Una volta il concetto di sostenibilità era associato quasi unicamente all’ecologia, oggi però si è capito che è qualcosa di più complesso. Le questioni ambientali sono fortemente connesse agli squilibri socioeconomici. Di questo ne parla ufficialmente la Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite in un suo rapporto del 1987 in cui è contenuta anche quella che ancora oggi è ritenuta la definizione più esaustiva di sviluppo sostenibile: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Alla riflessione della Commissione nel tempo si sono susseguite conferenze, prese di posizione da parte di attivisti ed individui che hanno consentito una maggiore sensibilizzazione delle comunità mondiale sul tema. Fino ad arrivare nel 2015 alla formulazione dell’Agenda 2030 dell’ONU con i suoi 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – sottoscritta da tutti i 193 stati membri. I governi si sono dunque impegnati a raggiungere un livello condiviso di sviluppo socioeconomico sostenibile in quindici anni.
Sembrano obiettivi quasi utopici – sconfiggere la povertà e la fame nel mondo, dare lavoro dignitoso a tutti, produrre energia pulita e accessibile, sconfiggere l’inquinamento, etc. – ma è assolutamente necessario raggiungerli, o quantomeno attivare un cambiamento di rotta verso questa meta.
Del resto, negli ultimi due anni, con la pandemia, la forte relazione tra il benessere dell’uomo e quello dell’ambiente in cui vive è diventata chiara a tutti. Si è creata maggiore coscienza verso l’urgenza di un cambiamento, ed è forse questo il motivo per cui in periodo di crisi le Società Benefit, B-Corp e Imprese Sociali hanno registrato un proliferare non solo in numero, ma anche in fatturato.
Ma di cosa si tratta? Tutte e tre sono imprese che hanno a cuore, non solo il profitto ma soprattutto il bene comune. Hanno però tra loro delle grosse differenze.
Una Società Benefit è una forma giuridica di impresa (introdotta nell’ordinamento italiano con la Legge di Stabilità del 2016) che, oltre allo scopo di lucro, definisce nel proprio statuto delle finalità di beneficio comune, che si impegna a raggiungere in modo responsabile, sostenibile e trasparente.
Le B-Corp sono imprese con scopo di lucro – non per forza Società Benefit – che hanno conseguito la certificazione internazionale B-Corp. Questa certificazione attesta la misurazione delle performance di un’impresa verso i propri impatti economici, sociali e ambientali avvenuta attraverso il Bia – B Impact Assessment. Le B-Corp sono tenute a misurare ogni anno il loro impatto e a pubblicarne il risultato in un report di sostenibilità. In Italia è richiesto che le B-Corp cambino il proprio statuto per diventare Società Benefit.
Le Imprese Sociali sono infine enti privati che svolgono attività di impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Le Imprese Sociali, per la normativa italiana (Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 detto anche Codice del Terzo Settore), rientrano sotto il cappello di Enti del Terzo Settore (ETS), insieme alle associazioni e alle organizzazioni di volontariato.
In modalità diverse queste tre tipologie di imprese si impegnano a perseguire un beneficio comune durante lo svolgimento del proprio business. L’impegno di queste aziende è quello di raggiungere uno o più effetti positivi – o ridurre quelli negativi – nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali. È una filosofia di impresa sostenibile “generativa”, che si oppone a quella “riparativa” diffusa, soprattutto nel nostro Paese, tra quelle aziende che camuffano il loro scarso impegno verso uno sviluppo sostenibile con interventi palliativi. È il caso, ad esempio, di quelle imprese che dichiarano “piantiamo alberi nel bosco per compensare le nostre emissioni di CO2”, ma non si impegnano a modificare i loro processi ed impianti per ridurre realmente l’inquinamento. I giovani alberi piantati ci metteranno anni prima di riuscire a raggiungere una dimensione tale per essere in grado di assorbire tutto l’inquinamento generato. Fortunatamente questo approccio verso lo sviluppo sostenibile si sta riducendo, non solo per le regole sempre più restringenti da parte del legislatore, ma soprattutto per l’attenzione del consumatore finale, sempre più sensibile ed informato su queste tematiche.
È un cambiamento quindi che si sta concretizzando, non tanto per le regole di attuazione – le normative – volte al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU, quanto grazie a un movimento dal basso, della gente comune che vuole stare bene e sentirsi in armonia con la natura e con il prossimo. Ma soprattutto garantire un futuro sereno al nostro pianeta e alle nuove generazioni.
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