Quando l’amore ha bisogno di troppo amore
rivisitato col bisturi il testo
AMORE MIO AIUTAMI di Rodolfo Sonego, con Corrado Tedeschi, Debora Caprioglio, Loredana Giordano, Roberto D’Alessandro e Antonio Friello e con la regia di Renato Giordano. Al teatro Manzoni fino al 20 ottobre.
Quando l’amore ha bisogno di troppo amore diventa impossibile sostenerne il peso e la sincerità a volte, sa essere soltanto una sorta di liberazione, che ci alleggerisce, ci fa sentire eroici, ma impone all’altro una scelta troppo dolorosa.
Chi non ricorda la versione cinematografica con Monica Vitti e Alberto Sordi? Fece discutere, fece dividere, ma era solo un film…
Non sarei, oggi, così d’accordo, la storia appare quanto mai verosimile, e a teatro quanto mai essenziale e cruda.
Ho trovato molto definito, direi rivisitato col bisturi il testo, non avrei tolto neppure una virgola alla recitazione, senz’altro diretta abilmente dal regista Roberto Giordano, con attori maturi, vivi, veri, forse fin troppo, ma il teatro ha il suo margine di puntigliosa conferma nell’espressione del personaggio.
Lo spettatore deve andar via con il ricordo di una parola ripetuta -“costa” andate e capirete-, di un gesto esagerato, di un’espressione stupita… e se a questo si aggiunge una maestosa scenografia che nel primo atto appare smussata da drappeggi di un verde riposante e invasivo allo stesso tempo,- impossibile non notare quelle curve perfette, quasi modellate dalle luci-, e nel secondo atto si rivela in tutta la sua eleganza fatta di legno, trasparenze, pannelli scorrevoli velati o dipinti che alleggeriscono l’ambiente mentre l’atmosfera si rivela allo spettatore a poco a poco sempre più densa e pesante, seppure divertente.
Un contrasto meraviglioso.
All’apertura del sipario, è immediata la sensazione che nel dialogo quotidiano tra Raffaella e Giovanni ci sia un equilibrio precario, e soprattutto che lei abbia una tensione, qualcosa di trattenuto e non detto, infatti scopriamo che il braccio destro della protagonista, non funziona, ma non funziona in quanto funzionale alla sua nevrotica ansia da innamoramento.
Molto bravi i protagonisti, una credibilissima Debora Caprioglio nel complicato ruolo di Raffaella, molto presente con gli eccessi di un corpo che non risponde più ai condizionamenti e alla moralità, direi autonomo e poi padrone della sua presunta – la conosceremo solo alla fine – razionalità.
Condizionata tuttavia psicologicamente dal giudizio del marito, un superbo Corrado Tedeschi, Giovanni, che desidera coinvolgere e dal quale vuole quell’aiuto, che non potrà ricevere, se non in parte.
Gli attori e il pubblico, si ritrovano immediatamente a fare i conti con questa diversa, direi opposta condizione vitale che per tutto lo spettacolo, fino alle alle ultime battute si alternerà in una sorta di altalena dei sentimenti, e non solo… del dire e non dire, del tacere o mentire, che non lascerà indenne nessuno dei due. Non ci sono né vincitori né vinti, ci sono scelte delle quali possiamo immaginare le conseguenze, ma il giudizio non è contemplato, siamo tutti, più o meno, coinvolti.
Ad alleggerire la tensione emotiva e fisica tra i due, i loro amici: Michele, un fantastico Roberto D’Alessandro frizzante, divertente e saggio e Agata, una coinvolgente ed energica Loredana Giordano.
Ecco, questa energia scorreva come una cascatella tra i personaggi, e l’acqua si sa, prende la forma del contenitore, ma neppure una goccia è andata versata.
Anche l’elegante Valerio, Antonio Friello, l’ignaro professore che metterà in moto l’innamoramento di Raffaella, e poi… – ma questo lo scoprirete andando a vedere lo spettacolo-, è perfettamente calzante nel suo ruolo quasi distaccato e indifferente.
Il tutto si svolge in circa due ore, intervallo compreso, e il tempo passa con rapidità, senza che ce ne accorgiamo, usciamo dalla vita per entrare con garbo nella vita della scena e se non è un buon segno questo… ditemi voi.
Senz’altro l’apertura di stagione anticipata del Teatro Manzoni è stata un’idea “brillante”.
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