Niente di questo mondo ci risulta indifferente
“un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale”
Il 25 maggio 2013 veniva pubblicata l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato Si”. Un testo che avrebbe cambiato il corso della storia dell’ambientalismo mondiale, spostando l’attenzione dalla centralità dell’uomo a quella dell’ambiente. I giovani attivisti di Friday For Future o la stessa Greta Thunberg forse non avrebbero avuto quell’ascolto se le profetiche pagine di quel libro non avessero scavato come la “vecchia talpa”. E sicuramente neppure la svolta verde europea, il New Green Deal, si sarebbe affermata se quel testo non avesse avuto il successo planetario che ha avuto, forse più presso i laici che presso l’apparato ecclesiastico.
Coincidenza poi vuole che l’anniversario del 25 maggio cada esattamente due mesi dopo che il mondo sia stato sconvolto da una pandemia che ci ha travolto in maniera feroce.
Al paragrafo 49 troviamo scritto “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”.
Quindi cura dell’ambiente e giustizia sociale riflettono il grido della terra e il grido dei poveri e la pandemia, che ha colpito il mondo, ce lo dimostra. È vero che stiamo tutti sulla stessa barca, ma le conseguenze sono ben diverse per chi sta sul ponte e chi sta nella stiva. L’uomo in questo periodo si è affidato ai tecnici e alla scienza per fare fronte ai sintomi della crisi.
Ma se non avvieremo un vera conversione ecologica, che riconosca nei poveri, negli ultimi, negli scartati, nei precarizzati i segmenti sociali più vulnerabili e partendo da questi uomini e donne si sviluppi una cultura dell’incontro e dell’ascolto che ci permetta di riconoscere la dignità dell’altro, attraverso la dignità della vita e del lavoro, tutto sarà stato vano.
Sono trascorsi sei anni da quel 25 maggio 2013 quando Papa Francesco pronunciò il suo discorso rivolto alla “madre terra”, dove forse per la prima volta si parlava della Terra e dei suoi abitanti siano essi umani, animali o vegetali come di un tutto unico, un tutto interconnesso. Richiamandoci alla memoria quell’effetto farfalla che in un semplice gesto, può produrre effetti catastrofici “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?” per spiegare come una azione per quanto piccola può portare a cambiamenti molto grandi. E purtroppo l’effetto farfalla l’abbiamo sperimentato in questa crisi mondiale sanitaria dove un virus invisibile nato, forse, in Cina ha prodotto una pandemia a livello mondiale causando centinaia di migliaia di morti e una crisi economica che per l’Italia il Governatore Visco prevede un crollo del PIL del 13%.
Ecco che allora un battito d’ali di una farfalla, atto gentile e apparentemente innocuo, può avere una conseguenza devastante. Così come un nostro gesto quotidiano, come può essere gettare a terra una mascherina, che rappresenta la causa, può causare la distruzione del pianeta, che ne rappresenta l’effetto, cosa che vediamo con la plastica nei nostri mari e la conseguenza sulla catena alimentare.
Attraverso i secoli abbiamo affermato il potere dell’antropocene, accelerando il dominio sulla natura con l’affermazione di un industrialismo spesso senza regole. La medicina del lavoro è stata una conquista di fine anni sessanta, inizio settanta per la caparbia testardaggine di un medico Giulio Maccacaro che finalmente realizzava quanto stabilito dalla Costituzione Italiana all’art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Dove si afferma un principio fondamentale quello della salute del singolo ma anche la tutela della collettività e non per niente la lotta di Maccacaro prende le mosse dagli stabilimenti chimici della Montedison di Castellanza, dove si afferma per la prima volta la battaglia politica e sindacale che rifiuta di scambiare il rischio per la salute con aumenti salariali.
Noi umani abbiamo rotto un equilibrio trasformandoci in dominatori e il virus ci ha colpito mortalmente fermando la nostra invasione.
Abbiamo imparato la lezione? Non credo. Lo stesso slogan “niente sarà come prima” resterà uno slogan se a guidare il cambiamento saranno le stesse forze che hanno guidato la “guerra di dominio”, nel nome della mano invisibile del mercato. I guasti delle politiche neoliberiste, che hanno promosso da un lato il libero mercato e dall’altro la libertà individuale, trasformando l’individuo da cittadino a consumatore, colpendo da un lato l’intervento pubblico dello Stato, accusato di clientelismo e corruzione, così agendo per un trasferimento di competenze ai privati, e dall’altro il potere sindacale, affermatosi nell’autunno caldo e successivamente con l’approvazione dello Statuto dei lavoratori, accusato con le sue rivendicazioni non solo salariali ma anche di una nuova organizzazione del lavoro, di frenare la produttività, fecero il resto e tutti si affidarono a “Tina”, che non è il nome di una donna, ma “There is not alternative” slogan di un duo Thatcher-Reagan, che dominarono la politica economica mondiale di fine secolo. E se oggi sentiamo riecheggiare nelle severe stanze della Banca d’Italia, in occasione delle Considerazioni Finali del governatore Visco, il nome di John Maynard Keynes, vuol dire che il capitalismo non se la deve passare troppo bene.
Dicevamo del silenzio sull’anniversario della Laudato Sì, ma grazie all’Associazione Laudato Sì è stato pubblicato un lavoro collettivo che raccoglie esperienze e analisi di uomini e donne che hanno dato vita a movimenti, associazioni, gruppi impegnati sui temi dell’ambiente, dei diritti, della giustizia, toccando temi quali le migrazioni, il femminismo ecc., che trovano una sintesi nel volume “Niente di questo mondo ci risulta indifferente” (Edito da Edizioni Interno4, a cura di D. Padoan, maggio 2020) che riprende l’incipit dell’Enciclica Laudato Sì (par. 3-6) che alla fine del par. 6 ci ricorda che “lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi”. Un invito a tutti credenti e non credenti a prendersi cura di “nostra madre Terra” e che vede proprio in quel termine “istanza” (che sarà un Dio per chi crede, e/o la giustizia e l’uguaglianza per chi non crede) l’alleanza fra tutti gli uomini e le donne perché “Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti», così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme” (Meditazione del 27 marzo 2020).
Se abbiamo imparato qualcosa dalla pandemia è, come ci dice Papa Francesco, che nessuno si salva da solo.
La cura della “madre Terra” la nostra casa comune richiede a tutti uomini e donne, credenti e non, di riprendere quel cammino di fratellanza, necessaria in ogni lotta sociale.
E in questa pandemia globale ce lo hanno dimostrato i medici, gli infermieri e tutti gli addetti a vario titolo nei servizi e nella logistica, che, nonostante il virus “bastardo” uccidesse, hanno continuato a lavorare coscienti del pericolo per la propria vita ma mossi da una spirito di comunione fraterna dimostrandoci che “niente di questo mondo ci risulta indifferente”.
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