L’accoglienza, un risultato d’amore

La paura dell’invasione del proprio “orticello”

L’accoglienza è una delle cose più difficile che l’uomo mette in pratica. Eppure, se ci volgiamo indietro, vediamo che per gli antichi l’ospite era una persona importante, che veniva trattata in modo reverenziale, accudita e mai messa in pericolo. L’ospite era sacro.

Nella nostra società, una società multirazziale, globalizzata, che dovrebbe aver avvicinato i popoli, distrutto le distanze, l’accoglienza è diventata una forma di peccato. Un po’ come la peste, da tenere lontana e ben distinta dalle altre buone pratiche che si decide di seguire. Perché? Non è facile comprendere questo cambiamento nell’essere umano. Certo, anche nel passato non tutti erano realmente accoglienti. Lancio una freccia a favore delle persone che non vedono nell’accoglienza una pratica sociale giusta: in passato l’apparenza contava, forse, molto più di oggi e l’uomo doveva sottostare a leggi anche non scritte, per non cadere nella lista nera delle persone poco gradite.

Un’altra caratteristica della nostra società è la paura. Le persone hanno paura di perdere ciò che hanno, soprattutto quello che non hanno guadagnato. Per questo motivo l’incognita di altre persone che vengano a condividere il proprio territorio, la propria città, la propria “casa”, relega le persone nella paura. Se la paura in passato, era sinonimo di non conoscenza dell’altro, oggi è diventata molto più ampia. Non si ha paura solo dell’altro che non si conosce, o non lo si vuole conoscere, bensì, oggi c’è anche paura di ciò che si conosce, per timore di perdere cose materiali. Oggi vige predominante, un sistema materialistico ed egoistico che pone importanza al denaro, a ciò che si vuole raggiungere attraverso il “vil denaro”, direbbe qualcuno.

Consumismo, si diceva negli anni Ottanta, certo, ma il consumismo, come dice la parola stessa, era portata al consumo e quindi utilizzo delle cose. Oggi non si può parlare di consumismo quanto di egocentrismo ed egoismo. Ci guardiamo attorno invidiando ciò che hanno gli altri, inconsapevoli che siamo visti con invidia da altri. Poco accorti alle esigenze di chi, in un periodo che va oltre la crisi economica, di cui si parla da che se ne ha ricordo, c’è una minore attenzione alle persone in difficoltà. Complice la politica che, come sempre, gioca un ruolo fondamentale sulle scelte sociali, ora accogliendo, ora respingendo chi, non per scelta, si ritrova in situazioni di miseria.

Non è un caso che in questi ultimi anni le persone che vivono in estrema povertà sono aumentate. Non diamo però la colpa al Covid, certo, quello non ci ha aiutati, ma le problematiche delle persone che hanno perso il lavoro e d’un tratto si sono trovate in mezzo alla strada, sono da ritrovare ben oltre gli anni dell’epidemia di Covid-19. Si possono trovare nelle chiusure delle fabbriche multinazionali italiane, nello spostamento degli stabilimenti in zone molto più convenienti, dove i diritti dei lavoratori sono ben lontani dalle conquiste di quelli occidentali, nella gestione di servizi che, portati fuori dall’Italia, hanno aumentato il numero di disoccupati, senza contare che molte delle persone che hanno perso il lavoro e che si ritrovano in una fascia medio alta, d’età, non hanno alcun incentivo per l’inserimento lavorativo.

Quindi, se da una parte il respingimento delle persone che hanno bisogno, dipende dalla volontà di non voler condividere il proprio “orticello” con gli altri, dall’altra ce la paura della sottrazione del lavoro, sempre implementata dalla politica che è ben lontana da mostrare la realtà alla popolazione.

Lontani i tempi in cui ci si aiutava volentieri, almeno nelle necessità. Oggi anche quelle son diventate assurde, è necessario per un bambino avere un cellulare o il videogioco piuttosto che il cibo o abiti firmati piuttosto che abiti puliti e casomai i genitori non riescono a pagare il fitto, l’assicurazione della macchina, i libri per la scuola.

Io comincerei con il riordinare un po’ le priorità, riprendendo quelle antiche pratiche, durate per millenni, della gioia della condivisione, dello stare insieme anche con persone che vivono acanto a noi, o che conosciamo per la prima volta. Non è privilegio dei soli “comunisti” come commentano i più vecchietti, o appannaggio solo dei “cattolici” più sensibili, come direbbero le vecchiette, quanto la reale visione di un’umanità che dovrebbe tornare ad essere tale, in un momento in cui è ben consapevole della sua funzione della sua importanza.

Gli articoli pubblicati sul Blog sono scritti dai Soci dell’Associazione in maniera volontaria e non retribuita. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright CulturSocialArt

Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

Leggi anche