Parte la decima edizione di Inventaria
Inventaria, il festival del teatro Off che si Re-inventaria
Parte dal 9 al 18 ottobre a Roma, la decima edizione di Inventaria la festa del teatro off, organizzato dalla compagnia DoveComeQuando e che, causa periodo di pandemia mondiale, è stata ribattezzata Re-inventaria. Il festival si conferma, anche quest’anno, come una manifestazione totalmente indipendente, autofinanziata e sostenibile. Per saperne di più abbiamo incontrato, il direttore artistico Pietro Dattola, che ringraziamo per aver risposto alle nostre domande.
Prima di tutto benvenuto su CulturSocialArt. Siamo in un periodo di lenta ripresa per ciò che riguarda il teatro e lo spettacolo live in generale, causa pandemia. Ormai sembra un mantra che si ripete ogni volta che parliamo di teatro. Come si reinventa una manifestazione in questo periodo?
In teoria è difficile reinventare una cosa come il teatro che esiste da molto più tempo di noi e sopravvivrà, vogliamo crederlo, allo stesso modo molto più tempo di noi.
Per reinventare una manifestazione teatrale indipendente in un periodo di epidemia, oltre a una certa dose di coraggio e ostinazione, ne serve probabilmente anche una di lucidità: bisogna capire cosa serve e cosa no, eliminare il superfluo, non promettere la luna, ma ripartire dal semplice e dal fattibile, ricostruire. Oltre ovviamente a pensare e utilizzare ogni precauzione necessaria.
Tre sono i termini che ci hanno colpito: indipendente, autofinanziata e sostenibile. È ancora possibile organizzare festival con queste caratteristiche?
È difficile, ma crediamo e vogliamo che sia ancora possibile. Indipendenza, autofinanziamento e sostenibilità permettono all’evento teatrale di mantenere una propria autonomia senza gravare o dipendere dalle spade di Damocle dei finanziamenti pubblici e degli avvicendamenti politici. Forse mai come in questi tempi è necessario ripartire da e contare su piccoli investimenti, forze economiche ristrette, autoprodotte, capaci di mettere in circolo il meglio dell’off a livello nazionale e di farlo circuitare tra sale teatrali consimili, in una rete sostenibile e diffusa. Certo il momento è molto difficile: le norme di contingentamento – discutibili magari non in assoluto, ma certamente per la sperequazione con realtà molto meno sicure di una sala teatrale, in cui le distanze sono non solo predeterminate, ma anche fisse per tutto l’evento – mettono a dura prova la sopravvivenza di molti degli spazi di cui spesso condividevamo la stagione o che noi stessi occupavamo con Inventaria. Sarebbe bello se la comunità, il pubblico, anche il più disabituato, appoggiasse incondizionatamente la ripresa di questa attività.
Ci sono tanti eventi live, ma il numero di partecipanti è diminuito per venire incontro alle restrizioni anti Covid19. Come è avvenuta la scelta delle location che ospiteranno Inventaria?
La scelta delle location è stata più che altro necessitata: la situazione che ci troviamo a vivere ha scelto per noi: Carrozzerie not e Teatro Trastevere sono gli spazi più grandi tra quelli dei nostri partner romani storici e, per questo motivo, quelli che hanno tentato la riapertura.
Anche sugli spettacoli in scena avete fatto una scelta sul numero degli artisti che si sarebbero esibiti sul palco?
Certo è stato un pensiero; ma va detto che per natura il teatro off predilige produzioni agili. Discorso diverso vale per le Demo, ossia gli studi in progress di spettacoli futuri, che abbiamo dovuto rimandare al prossimo maggio. In genere una serata era composta da cinque/sei proposte e non sarebbe stato possibile assicurare il rispetto delle indicazioni sanitarie vigenti in primo luogo nei confronti degli stessi artisti, che avrebbero condiviso i camerini.
Come direttore artistico e artista, come vede il prossimo futuro del teatro?
Lo vedo dal vivo. Il teatro si fa dal vivo; ogni altra esperienza è gradevole, lodevole, anche significativa, e talvolta necessaria, ma è un’altra cosa. Il teatro è condivisione viva e vissuta, è hic et nunc, e in ciò sta la sua mortale immortalità. Il teatro è ancora fatto di respiri di esseri viventi a pochi passi di distanza da te. Forse in questo periodo sfortunato ci vorranno più passi di distanza, ma non per questo è un’esperienza da sacrificare. Degli studi dicono che respiro e battito del cuore degli spettatori si sincronizzino. La comunità si fa uno. La stessa cosa non si può dire per un video visto sul portatile.
Impedisce l’abbrutimento dei costumi ed è tutt’ora uno dei luoghi più sicuri in cui recarsi, poiché ogni spazio teatrale è obbligato a rispettare tutte le norme necessarie alla sicurezza interpersonale, ognuno il suo posto, ognuno a distanza, non ci si muove, si ascolta, si condivide e si cresce.
Quanto è importante offrire al pubblico spettacoli live che li facciano riflettere, rilassare, spettacoli del teatro off, insomma?
Gli spettacoli per il pubblico sono un carburante necessario, di ogni tipo, dall’intrattenimento alla riflessione profonda; credo che in questi tempi di distanziamento coatto quelli off, in cui l’attore non è su un palco a decine di metri ma vive vicino ai tuoi occhi è impagabile; in un periodo di socialità negata, vissuto in sicurezza l’off è un piccolo gioiello, un angolo di pace dei sensi, di ristoro della mente, un’oasi di bellezza, il vero baluardo della socialità. Inoltre, come ogni esperienza teatrale non di mero intrattenimento accresce la mente, il senso civile di cui oggi si parla tanto e si pratica poco, stimola il confronto con altra mentalità che non sia quella di un like, offre spunti intellettuali e fisici, amplia i punti di vista sulla vita, combatte l’odio, alimenta l’inclusione e grazie alla sua insita complessità depolarizza la società, è taumaturgico e terapeutico. Più sul pezzo di così.
Come la maggior parte degli artisti, è scaramantico? Qual è il suo gesto, oggetto, portafortuna?
Non sono scaramantico. Anzi se mi accorgo di stare instaurando una certa abitudine provo subito a combatterla. A maggior ragione se ha a che fare con la scaramanzia.
Dicevamo: dieci anni di Inventaria, cifra tonda, due teatri, una pandemia da sconfiggere, un gesto scaramantico. Circondato da tutto ciò, quale sarebbe il suo invito agli spettatori per invogliarli a partecipare al Festival?
Oltre al fatto che i teatri sono, per forza di cose, sicuri (più sicuri di pullman, metro, aerei, treni e luoghi di ritrovo a configurazione variabile come possono esserlo i bar o i ristoranti, per esempio) e oltre al fatto che il teatro possiede tutte le proprietà cui accennavo un paio di risposte fa, mi viene da dire che noi tutti siamo nati per vivere, non per sopravvivere. Allora, viviamo!
Grazie per essere stato con noi e in bocca la lupo per Inventaria la festa del teatro Off!
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